La famiglia cellula della vita

Solo al suo interno la coppia può possedere un valore assoluto

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«La famiglia è un secondo noi stessi, esistente prima di noi e sopravviventeci con quello che vi è di migliore in noi: è l’immagine della santa e amorosa unità degli esseri, rivelata dal piccolo gruppo di esseri collegati fra loro, resa visibile dal sentimento».

Il pensiero del Lamartine esalta il ruolo centrale della famiglia, come sanno le migliaia e migliaia di persone che da ieri stanno affluendo a Roma, in pellegrinaggio per raggiungere la tomba di Pietro nel quadro delle iniziative dell’Anno della fede.

Esse danno testimonianza di un principio irrefutabile che, purtroppo, da più parti viene messo in discussione: la famiglia è modello e cellula strutturale della società. Lo è perché è il legame radicale tra persone diverse che si uniscono nell’esistere e nel progettare, nella fratellanza e nel reciproco sostegno e rispetto. Lo è nel bene e nel male: la famiglia che si sgretola quando prevalgono egoismi e rivalità è lo specchio della crisi di una società che privilegia gli interessi privati, che non sa sanare gli squilibri economici, e fa spallucce alla perdita di valori condivisi.

Solo all’interno della famiglia la coppia può possedere un valore assoluto, incarnando ciascuno dei suoi componenti un ruolo insostituibile, specialmente per quanto attiene alla formazione dei figli e alla trasmissione dei valori, consapevoli di essere “una carne sola”, come dice la Genesi.

E tuttavia il sesso non può costituire il collante unico di un matrimonio. Il piacere fine a se stesso non riesce ad armonizzare le anime in una vita comune: «Se il fine del matrimonio è la famiglia – scriveva Leone Tolstoj – allora l’uomo che desidera avere più donne oppure la donna che ricerca più uomini godranno sì di maggiori piaceri, ma non avranno una famiglia».

Oggi questo tipo di famiglia è affiancata da nuove forme di esperienza relazionale che la minano alle fondamenta, sminuendo una verità essenziale: l’amore suggellato col santo matrimonio é l’unico anello nuziale capace di unire intimamente corpi e cuori ed ha nella sua fecondità non solo la capacità di vincere la morte, ma anche di continuare la creazione divina. E perché sia ogni giorno così, nonostante le difficoltà della vita quotidiana basta poco. Bastano tre parole, quelle che papa Francesco ha suggerito pochi giorni fa chiudendo le Giornate mariane: permesso, scusa e grazie. La meno frequente tra coniugi è “permesso”, intesa come «posso fare questo?». Eppure essa, unita alle altre due, è il  toccasana della casa: «Se in una famiglia si dicono grazie, scusa e permesso, la famiglia va avanti».

Alla famiglia, a questa famiglia di cui c’è sempre più bisogno, la Chiesa dedicherà anche il Sinodo  ordinario del 2015 nella profonda convinzione, per dirla ancora con papa Francesco, che essa sia «ben più che un tema: è vita,  cammino di generazioni che si trasmettono la fede insieme con l’amore e con i valori fondamentali, è solidarietà concreta, fatica, pazienza, e anche progetto, speranza, futuro».

(Pubblicato anche su La Gazzetta del Sud, 27 ottobre 2013)

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Vincenzo Bertolone

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