Nigeria, un coro unanime invoca il rilascio delle studentesse

Il Vescovo di Sokoto afferma: “Siamo riuniti nelle fede e nella fiducia, sapendo che Colui che vede tutto quello che è fatto nel segreto, premierà la nostra lunga attesa”

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La Nigeria è attraversata da un moto di solidarietà verso le studentesse rapite da Boko Haram. Come rivela mons. Mathew Hassan Kukah, Vescovo di Sokoto, “nessuno singolo evento ha così unito il nostro Paese e ha suscitato attenzione e partecipazione come ha fatto questo tragico incidente”.

Una rinnovata unità che non si crogiola, ma si rafforza nella speranza di veder rilasciate le tante giovani finite nelle mani del gruppo fondamentalista. “Non siamo riuniti nell’amarezza, nel dolore o nell’autocommiserazione. Siamo riuniti nelle fede e nella fiducia, sapendo che Colui che vede tutto quello che è fatto nel segreto, premierà la nostra lunga attesa”, ha detto il vescovo. Il quale ha aggiunto: “Riunirsi nella tristezza o nella paura significa cadere vittima ed arruolarsi nell’esercito del diavolo. Siamo superiori a questo e la nostra fede ci chiama ad una nobiltà più alta”.

Mons. Kukah ha poi rivolto, dopo aver ringraziato i Paesi che stanno offrendo aiuto, tre ficcanti domande alle autorità nigeriane: “Coloro che ci governano sono consapevoli che abbiamo un Paese da costruire? I nostri politici comprendono che abbiamo un futuro da realizzare? Comprenderanno che il governo è una questione così seria che non dovrebbe mai essere lasciata nelle mani dei politici?”.

Intanto il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ha posto Boko Haram nella “lista nera” delle organizzazioni terroristiche, stabilendo così il blocco dei beni, embargo sulle armi e divieto di viaggi per i componenti.

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ZENIT Staff

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