Alla vigilia della Marcia per la Vita giuristi, medici e ginecologi, psichiatri, sacerdoti e neo-mamme sono intervenuti in occasione del convegno nazionale Dai una chance ad ogni vita che si è svolto durante l’intera giornata di sabato 3 maggio presso l’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum.
Tra i numerosissimi invitati, il magistrato ed l’ex parlamentare Alfredo Mantovano e il Presidente dei Giuristi per la vita Gianfranco Amato, hanno risposto per Zenit alle seguenti domande sulle ultime vicende che riguardano i temi della vita e della famiglia nel nostro Paese.
Onorevole Mantovano, qual è il filo rosso che lega i disegni di legge sulle droghe, sul divorzio breve, sul riconoscimento del matrimonio per coppie omosessuali di cui si parla tanto attualmente? Quale tipo di lavoro “prepolitico” c’è a monte?
Alfredo Mantovano: Il filo rosso è quello dell’ideologia post-sessantottina che porta a scomporre l’identità della persona e delle sue immediate proiezioni a cominciare dalla famiglia; è un filo rosso al quale i suoi sostenitori hanno lavorato molto durante gli anni successivi al ’68 ottenendo come risultati la legge sul divorzio, quella sull’aborto, la prima legge sulla droga del 1975. A cavallo degli anni del duemila vi è stato un ripensamento in termini di effettività di conquiste civili: ciò ha provocato degli effetti positivi, poiché per esempio all’inizio del 2004 è stata approvata la legge 40, che non è la miglior legge possibile, ma è una legge che ha posto dei limiti alla manipolazione della vita; essa contiene delle affermazioni rivoluzionarie come quella che riconosce il concepito come avente dei diritti. Nel 2006 la nuova legge sulla droga ha ottenuto dei risultati significativi in termini di riduzione dei morti, del consumo di droghe e dei soggetti in carcere. Perché tutto questo si sta frantumando e sta crollando? Evidentemente perché non c’è stata molta decisione nella difesa della vita nel campo dell’informazione e della formazione.
Mentre in Spagna si vuole tornare alla legge sull’aborto del 1985, in Italia sembra che vi sia un movimento contrario frutto di rassegnazione…
Alfredo Mantovano: Non sono dell’idea che occorra toccare il fondo in Italia, perché in queste cose il fondo non esiste: il giorno stesso in cui la Corte Costituzionale ha confermato la possibilità di ricorrere alla fecondazione eterologa, l’Associazione Luca Coscioni diceva che la tappa successiva sarebbe stata la sperimentazione sugli embrioni. È grave ciò che sta succedendo e ciò che pende in Parlamento, come la questione delle unioni para-matrimoniali tra persone dello stesso sesso, della legalizzazione di fatto delle droghe… Non è il caso di aspettare oltre. Si tratta di riprendere un percorso che era stato fatto ed è possibile recuperare, che si è perso per strada per scarsa convinzione e scarsa consapevolezza. Occorre rendersi conto che si tratta di una battaglia non solo per sé ma anche per la nazione e per i propri figli.
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Avv. Amato, papa Francesco parlando recentemente di ‘bambini e studenti come cavie da laboratorio’ a cosa si riferiva in particolare?
Gianfranco Amato: Il Papa è stato molto chiaro: ha parlato di questa vergogna, del fatto che gli studenti e i ragazzi possano essere utilizzati come oggetto di sperimentazioni in luoghi che lui ha definito ‘campi di indottrinamento’, riferendosi proprio a quello che sta accadendo in Italia soprattutto in applicazione non solo delle direttive dell’Unar, ma di quelle del documento sullo Standard dell’Educazione Sessuale in Europa dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, che in molte scuole materne e elementari è già in applicazione: basta ricordare che, nella fascia di età dai 4 ai 6 anni, il documento prevede che i ragazzi vengano indottrinati sulla masturbazione infantile precoce, sulla capacità di identificare i genitali fin nei dettagli. Ma la vera sperimentazione aberrante e contro natura è che i bambini vengono introdotti alla cosiddetta identità di genere: scegliere se essere maschietto o femminuccia. Se consideriamo che in diverse scuole materne si fanno vestire i bambini da bambine, si fanno giocare i bambini con le bambole e le bambine con le pistole; circolano inoltre fiabe su storie di principesse che si sposano felici e contente con tanto di bacio saffico finale, capiamo che siamo nell’aberrazione. Il Papa invita i genitori a rivendicare il loro sacrosanto diritto di priorità nell’educazione dei loro figli rispetto allo stato, diritto riconosciuto al terzo comma dell’art. 26 della Dichiarazione Universale di diritti dell’Uomo del 1948: fu dopo la seconda guerra che si decise di inserire questo principio nella dichiarazione, dopo che l’esperienza aveva dimostrato come fosse stato devastante e distruttivo l’indottrinamento dei giovani attraverso il sistema statale pubblico d’istruzione del Terzo Reich.
Riguardo al caso del Giulio Cesare si dice “qual è il problema del proporre ai ragazzi che vedono e sentono qualsiasi cosa su Internet, un testo come quello della Mazzucco”… È ancora un problema parlare di omosessualità a scuola?
Gianfranco Amato: Il discorso che i ragazzi possono vedere in giro tutto quello che vogliono non può valere per la scuola: la scuola non può essere una fotocopia sbiadita di quello che i ragazzi vedono in giro; la scuola deve formare, educare, non può ridurre il cielo in una stanza, ‘la vita a una latrina’. Se ciò che si può vedere su internet deve essere insegnato a scuola si arriva al paradosso. Affrontare i temi come l’omosessualità così come è stato fatto, senza prendere un’opera che rappresenta un capolavoro della letteratura ma prendendo un libro del 2013, e avvicinare i giovani al problema delicato dei rapporti fisici tra ragazzi dello stesso sesso attraverso il racconto dettagliato di un rapporto orale non è il modo migliore, soprattutto perché si entra nel campo della sfera sessuale: lo stato non si può sostituire ai genitori fornendo materiale pornografico ai ragazzi, non c’è pseudo-letteratura che tenga.
Al programma portato avanti dallo Standard dell’Educazione Sessuale Europeo corrisponde un programma altrettanto efficace per la promozione della famiglia?
Gianfranco Amato: L’esito positivo del clamore che questa vicenda ha provocato è quello di stabilire un codice di comportamento che prevede che i genitori debbano essere sempre coinvolti quando si fanno scelte pedagogiche di questo tipo. Oltre alla Dichiarazione universale dei Diritti dell’Uomo c’è anche un documento del Ministero che riconosce il diritto alla corresponsabilità educativa tra genitori e scuola. Questo è importante, ed è sintomatico che l’attuale ministro dell’Istruzione Giannini abbia parlato del caso Giulio Cesare dicendo che era tutto regolare ‘perché studenti e professori erano concordi tra loro’: ci si è dimenticati dei genitori dei ragazzi. È in atto un tentativo di estromettere i genitori, ma questo va combattuto e rivendicato dai genitori stessi.