L’Apostolatus maris è una realtà le cui origini risalgono all’inizio del secolo scorso ma che ha salde radici nella Sacra Scrittura. L’argomento è stato affrontato oggi pomeriggio dal cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Conferenza Episcopale Italiana, in occasione del convegno Marittimi, bisogni e strutture. Al centro la persona, promosso dall’Ufficio Nazionale per l’Apostolato del Mare, in corso a Salerno da oggi fino a domenica 27 ottobre.

Già dai tempi di Gesù, che raduna i primi Apostoli lungo il mare di Tiberiade, “la Chiesa da sempre si concepisce come la barca di Pietro, che il capo degli apostoli guida attraverso il mare del mondo, e che getta le reti della missione per raccogliere nel regno di Dio la maggiore quantità di uomini”, ha affermato Bagnasco.

Oggi la pastorale marittima assiste persone “che fanno un lavoro duro e che spesso vivono esclusi dai consueti circuiti relazionali” e se ne occupa “esprimendo e testimoniando la vicinanza di Dio e della comunità cristiana, attenta a ogni situazione di bisogno e ad ogni persona, a qualunque razza appartenga e qualunque religione professi”.

Dopo aver sottolineato la necessità di conformare le condizione lavorative degli operatori marittimi con le normative nazionali e internazionali, in un epoca in cui questo settore – non meno in crisi degli altri – ha conosciuto una crescente disoccupazione, dovuta anche all’automatizzazione del lavoro, Bagnasco si è soffermato sull’opera dei centri Stella Maris, che svolgono un’azione di avanguardia nell’apostolato del Mare.

I centri Stella Maris, ha ricordato il porporato, sostengono i marittimi nelle loro “concrete necessità e nei loro bisogni materiali, spirituali e relazionali”, svolgendo anche un’importante opera di assistenza materiale che va dalla fornitura di carte telefoniche all’accesso a internet fino alle visite in ospedale.

Il coinvolgimento dei cappellani marittimi deve quindi riguardare tutti i soggetti a vario titolo presenti nei luoghi di mare, a partire dagli equipaggi delle navi. “È auspicabile che si preveda l’istituzione tra i marittimi di lettori, accoliti o diaconi che si occupino dell’animazione spirituale con un esplicito mandato ecclesiale”, ha detto in proposito Bagnasco.

Inoltre, chi svolge apostolato marittimo, può contribuire alla diffusione del Vangelo “fino agli estremi confini della terra” (cfr At 1,8). Chi compie lunghi viaggi in nave spesso “ha bisogno di un conforto spirituale e di confessare o discutere questioni delicate e importanti”: per questo motivo si tratta di un ministero che “richiede preparazione e preghiera”.

La pastorale del mare mette poi a contatto con persone di altre religioni o appartenenti a confessioni non cattoliche, diventando quindi “un luogo propizio di dialogo interreligioso ed ecumenico”.

Un importante momento pastorale di coinvolgimento dei marittimi e di preghiera per loro è la celebrazione della Domenica del Mare o della Festa del Mare che, ha spiegato Bagnasco, “diviene momento di preghiera attorno all’Eucaristia e di festa comune”, rappresentando anche “un’occasione per un attivo collegamento con la Chiesa diocesana e i parroci del luogo”.

Un “riferimento imprescindibile” per l’apostolato marittimo è la lettera apostolica di Giovanni Paolo II, Stella Maris sull’Apostolato marittimo, un “documento provvidenziale, che ha dotato la pastorale marittima di strutture e strumenti appropriati”, ha commentato il presidente della CEI.

In conclusione, il cardinale Bagnasco ha ricordato che i naviganti, da sempre, “invocano Maria come Stella del Mare”, che è per loro, come per tutta la Chiesa, “faro di luce e porto di salvezza”.

Maria Stella Maris “ci fa sperimentare la sua maternità e la sua protezione, avendo affrontato la durezza della prova e la perseveranza nell’abbandono alla volontà di Dio”.

Tutti gli operatori marittimi, quindi, possono vedere in lei “il segno umile e potente della fedeltà del Signore per il suo popolo, per ognuno dei suoi fedeli e per tutta l’umanità”, ha quindi concluso Bagnasco.