La Libera Università Popolare della terza Età e del Tempo Libero ha organizzato con il Patrocinio del Lions Club di Soverato una conferenza sul tema “La poesia dialettale ieri ed oggi”, tenuta dal prof. Ulderico Nisticò, docente emerito di latino e greco al Liceo Classico Salesiano di Soverato.
Punto di partenza è stata la rilevazione che «i dialetti da un punto di vista glottologico sono lingue neolatine; si distinguono tuttavia dalle lingue ufficiali e per fonetica e vocabolario, e per registro linguistico, essendo i dialetti in genere capaci di esprimere ambienti contadini e artigianali, in genere popolari non solo e non tanto per collocazione sociale quanto per scelta di contenuti e stile».
Fornendo informazioni quanto mai comprensibili Nisticò ha sottolineato che «esiste una poesia dialettale distinta da quella dotta». Di conseguenza «non è necessario ritenere che il poeta dialettale sia di estrazione sociale modesta e di scarsa istruzione formale: il più celebre di tutti, Domenico Piro detto Donnu Pantu, del XVII secolo, era un ecclesiastico, e come tale persona di una certa cultura; e si può dire il simile di Ammirà e altri più recenti. Persino mastro Bruno, che era un artigiano, mostra un buon retroterra di informazioni».
Ed ha avuto una notevole accoglienza la sua affermazione che «mentre il dialetto subisce l’esigenza di un ammodernamento, ci si trova di fronte alla scelta tra un’operazione filologica di contenuti arcaici, e l’accettazione di un dialetto contaminato con l’italiano e persino con l’inglese».
Notevole è stato il riferimento al contesto culturale specifico, ossia alla cultura soveratese che risulta «ricca di questi esempi, poiché il dialetto di Soverato è sostanzialmente quello della Valle del Beltrame, ma con fortissimi apporti di altre parlate, e soprattutto dell’italiano».
Ed è risultato molto concreto il richiamo ai versi di Vincenzo Chiefari, Giuseppe Nisticò Fera, Domenico Vitale, Tonino Fiorita, in cui dialetto e italiano si sposano benissimo in effetti di sentimento ed espressività.
E concludendo la sua relazione Nisticò ha elaborato la domanda secondo la quale «sopravvivranno i dialetti, quando non ci sarà più il mondo pretecnologico che li ha generati? I giovani provano a parlarlo, e dovranno essere loro a decidere se ricercare una nuova identità linguistica locale accanto all’italiano e a qualche altra lingua del mundialismo».