Papa Francesco e Aung San Suu Kyi: "grande sintonia" e impegno per la democrazia

Il Papa ha ricevuto stamane in udienza la leader birmana, icona dell’impegno non violento per la difesa dei diritti umani e la democrazia in Myanmar

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È stato un incontro “cordialissimo” quello di stamane in Vaticano tra Papa Francesco e Aung San Suu Kyi, la leader birmana premio Nobel per la pace nel 1991 per la sua difesa non violenta dei diritti umani e della democrazia nel Myanmar.

Padre Federico Lombardi, direttore della Sala Stampa vaticana, ha parlato di una “grande sintonia” tra il Pontefice e “questa figura così simbolica nel mondo asiatico”, soprattutto riguardo a temi da sempre a cuore del Santo Padre, come “la democrazia e la pace”, la “cultura dell’incontro” e il dialogo tra le religioni.

La visita a Roma della San Suu Kyi è una delle numerose tappe del tour che sta compiendo in Europa Nel 2015 – anno in cui si candiderà alle elezioni presidenziali – la leader dell’opposizione birmana ha confermato che sarà Milano, ospite del governo italiano, per l’Expo 2015 nell’ambito dell’impegno a favore della food security.

Dopo aver ricevuto ieri la cittadinanza onoraria di Roma, conferitagli 19 anni fa, la San Suu Kyi è stata ricevuta al Quirinale dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e ha incontrato il premier Enrico Letta, il quale le ha assicurato il massimo impegno per agevolare il processo di transizione democratica in Myanmar, in vista delle prossime elezioni.

Oggi, quindi, la leader asiatica ha potuto stringere la mano del Successore di Pietro, nella Biblioteca Papale. Papa Francesco – ha riferito padre Lombardi – ha espresso “tutto il suo apprezzamento per l’impegno della signora per lo sviluppo della democrazia nel Paese, assicurando da parte sua l’impegno della Chiesa per questa causa, senza che si faccia alcun tipo di discriminazione perché la Chiesa è al servizio di tutti con le sue attività caritative”. È nota infatti – ha osservato il portavoce vaticano – l’attenzione di Papa Francesco per l’Asia e il suo desiderio di visitare quel continente.

Da parte sua, Aung San Suu Kyi, durante la conferenza stampa con il ministro degli esteri Emma Bonino, ha riferito che: “Il Santo Padre mi ha detto che le emozioni come odio e paura sminuiscono la vita e il valore delle persone. Dobbiamo valorizzare l’amore e la comprensione per migliorare la vita dei popoli”.

“Commossa” per l’accoglienza riservatagli in Italia, la leader birmana ha affermato: “Mi auguro che rimaniate al nostro fianco”. Si è poi soffermata sulla questione della modifica della Costituzione del Myanmar, che – ha detto – deve essere assolutamente messa in atto se si vuole che il Paese diventi “veramente democratico”.

“Una Costituzione democratica non può essere basata tenendo a mente una sola persona”, ha sottolineato, riferendosi al fatto che la Carta costituzionale birmana le impedisce di diventare presidente perché madre di due figli stranieri. Tra l’altro, ha aggiunto Aung San Suu Kyi, un emendamento della Costituzione garantirebbe anche lo sviluppo economico: “Senza una modifica, l’esercito manterrà i suoi privilegi non solo in ambito politico ma anche nell’economia” ha affermato.

A 67 anni, la San Suu Kyi non smette ancora di dedicare la sua vita all’impegno pacifico pacifica per la difesa dei diritti umani e della democrazia.

Figlia di un generale birmano protagonista dell’indipendenza in Birmania, la donna ha vissuto per molto tempo all’estero, dove ha frequentato scuole indiane e inglesi, per poi trasferirsi a New York e lavorare alle Nazioni Unite. Lì ha incontrato il suo futuro marito dal quale ha avuto due figli.

Tornata nel 1988 in Birmania, Aung San Suu Kyi trova la situazione politica del suo paese completamente capovolta, con l’instaurazione di un regime militare da parte del generale Saw Maung. La donna sente di dover fare qualcosa, e, sulla scia degli insegnamenti non-violenti di Ghandi, fonda la Lega Nazionale per la Democrazia, il partito di cui ancora oggi è presidente.

A causa della sua “lotta” pacifica, è costretta negli anni a subire soprusi e restrizioni della sua libertà personale. Nel 1990, il suo partito vince le elezioni ma i militari annullano il voto. Viene anche condannata agli arresti domiciliari e minacciata di non allontanarsi dal Paese, altrimenti non avrebbe potuto farvi più ritorno. Le viene addirittura impedito di incontrare il marito malato di cancro, malattia che in due anni lo porterà alla morte, lasciandola vedova.

La San Suu Kyi ha rievocato questo triste episodio anche durante la conferenza stampa, ricordando che la sua famiglia non è stata l’unica a essere subordinata alle vicende del Paese. Rispondendo ad una domanda sulle violenze tra le comunità buddista e musulmana, ha quindi ribadito la sua condanna contro “ogni forma di violenza e odio ma non un popolo in particolare”. Tutto ciò, ha spiegato, avviene nel suo Paese “per paura”.

Icona dei diritti umani e della democrazia, Aung San Suu Kyi, nel ’91, ha ricevuto il Nobel per la Pace – riconoscimento che ha potuto ritirare solo nel 2012 – e nei giorni scorsi, dopo 23 anni, il Parlamento europeo le ha consegnato il Premio Sakharov. La città di Roma, infine, le ha concesso la cittadinanza italiana onoraria. “Abbiamo bisogno di pace molto più di qualunque altra cosa, e la pace nasce dal cuore” ha affermato la leader nella cerimonia al Campidoglio. E il Sindaco di Roma, Ignazio Marino, ha commentato via Twitter: “Oggi possiamo finalmente premiare una donna libera”.

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Salvatore Cernuzio

Crotone, Italia Laurea triennale in Scienze della comunicazione, informazione e marketing e Laurea specialistica in Editoria e Giornalismo presso l'Università LUMSA di Roma. Radio Vaticana. Roma Sette. "Ecclesia in Urbe". Ufficio Comunicazioni sociali del Vicariato di Roma. Secondo classificato nella categoria Giovani della II edizione del Premio Giuseppe De Carli per l'informazione religiosa

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