Giovedì 16 gennaio ricorre la Festa liturgica del beato padre Paolo Manna, primo superiore generale del Pontificio Istituto Missioni Estere (Pime), fondatore della Pontificia Unione Missionaria e di quattro riviste missionarie, nonché delle Missionarie dell’Immacolata, legate sempre al PIME.
Padre Paolo nacque ad Avellino il 16 gennaio 1872, perderà la mamma meno di due anni dopo. Il padre, napoletano, era un commerciante. Ebbe due zii preti, uno parroco a S. Stefano del Sole (Avellino) l’altro a Napoli. A 15 anni entrò nella Società Cattolica Istruttiva a Roma, un istituto religioso di origine tedesca con il carisma della rievangelizzazione del popolo cristiano e la stampa. Il quarto anno di permanenza a Roma gli capitò tra le mani una copia di Les Annales des missions catholiques di Lione, editi in Italia dal Seminario lombardo per le Missioni Estere. Rimase molto colpito, tanto da chiedere e ottenere di lasciare la Società e di entrare nel Seminario Missionario dove studiò teologia per quattro anni.Il 19 maggio 1894, venne ordinato sacerdote a Milano. Nel gennaio dell’anno seguente tradusse in italiano 15 numeri della rivista francese che lo aveva indirizzato alle missioni. E’ l’inizio della sua attività di giornalista e scrittore che terminerà quasi sul letto di morte. Il 27 novembre partì per la Birmania, ora Nyanmar. Vi resterà fino al 1907, con due rimpatri drammatici per la malattia e uno definitivo che gli fece dire di essere ormai, a trentacinque anni, un missionario fallito. La Birmania resterà sempre viva nel cuore di padre Manna: lì aveva iniziato lo studio della lingua inglese, poi del cariano, la lingua della gente delle foreste alle quali era mandato, e poi lo studio della cultura per essere capace di farsi capire e di far capire il Vangelo.
Nel febbraio del 1909 venne nominato direttore de Le Missioni Cattoliche, oggi Mondo e Missione. Dal ricordo della Birmania, nacque il libro Operarii autem pauci! Riflessioni sulla vocazione alle Missioni Estere (Milano 1910), un grido appassionato di aiuto per le anime, che fu letto anche dall’allora Pontefice san Pio X, che scrisse di suo pugno un elogio dell’autore.
Nel 1914, alla vigilia della prima guerra mondiale, lanciò Propaganda Missionaria, con lo slogan: ”Tutti propagandisti”. Il primo numero uscì in 100.000 copie; in un anno si contarono un milione di copie, un numero impressionante considerando tempi in cui le comunicazioni erano quasi agli inizi e ci si trovava nel mezzo di una terribile guerra che sconvolse la vita e la geografia dell’Europa.
Padre Manna pensò ai giovani: “Essi sono il futuro”, diceva. Allora, nel 1919, superate non poche né lievi difficoltà, pubblicò una rivista solo e tutta per loro: Italia Missionaria. I giovani presero a sognarsi missionari, tante le vocazioni che nacquero dalle infuocate pagine del giornale. Con l’aiuto prezioso di mons. Guido Maria Conforti, vescovo di Parma e fondatore dell’Istituto Missionario dei Saveriani, diede vita all’Unione Missionaria del Clero, un opera che Papa Benedetto XV indicò nell’enciclica missionaria Maximum Illud del 1919.
E Pio XI poi aggiunse: “Come vorrei che tutti i sacerdoti vi si iscrivessero”. In effetti, agli inizi degli anni ’40 erano ben 200.000 i sacerdoti iscritti all’Unione Missionaria del Clero. Il 13 dicembre 1921 il sogno di Padre Manna di un seminario missionario, si realizzò a Ducenta, un paesino nella diocesi di Aversa in provincia di Caserta. Il 25 agosto 1924, venne eletto superiore generale dell’Istituto. Due anni dopo Pio XI sancì l’unificazione del Seminario Lombardo per le Missioni Estere con il Seminario Romano dei Santi Pietro e Paolo per le Missioni Estere e nacque così il Pontificio istituto Missioni Estere (PIME). Padre Manna venne nominato dal Papa primo superiore generale.
