Riportiamo di seguito il testo italiano dell’omelia tenuta questa mattina dal cardinale Fernando Filoni, Prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli, questa mattina nella Cattedrale di Lahore, in Pakistan. Il porporato presiederà domani l’ordinazione episcopale del vescovo di Faisalabad.

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Cari fratelli nell’Episcopato, nel Sacerdozio, e voi tutti fratelli e sorelle nella stessa fede in Cristo. È con piacere immenso che oggi posso incontrare tutti voi; direi che attraverso voi incontro tutta la Chiesa di questo nostro amato Paese. Vorrei dirvi che come un padre desidera vedere i suoi figli lontani, così, con lo stesso desiderio,  incontro voi. Voi sapete bene che la nostra Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli ha nei vostri confronti una attenzione particolare e con vero affetto vi segue, ne condivide le gioie e le sofferenze, e vi accompagna con la preghiera e l’incoraggiamento. Desidererei che questi miei sentimenti raggiungessero tutti i nostri fratelli e sorelle nella fede, e che mai abbiano la sensazione di essere lasciati soli. Voi siete la parte più nobile – anche a motivo delle circostanze e delle difficoltà – della Chiesa Universale, come altre comunità nel mondo che testimoniano con coraggio, ogni giorno, la propria fedeltà a Cristo e alla Chiesa.

Celebrare  con voi questa Santa Messa significa mettere al centro della nostra preghiera Cristo Redentore, che appunto è la sorgente della nostra fede. Ci sovvengano le belle parole di San Paolo ai Romani che nella prima lettura di oggi dice: «Fratelli, se Dio è per noi, chi sarà contro di noi? Egli, che non ha risparmiato il proprio Figlio, Gesù, e lo ha consegnato per tutti noi, non ci donerà ogni cosa insieme con lui?» (Rm 8, 32). La nostra fede, dunque, in Dio è Cristologica, perché è Cristo che ci porta al Padre e alla conoscenza di Lui. Tutta la Chiesa vive questa dimensione della fede e noi, essendone parte, la condividiamo in pienezza con essa.

In ogni circostanza e in ogni occasione, Cristo è il nostro punto di riferimento; mai dobbiamo dimenticarlo e su Cristo sempre dobbiamo tenere i nostri occhi e rivolgere il nostro cuore e la nostra mente. Così, infatti, ci insegna San Paolo quando dice: «Chi ci separerà mai dall’amore di Cristo?». Anche nelle difficoltà, e persino nelle persecuzioni, ci insegna l’Apostolo, tenendo fisso il nostro sguardo su Cristo noi «siamo più che vincitori». Con queste parole, dunque, desidero al tempo stesso rafforzare la vostra perseveranza e incoraggiarvi a proseguire sempre nel bene e nella pace, come insegna con il suo straordinario saluto San Francesco di «Pace e bene».

Essere pienamente Cristiano ed essere pienamente Pakistano non è una prospettiva contraddittoria. In questa Terra di molte nazionalità etniche, di molteplici espressioni culturali e linguistiche, dove l’Islam è religione predominante, il Cristiano è a casa e, nella diversità trova non opposizione ma ricchezza di vita; l’uniformità, infatti, impoverisce, mentre la diversità stimola. Questo concetto può aiutarci e aiutare a comprenderci e a comprendere, avendo in sé sempre quel fondamento di verità che ci viene da Cristo, che mai chiuse la propria porta, né il suo cuore, non solo al diverso, al differente, ma persino al nemico: «Padre perdona loro perché non sanno quello che fanno».

Il Padre Jules Monchanin, di origine francese, che passò vari anni in India, esprimeva, verso la metà degli anni ’50 del secolo scorso, ad alcuni amici in Europa: Pregate perché noi possiamo conservare questa carità, questa ‘pazienza escatologica’ verso ogni religione, cultura e razza diversa, perché come Cristiani siamo chiamati e invitati a completare ovunque il mistero dell’incarnazione di Cristo. Ed aggiungeva «perché la Sua (di Cristo) incarnazione sia totale». Il sogno era di essere sale e luce in ogni circostanza e luogo. Il sale non sostituisce l’alimento, ma lo rende saporito, né la luce cambia la realtà, bensì la illumina. Avere in sé questa chiara visione ci aiuta a comprendere la vostra vocazione, il perché voi siete qui, il vostro compito e la missione affidatavi dalla Divina Provvidenza. Come vescovi, religiosi, religiose, sacerdoti, seminaristi, catechisti, laici impegnati nella vita della Chiesa, voi dunque potete comprendere il senso della vostra vocazione, del vostro ufficio e della vostra missione e che riassumo in queste significative parole: pace, comprensione, fedeltà, dialogo, carità, perdono, misericordia, salvezza.

Vorrei concludere questi miei brevi pensieri, ma di profondo affetto e di vicinanza, così come di incoraggiamento e di apprezzamento, con le parole del Salmo 108 (109), che sono una preghiera di straordinaria bellezza all’Altissimo: «Tu, Signore Dio, trattami come si addice al tuo nomeAiutami, Signore mio Dio, salvami per il tuo amore. Sappiamo che qui c’è la tua mano». Sappiate che con voi ogni giorno c’è la mano del Signore che vi protegge e che Maria, Madre della Chiesa e Regina del Pakistan, non vi farà mancare la Sua materna protezione.