A seguito dell’improvvisa cancellazione del convegno Secolarizzazione. La famiglia e il politeismo dei valori, previsto per ieri pomeriggio alla Luiss “Guido Carli”, Costanza Miriano ha precisato i termini dell’accaduto.
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Avviso. Questo è un noiosissimo post di puntualizzazione. Astenersi affetti da narcolessia.
A febbraio sono stata invitata da Matteo Maggisano, un ragazzo che scrive per il giornale della Luiss, a parlare nell’aula magna dell’Università sul tema della famiglia, con Monsignor Paglia, presidente del Pontificio Consiglio della famiglia. Pur avendo duemiladuecento, e non è un numero iperbolico, mail arretrate, i due nomi tanto prestigiosi – Luiss e Pontificio Consiglio – mi hanno risvegliata dal letargo postale, e ho avuto la prontezza di leggere e ovviamente accettare di buon grado l’invito.
Domenica, l’altro ieri, a tre mesi dall’invito, comincio a ricevere da varie fonti notizie di qualche malumore sollevato dalla mia presenza, soprattutto – pare, mi riferiscono – dai simpatizzanti delle organizzazioni LGBT. Arruolo subito i più imponenti dei miei amici, Mario Adinolfi e padre Maurizio Botta, per l’eventuale “servizio d’ordine”. Lunedì, già pronta col paradenti e la tuta di seta – sul ring sì ma con stile – ricevo l’invito da parte degli organizzatori a sedere al tavolo con alcuni esponenti di organizzazioni per i diritti degli omosessuali. Più che un invito in realtà si rivela un diktat, perché al mio diniego l’incontro viene cancellato (non posticipato) anche se mi dico disponibile, ovviamente, a rispondere alle domande di chiunque a fine incontro. Chiedo di motivare per iscritto la decisione, e ricevo una mail che parla di non meglio specificati problemi organizzativi, e di rispetto delle varie correnti studentesche.
I problemi organizzativi non devono essere gravissimi, perché l’incontro con mons. Paglia rimane in piedi (poi anche il vescovo preferisce declinare l’invito, fra l’altro ha da poco subito il lutto della perdita della madre). Quanto al rispetto delle varie correnti chiedo delucidazioni. In che modo “famiglia nel politeismo dei valori” può offendere qualche studente, chiedo? Come fanno a sapere quello che dirò? Chi permette loro di esercitare una censura preventiva nei miei confronti? Mi hanno lasciata parlare ovunque, nei teatri e nelle piazze, nelle aulae magnae e alla BBC, e mai nessuno si è potuto sentire insultato. E nei miei libri c’è qualcosa di offensivo per qualcuno? La Fiscalia spagnola ha indagato per quattro mesi e ha concluso che no, non c’è niente di offensivo, e io tra parentesi mi ammazzo dalle risate al pensiero che un giudice per lavoro si è dovuto leggere di mia figlia Lavinia che tutte le mattine si infila “la canottiela, le calze, il senso di umolismo”.
Riesco a sapere da fonti che non rivelerò neanche sotto tortura (sono una giornalista e ho il diritto di proteggerle) che il problema sarebbero le mie posizioni “omofobe”. A parte che io rifiuto questa parola perché come ho dimostrato in questa vicenda non ho paura di nessuno, tanto meno degli omosessuali, ma solo del mio peccato. A parte che evidentemente chi ha paura è piuttosto chi vorrebbe impedire la libertà di espressione. A parte che io non so niente di omosessualità, ma so qualcosa di famiglia, ed è di quello che vorrei parlare. A parte tutto, quando e dove avrei usato parola offensive nei confronti degli omosessuali. Viene tirata in ballo la solita intervista della Zanzara, in cui io ho detto che il progetto naturale sull’uomo prevede che un uomo e una donna facciano i figli, e che i bambini hanno bisogno di un padre e di una madre. È ovvio che questo sarò disposta a ripeterlo sempre, in ogni sede e luogo e contesto e lo rivendico. Ma come può essere offensivo per qualcuno?
Trovo violento e arrogante da parte di alcuni omosessuali che le loro rispettabilissime problematiche siano messe all’ordine del giorno ogni volta che si parla di famiglia, in modo da occupare tutto il tavolo di discussione. Io conosco un sacco di famiglie in carne ed ossa, so i loro problemi, e voglio parlare di educazione, sostegno alla maternità, politiche di conciliazione per le madri che lavorano e non vogliono appaltare i loro figli a terzi, voglio parlare di dinamiche maschili e femminili, del difficilissimo cammino per imparare ad amarsi tutta la vita, del linguaggio maschile e femminile, e soprattutto, alla fine di Dio, che è l’unico che garantisce il nostro amore e che può dire “per sempre”. Chi invita me sa che dirò queste cose. Lo sa da febbraio. Sa che non voglio assolutamente parlare di omosessualità, non ne so niente, non sono un’esperta, so quello che dice la Chiesa e mi basta, e l’unica opinione che ho in merito è che i bambini hanno bisogno di confrontarsi col padre e con la madre, anche per odiarli all’occorrenza. Ma per me ci sono prima i diritti dei bambini, – mentre i bambini non sono un diritto degli adulti, anche se nessuno come una mamma può capire il lancinante desiderio di figli che si può avere – perché i piccoli non possono scegliere, e in tutte le civiltà si difende sempre il più debole prima di tutto.
Uno può sempre non andarci, a un incontro. C’è il bowling, il ricamo a punto croce, il nuoto sincronizzato, tante meravigliose attività con cui impiegare i pomeriggi.
Detto questo, devo rendere onore e merito al direttore generale della Luiss Giovanni Lo Storto, che saputo della vicenda, che nel frattempo dilagava sui social network e su qualche giornale e rischiava di approdare anche più in alto, mi ha chiamata a casa assicurandomi che l’incontro si farà nei modi precedentemente stabiliti e nel giro di pochi giorni, nel rispetto della libertà di espressione che è uno dei valori fondanti della sua prestigiosa università. Si è trattato di una cosa voluta e organizzata dagli studenti ai quali la direzione generale aveva dato libertà e fiducia. Ma a un certo punto si è reso necessario un intervento autorevole. L’ho detto io che ci vuole un padre, sempre.
p.s. Appena sapremo quando, vi aggiorneremo.
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Fonte: http://costanzamiriano.com/2014/05/07/un-po-di-chiarezza/#more-10919