“Per essere straordinari non è necessario nascere perfetti”.
La storia che si dipana dietro questo aforisma è, in effetti, tutt’altro che perfetta. “Non volare via” (Garzanti) scritto da Sara Rattaro è il racconto di una famiglia che vive di amare verità, di illusioni, speranze e silenzi, soprattutto di quelli, perché è da lì che si parte.
Matteo è un bambino audioleso che ha un difetto genetico, quello di non riuscire a sentire. E tutto quello che la sua famiglia può fare, una volta appreso il problema, è stargli accanto, unita e più forte che mai. “Stare uniti per Matteo”, questo il loro motto.
È la sorella maggiore, Alice, che gli fornisce stimoli continui e lo fa crescere, migliorando giorno per giorno il suo “difetto”. Matteo ama la sua famiglia e il silenzio per lui non è un handicap ma un punto di vista privilegiato per guardarsi intorno, per ascoltare con gli occhi. Ama le abitudini, i riti, come ad esempio cenare alle 20 tutti insieme.
Ma lentamente tutti questi suoi desideri vengono traditi. Il padre Alberto “volerà via”, poi, piano piano, anche la mamma Sandra farà lo stesso. Matteo, però, non viene lasciato solo, con lui ci saranno sempre i suoi genitori e ci sarà la sorella, sua inseparabile compagna di vita e di giochi (gli scacchi sono diventati il loro punto di forza).
Nonostante le sue apparenti difficoltà, il bambino sembra comprendere che qualcosa nel nido familiare non gira alla perfezione: le assenze, i silenzi, i ritardi. Insomma, quella famiglia che doveva essere perfetta per affrontare un grave problema come il suo sta venendo meno alla promessa di restare unita.
Non volare via affonda le sue radici in queste fragilità e ne capovolge il punto di vista. Imperfetto non sarà più Matteo ma gli altri. Anzi, sarà proprio Matteo, bambino coraggioso quanto sensibile, a riportare gli altri con i piedi per terra, a insegnare che amore, colpa, perdono possono condividere lo stesso tetto, gli stessi problemi, la stessa vita. La stessa famiglia.
Il gioco degli scacchi, le cui regole scandiscono la suddivisione in capitoli dell’intero romanzo, suggerisce che c’è una regola, un ordine ben preciso prima di arrivare allo scacco matto. Per Matteo fare una partita a scacchi è un gioco da ragazzi ma anche un invito a fare pulizia nella propria vita, a capire quale mossa è la più giusta, cosa o chi bisogna rischiare e per quale obiettivo.
Mettere in ordine significa fare delle scelte precise, talvolta anche rinunce, perdere qualcuno o qualcosa. “Ma per quanto la nostra passione bruci e la nostra ragione si sia persa in un lato oscuro, l’amore è sempre una scelta”.
Matteo spiega attraverso i gesti, e la sua famiglia non può fare altro che apprendere. Allora ci vuole ordine, sacrificio, meditazione, silenzio. Pausa, studio dell’avversario. Ancora silenzio. Strategia. Rischio. Attacco.
L’invito a non volare via è anche un appello audace rivolto a coloro che vivono con persone disabili e che spesso tentano di scappare, magari solo per evadere; è l’esortazione a rimanere accanto a chi è “diverso”, a quel “diverso” che sa insegnarci a vivere la nostra apparente normalità.
Il libro è forte, spiazzante, anche se, in alcuni passaggi (come quello sul tradimento), insistentemente mellifluo; la lettura è comunque scorrevole, latrice di una grande morale.
“Conosco le regole. Il silenzio è mio amico. E quando ho paura, la mia voce sei tu”. In queste sue “parole” Matteo ci aiuta a meditare sulla nostra vita, sulle voci e soprattutto sui silenzi, sulle fughe e sui ritorni. Su chi c’è, chi resta, chi non è mai pronto ma affronta ugualmente i rischi, i pericoli, e gli imprevisti che prescindono da ogni idea di perfezione.
“Questa è una storia che parla di tutti noi, che parla di un amore grande e imperfetto”, che sa capovolgere con straordinaria efficacia narrativa il concetto di disabilità. Non è un romanzo d’amore ma una storia vera fatta di luci e ombre, di innamoramenti,incontri e bugie. Un grido rivolto a chi scappa, un abbraccio a chi resta. E a chi, nonostante tutto, non sa, non può, non deve volare via.
(Fonte: Cogito et volo)