Pompei e i ricordi di un missionario

55 anni di sacerdozio iniziati nel celebre santuario mariano

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Il 21 giugno 1959, alle ore dieci, salivo trepidante i gradini dell’altare del Santuario della Beata Vergine del Santo Rosario a Pompei per la celebrazione della mia prima santa Messa. Fissai per un attimo, salendo i gradini, l’immagine della Madonna, in alto, e mi sembrò che Lei, la Madre, sorridesse contenta. Fu un impulso immediato: Le promisi che, come missionario, l’avrei portata con me in tutto il mondo. Iniziando la celebrazione incrociai gli occhi lacrimanti di mia mamma Elvira che fissava anche lei il quadro della Madonna.

Ero stato ordinato sacerdote nel Pontificio Istituto Missioni Estere (PIME) il giorno precedente nel Santuario della Santissima Trinità a Gaeta. Allora nel PIME si usava dare le destinazioni per le missioni alla vigilia del giorno della consacrazione sacerdotale come naturale conseguenza dell’inizio del ministero sacerdotale missionario.

Quell’anno gli ordinandi della Regione meridionale del PIME eravamo sei: quattro campani, un sardo, un pugliese. Due vennero destinati in Cina, a Hong Kong; due negli Stati Uniti per dare incremento di animazione missionaria all’Istituto che da poco era sorto negli USA; uno venne destinato in Brasile.

Non so perché, nonostante l’ordine alfabetico mi segnasse per primo, venni chiamato per ultimo. Avevo sempre sognato la missione in Giappone, difficile per lingua, cultura, religione, stile di vita; mi avevano anche fatto intuire che sarebbe stato il Giappone la terra dei miei sogni missionari realizzati. Il superiore lesse il mio nome poi la destinazione: Italia, con un triplice compito: ad Aversa come vicerettore del Seminario Filosofico del PIME, poi al Seminario Missionario di Ducenta (Caserta) come insegnante di letteratura italiana e latina, quindi, nei fine settimana, al PIME di Napoli come redattore della rivista Venga Il Tuo Regno, l’ultima fondata dal beato Padre Paolo Manna.

Nel mio cuore scoppiò la crisi: mi sentivo tradito nel mio ideale. Andai subito dal mio padre spirituale e gli confessai la delusione. Mi rispose se avevo pensato di diventar prete per fare la missione che piaceva a me o quella che mi avrebbe indicato Gesù tramite i superiori. Mi tornò la pace nel cuore: avrei ubbidito e l’ubbidienza sarebbe stato l’inizio della mia missione.

Così oggi, dopo cinquantaquattro anni di sacerdozio, non ho avuto un paese “di missione” (come si diceva allora…) dove svolgere il mio ministero e la mia missione è ancora quella di camminare per il mondo portando, con il vangelo, copia del quadro della Beata Vergine del Santo Rosario di Pompei. Prima a nome della Direzione nazionale delle Pontificie Opere Missionarie, per per vedere, annotare necessità e priorità di interventi, per studiare popoli e culture, testimoniare direttamente il Vangelo e poi, di ritorno in Italia,  organizzare momenti di sensibilizzazione, far conoscere le realtà dei popoli visitati: tutto questo attraverso incontri con gruppi, soprattutto giovanili e di seminaristi, articoli sulla stampa, docenza di missiologia, e poi di Bioetica, Religioni e Missioni in diverse Facoltà Teologiche in Italia e all’estero.

Ho fondato nel 1972 il Movimento Giovanile Missionario, che ho affidato alla direzione nazionale delle Pontificie Opere Missionarie, ma prima ancora l’ho affidato alla Madonna di Pompei andandola a pregare la vigilia stessa della proclamazione ufficiale della fondazione. Nel 1995 ho fondato la Comunità Missionaria Giovanni Paolo II per realizzare la missione soprattutto come contemplazione e preghiera, secondo le  indicazioni di Giovanni Paolo II nell’enciclica Redemptoris Missio; nella Svizzera di lingua italiana, nel 1980, assieme alle Suore della Carità di Santa Croce di Ingenbohl, avevo fondato il Gruppo Missionario Francesco per ritornare allo stile di Francesco di fare missione: cioè annunciare il Vangelo con la vita, fino al martirio per esso.

Mentre celebravo ai piedi della Madonna di Pompei la mia prima Messa, avevo ricevuto io la grazia di affidarmi totalmente a Maria, alla Vergine del santo Rosario. E mentre le inviavo un ultimo sguardo pieno di gioiosa gratitudine mi impegnai, d’istinto: “Tu non hai permesso che fossi destinato a una missione in una nazione precisa, ebbene ti prometto che, dovunque andrò nel mondo, porterò il tuo quadro e farò pregare il Rosario”. Lei mi ha concesso di farlo.

Ora sono qui per rendere atto, anche documentando, di questa grande grazia missionaria che mi ha fatto la Madonna di Pompei. Ho portato copia del suo quadro al beato Giovanni Paolo perché lo benedicesse prima che lo portassi in Africa, nella Guinea Conakry. Poi l’ho portato in Asia, in Cina, a Hong Kong, consegnandolo al cardinale Zen, eroico arcivescovo di quella Chiesa, già prigioniero per la fede a Shangai. Ancora in Cina l’ho portato di nascosto a Shangai a un sacerdote cattolico appena uscito dal carcere. Sempre in Asia, e questa volta solennemente, in Indonesia, dove l’ho consegnato ai giovani cattolici dell’isola di Bali, quindi nella capitale Giakarta  al Nunzio apostolico mons. Filippazzi Antonio Guido e ai seminaristi nel Seminario Teologico San Pietro di Maumere, sull’ isola di Flores. L’ho consegnato anche a suor Olga Donatiello, missionaria delle Domenicane della Madonna dell’Arco, da più di vent’anni in missione ad Aplao, nelle foreste a sud del Perù in America Latina. L’ho anche portato in Oceania, sull’isola di Wataluma, in Papua Nuova Guinea. L’ultimo viaggio della Madonna di Pompei con me, il 7 dicembre 2013, è stato in Europa, precisamente in Romania, dove ho consegnato copia del quadro alla Chiesa ortodossa di Oradea.

Quando il 21 giugno 2009 ho celebrato ai piedi della Madonna di Pompei il 50° del mio sacerdozio e presiedeva il cardinale africano Robert Sarah, guardando negli occhi la Beata Vergine del Rosario ho rapito nel suo sguardo una luce di contentezza perché io avevo mantenuto l’impegno preso alla mia prima Messa. E, se Lei vuole, continuerò a camminare per il mondo, nonostante gli esiti di ischemia midollare, per portare il suo quadro e invitare tutti alla dolce preghiera del Rosario.

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Giuseppe Buono

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