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Carcere per chi sfrutta l'utero in affitto: presentato l'emendamento

Firmatario il senatore Pd Dalla Zuanna, che ritiene ora “molto complicata” l’approvazione del ddl Cirinnà, ma che non parteciperà al Family Day

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C’era tempo fino alle 13 di ieri per presentare gli emendamenti al ddl sulle unioni civili. E nonostante poche ore prima la firmataria del testo, la senatrice Pd Monica Cirinnà, ostentasse un certo ottimismo affermando che fino a quel momento erano stati fatti solo annunci da parte dei detrattori del ddl, alla fine si è ritrovata sommersa da circa 6mila emendamenti.
Una valanga di richieste di modifiche, che rischia così di stravolgere il testo e di rallentare alquanto la discussione in Aula del Senato, dove il ddl approderà il 28 gennaio. Soltanto la Lega Nord ha presentato 5mila emendamenti, altri 165 provengono dai centristi e 300 da Forza Italia. Il Pd ne ha presentati 60.
Tra questi, spicca quello di Gianpiero Dalla Zuanna, che prevede punizioni finanche con il carcere nei confronti di chi pratica o organizza l’utero in affitto. “Sì, il mio emendamento è stato presentato – conferma il senatore in un’intervista a ZENIT – con alcune modifiche che lo rendono migliore dal punto di vista giuridico”.
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Senatore, in cosa consistono queste modifiche?
La modifica più importante consiste nell’aver fatto riferimento a ciò che prevede la legge 40 circa le sanzioni. Ora la pena va dai tre mesi ai due anni di carcere, sia nei confronti degli utilizzatori dell’utero in affitto sia nei confronti degli organizzatori o di chi lo pubblicizza. È stata dunque ridotta la pena nei confronti di questi ultimi, che nel testo originario andava dai sei anni ai dodici anni e aveva destano molto scalpore.
Presentando quest’emendamento non si è preoccupato della “unità del gruppo”, a cui l’hanno richiamata i suoi colleghi di partito pubblicando una nota…
L’unità va vista da tutti i punti di vista, nel senso che lo stesso tipo di richiamo lo avremmo potuto fare anche nei confronti di coloro che sostengono che non vada cambiato nulla del ddl. Il nostro segretario Matteo Renzi ha parlato di libertà di coscienza, la quale non vale solo al momento del voto, ma riguarda anche la discussione preliminare finalizzata a migliorare il testo. Del resto anche durante la riunione, il nostro capogruppo al Senato (Luigi Zanda, ndr) non ci ha invitati ad evitare emendamenti, bensì ci ha chiesto di essere “molto parchi” nel presentarli per giungere poi a una posizione comune. Noi sostenitori dell’emendamento ci vogliamo attenere a questo, non è certo nostro obiettivo spaccare la maggioranza.
Le sanzioni possono rappresentare un deterrente valido contro l’utero in affitto?
Senza dubbio hanno una funzione deterrente. Ricordo l’invito del Parlamento europeo, il quale all’interno del Rapporto annuale sui diritti umani e la democrazia nel mondo, ha chiesto ai Paesi dell’Unione di bandire la maternità surrogata in quanto implica lo sfruttamento delle donne. L’emendamento nasce proprio da questa consapevolezza, che sembra ormai aver fatto breccia in larga parte dell’opinione pubblica italiana.
Su Facebook un membro di una coppia omosessuale, che ha ottenuto bambini tramite utero in affitto, ha scritto che Lei è stato a cena da loro non molto tempo fa. Quell’incontro non le ha fatto cambiare idea su questa pratica?
No. Mi spiego. La coppia in questione, almeno da quello che ho visto io quella sera, sta tirando su i tre bambini riempiendoli di affetto e di amore, così come fanno tutti i genitori nei confronti dei figli piccoli. Ragionando però da legislatore, non posso dimenticare la procedura che ha portato questi bambini a venire al mondo. Quella coppia non la vede così, ma io penso di poter dire che l’utero in affitto comporta sempre lo sfruttamento del corpo femminile. È vero che loro si sono rivolti in Canada, dove c’è una legge che mette dei paletti a questo sfruttamento, però esistono anche Paesi in cui l’utero in affitto costa molto meno e non garantisce alcun rispetto nei confronti delle donne. Nella stesura dell’emendamento non abbiamo potuto distinguere tra le varie fattispecie scrivendo in quali Paesi si possa fare e in quali non.
Alla luce degli oltre 6mila emendamenti presentati, crede che il ddl Cirinnà verrà approvato?
È molto complicato che venga approvato. Come prima condizione, bisognerebbe trovare un punto d’accordo all’interno del Pd. E poi bisognerebbe trovare un compromesso anche tra tutta la maggioranza di governo. Il punto è che per discutere 6mila emendamenti possono non bastare nemmeno tre mesi.
Il 30 gennaio ci sarà al Circo Massimo di Roma una manifestazione in favore della famiglia e contro il ddl Cirinnà. Voi cattolici del Pd la appoggiate?
Personalmente rispetto quanti parteciperanno, ma io preferisco non aderire perché non sono d’accordo con iniziative che rischiano di creare divisioni. Se qualcuno del Pd aderirà, lo farà a titolo personale, comunque tra i colleghi in Senato credo che nessuno andrà in piazza.

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Federico Cenci

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