Giovanni Paolo II, Benedetto XVI, Francesco: tre Papi, tre "grandi maestri di comunicazione". A dirlo è il direttore della Sala Stampa vaticana, padre Federico Lombardi, in un intervento ieri pomeriggio a Toledo, in Spagna, dove ha analizzato "il rapporto tra gli ultimi tre Papi e la comunicazione". Il portavoce della Santa Sede - come riferisce la Radio Vaticana - si trovava nella città spagnola per ricevere una speciale onorificenza per i servizi resi a “Radio santa Maria Toledo” e al “Canal Diocesano de Tv”, due emittenti nazionali che festeggiano rispettivamente il 20° e 25° anniversario della loro creazione.

Padre Lombardi ha passato in rassegna i diversi modi dei tre Pontefici di rapportarsi alla genta e ai mezzi di comunicazione, a partire dalla "potenza comunicativa dei gesti di Giovanni Paolo II, nel tempo del vigore come in quello dell’anzianità", passando per "la chiarezza di sintesi e pensiero di Benedetto XVI", e finendo con "lo straordinario carisma comunicativo di Francesco", il cui messaggio - ha affermato il gesuita - "arriva al cuore della gente e anche per questo viene seguito con attenzione dai media in un 'circolo virtuoso': una specie di 'alleanza' tra il loro servizio e l’annuncio del Papa".

Nonostante comunichi quasi esclusivamente in italiano e spagnolo, secondo padre Lombardi l'attuale Pontefice è “sorgente di un fiume inesauribile di immagini”, riuscendo a veicolare “messaggi importantissimi al mondo intero” spontaneamente, senza lo studio “a tavolino” di una nuova “strategia di comunicazione”. Il quest'ottica, Bergoglio, "il Papa chiamato dalla fine del mondo” si pone “sulla stessa linea” di Wojtyla, il Papa “chiamato da un paese lontano”. Per immediatezza dei gesti, coinvolgimento della gente, per il rapporto con i media. 

Il Papa polacco, ricorda padre Lombardi, fu il primo a definire coraggiosamente “benedetta” la televisione, e comprese subito "l’importanza della collaborazione dei media alla sua missione e attraverso immagini forti in luoghi significativi – come la preghiera al Muro del pianto a Gerusalemme, o il colloquio in carcere con il suo attentatore – comunicò in mondo ancor più efficace che con le parole dette o scritte".

"In forme e direzioni forse non sempre facili da proporre attraverso i media, ma non per questo meno importanti”, anche Ratzinger è stato “un grande maestro di comunicazione”, ha detto il direttore della Sala Stampa. Ha rievocato quindi "il pensiero limpido, ordinato, coerente, sintetico" del Papa emerito, un pensiero "senza incertezze e confusioni, anche quanto rispondeva a domande improvvisate". E' nelle omelie, però, che - ha detto il gesuita - Benedetto XVI ha toccato “vertici sublimi”, in quanto “forma più importante della comunicazione nella vita della comunità ecclesiale”.

"Momenti belli" hanno caratterizzato il rapporto tra Ratzinger e i media, ma anche momenti più “travagliati”, ha osservato padre Lombardi. Tra questi, si ricordano in particolare "l’umiltà e la passione evangelica" con cui il Pontefice tedesco rispose alle critiche seguite alla remissione della scomunica ai vescovi lefebvriani o "l’approccio pastorale e dinamico" nell’affrontare nel libro-intervista Luce del Mondo, la discussione sulla valutazione morale dell’uso del preservativo". (S.C.)