Donne che con la bellezza e la bontà costruiscono ponti di Pace

“Women crossing border”: la nuova campagna tutta al femminile fondata dalla casa di moda Comme-il-faut e dalla scrittrice Manuela Dviri per la pace e la solidarietà fra Palestina ed Israele

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La guerra è solo una sconfitta per l’umanità, la guerra porta solo morte. In ogni violenza e in ogni guerra facciamo rinascere Caino” (Papa Francesco, 7 settembre 2013).

Quando il creato, fonte di vita e amore, s’impoverisce divenendo arido a causa dell’odio e dell’interesse politico ed economico, la vita delle popolazioni s’inasprisce in uno sfondo cupo e grigio. Nel sottofondo c’è il rumore delle armi usate per gli attentati terroristici e degli animi di conquista verso il potere, senza considerare le possibili violente conseguenze.

Palestina ed Israele: due terre segnate da anni da profonda avversione e livore, tanto da portare ad una netta divisione rappresentata da un muro lungo circa 700 km situato lungo il confine della Cisgiordania, conosciuto come “muro della vergogna”, simbolo di paura e diffidenza.

Percepire, vedere, vivere il dolore di queste popolazioni, non può far rimanere indifferente la coscienza e l’animo delle persone. Così com’è accaduto a Sybil Goldfinger, proprietaria del brand israeliano Comme-il-faut, che in collaborazione con Manuela Dviri, scrittrice nata a Padova, nazionalizzata in Israele e sostenitrice campagna delle “quattro madri” per la vita e contro alla guerra, ha lanciato l’iniziativa “Women crossing border”.

La collaborazione tra le due donne è nata dal desiderio d’infrangere le barriere di una società chiusa e fatta di pregiudizi divenuti oramai invalicabili. Una cooperazione nutrita dalla volontà di rifugiarsi in un “bello” che si fa “buono” il cui scopo è la realizzazione di una bellezza che si potesse diffondere non solo nel mondo della moda ma anche in quello sociale. Il fine è anche quello di unire in gruppo donne palestinesi ed israeliane per “dare un segnale di dignità, buon senso, un piccolo simbolo di voglia di fare e di vivere in tempi segnati dalla disperazione e dal fatalismo” così, come dichiarò Manuela Dviri alla rivista Vanity Fair.

La moda, simbolo di una delle più importanti potenze economiche dell’ occidente, diviene quindi mercato equo solidale, sfidando le controversie sociali, politiche e militari del Medio Oriente. La collezione del brand Comme-il-faut si potrebbe identificare come campionario nato dalla voglia e dalla speranza di credere in un futuro di serenità e finalizzato a richiamare l’ attenzione sul fatto che “la pace si afferma solo con la pace”, come sottolineò il Papa durante la Veglia di preghiera per la Siria nel settembre 2013.

Una pace che per Dviri e Sybil, si era riuscita inizialmente a realizzare in una piccola stanza d’hotel, la quale, sorprendentemente, si era trasformata in un “segreto” Atelier tutto al femminile la cui nuova linea d’abbigliamento venne chiamata “Shalom Banot” (“un saluto alle donne”). Nome che, se anagrammato, si trasforma in “Pace di donne”.

La collezione è significativa e innovativa, caratterizzata da camicie dal taglio israeliano dal sapore occidentale, impreziosite da ricami colorati tipici palestinesi e fatti rigorosamente a mano, proprio per sottolineare che dalla pacifica convivenza fra diverse popolazioni possono nascere delle cose belle.

Il gesto di sensibilizzazione verso la popolazione israeliana e palestinese di Dviri e Comme-il-faut, tuttavia, non si è fermato solo alla realizzazione di una collezione nata dall’unione di due differenti culture, ma continua fino a raggiungere la cosiddetta “barriera di sicurezza”, scelta come luogo per la sfilata della nuova collezione. All’evento hanno partecipato modelle provenienti da diverse nazioni proprio per simboleggiare e rafforzare quel senso di fraternità che, nei territori segnati dalle guerre, viene a mancare.

Il gesto di Sybil e Manuela, nonostante sia stato fortemente criticato come mera azione volta a fare solo spettacolo, era in realtà finalizzato a lanciare un messaggio d’incoraggiamento alle donne palestinesi ed israeliane, a lavorare insieme a favore della pace e per dare loro la speranza di unirsi per “fermare questo omicidio che da troppo lungo tempo va avanti”.

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Maria Anastasia Leorato

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