Dal novembre del 1927 al 14 febbraio 1929, Manna compì un lungo, faticoso ma attento e fruttuosissimo viaggio nelle missioni dell’Asia e poi negli Stati Uniti. Raccontò 14 mesi di viaggio in 425 pagine del suo Diario. Gli appunti e le riflessioni furono pubblicate in un quaderno dal titolo le Osservazioni sul metodo moderno di evangelizzazione. Affidò il testo in forma privata a tre cardinali, tra i quali Van Rossum, Prefetto di Propaganda Fide. Queste osservazioni vedranno la luce ufficialmente nel 1977, ma erano circolate tra alcuni Padri conciliari e così delle proposte avevano trovato spazio nel decreto conciliare sull’attività missionaria, l’Ad Gentes.
Padre Manna era convinto che non bastava inviare missionari, ma fondare vere e proprie chiese locali, suscitando, favorendo e formando il clero indigeno. Se no “si renderanno forti le missioni ma debole la Chiesa”, affermava. Era certo che la separazione dei cristiani fosse il più grave scandalo per la missione della Chiesa. Scriverà per questo un volume nuovo e provocatorio per l’attività missionaria: I Fratelli Separati e Noi ( Roma-Milano, 1941), stranamente il meno letto e studiato dei suoi libri, ma tra i primi nel cammino della riunione tra le Chiese, scritto in un momento difficile di questo processo.
Il 25 ottobre 1934, padre Paolo terminò il suo mandato di superiore generale e tornò al seminario missionario meridionale di Ducenta come rettore dove trascorse gli ultimi dieci anni della sua vita. Fondò un altra rivista: Venga il tuo Regno, nel 1945, e scrisse il libro: Le nostre “Chiese” e la propagazione del Vangelo” (1952), indirizzato ai vescovi, correggendone le bozze quasi sul letto di morte. Mori a Napoli il 15 settembre 1952.
Padre Manna amò sempre teneramente e vigorosamente la Madonna. Ricordando i suoi cammini missionari nelle foreste birmane diceva ai missionari: “Specialmente nei lunghi viaggi, attraverso piani e monti, nella solenne quiete delle foreste, tenete il vostro spirito raccolto, sgranate il vostro Rosario, seminate preghiere: spunteranno sui vostri passi fiori di grazie”. I Papi hanno riconosciuto e riproposto lo spirito missionario di padre Paolo in vari modi. Pio XII scrisse che l’Unione Missionaria del clero era “la gemma più preziosa della sua vita sacerdotale”. Paolo VI, scrivendo nel 1966 l’Esortazione apostolica Graves et increscentes, ha ricordato Manna così: “…Quest’uomo di Dio, non senza ispirazione dall’alto, ebbe la magnanima idea di stimolare l’interessamento di tutti i sacerdoti a favore delle missioni, e per loro mezzo di infondere nel popolo cristiano un’autentica coscienza missionaria”.
Giovanni Paolo II, andando a pregare sulla sua tomba nella Comunità del PIME di Ducenta, il 13 novembre 1990, riflettè: “Qui si capisce veramente che la Chiesa è missione”. E nel proclamarlo beato in Piazza San Pietro, il 4 novembre 2001, sottolineò: “Nel beato padre Paolo Manna si vede riflessa la luce di Dio per il dono di tutta la sua all’annuncio del Vangelo”.
Infine, Papa Francesco, il 17 ottobre 2013, nel messaggio alle Pontificie Opere Missionarie alla vigilia della Giornata Missionaria Mondiale, richiamando il loro carisma specifico ha riproposto la vita e la santità del beato padre Paolo Manna. In questo contesto la festività liturgica del beato Padre Paolo Manna deve essere come una nuova primavera missionaria per tutta la Chiesa chiamata da Papa Francesco ad uscire con urgenza da sé per raggiungere le periferie esistenziali dell’uomo portandogli la Gioia del Vangelo!