Prima ancora del matrimonio è messo oggi in questione il "genere" (maschile-femminile), il fatto di sposarsi, con chi sposarsi, quando sposarsi, per quanto tempo, fino al "se vale la pena sposarsi". Si vanno allungando le fila di coloro che temono il matrimonio. Se i monasteri hanno salvato e diffuso la "cultura", oggi le famiglie cristiane sono chiamate a salvare la "natura" e diffondere la bellezza della coniugalità. Perciò, pur preoccupando pastoralmente la crescita in percentuale delle situazioni cosiddette "irregolari", devono preoccuparci molto di più quelle famiglie e coppie che "non sanno di niente", sale senza sapore, non sono "cosa buona", ma solamente la conservazione di un "istituto di diritto", senza mostrare la forza ideale nella quale si vede il riflettersi dell'immagine di Dio e il coinvolgimento dell'amore di Cristo per la Chiesa.

Giovanni Paolo II più volte ha sottolineato che è indispensabile che le famiglie stesse diventino maggiormente protagoniste nell'evangelizzazione e nella vita sociale.

Mons. Renzo Bonetti [1]: Per i sacerdoti e per la parrocchia interagire con la famiglia significa aver capito che il futuro dell'evangelizzazione dipende in gran parte dalla famiglia. Perciò l'invito è che mentre crescono le varie forme di ministerialità che si affiancano al faticoso compito dei presbiteri è tempo di valorizzare il sacramento del matrimonio come dono prezioso che il Signore ha fatto alla sua Chiesa nel mondo a partire da un’alleanza feconda tra presbiteri e sposi.

Come è possibile recuperare quest’alleanza tra matrimonio e verginità?

Mons. Renzo Bonetti: Va promosso un approfondimento teologico della relazione tra i due sacramenti dell'ordine e del matrimonio in vista della missione. Questo consentirà innanzitutto di ampliare la teologia del matrimonio e della famiglia ma, nello stesso tempo, di avere più possibilità di affrontare alla radice la motivazione sottesa alla "corresponsabilità" dei due sacramenti per il Regno. Senza questo contributo si rischia di ridurre la relazione ad un "coordinamento" pastorale. Mi permetto di suggerire che siano inviati agli studi teologici superiori su matrimonio e famiglia anche persone sposate o coppie, perché con la loro sensibilità e la loro vita possono dare un contributo significativo di riflessione teologica e di modalità espressiva, oltre che poter essere poi trasmettitori efficaci del "vangelo del matrimonio" a fidanzati e sposi.

I presbiteri sono preparati in questo?

Mons. Renzo Bonetti: Va certamente data più attenzione alla formazione teologica e pastorale dei seminaristi intorno al matrimonio e alla famiglia. «I compiti che attendono i futuri sacerdoti in questo campo del ministero sono, rispetto al passato, molto più delicati, più esigenti e soprattutto più complessi. Si tratta da una parte di annunciare la novità e la bellezza della "verità divina sulla famiglia" (cfr. Giovanni Paolo II, Lettera Gravissimum sane alle famiglie, 1994, 18. 23), di accompagnare la famiglia cristiana verso la perfezione della carità e dall'altra di fronteggiare situazioni di crisi...». La novità e la bellezza della famiglia è proprio la sua soggettività pastorale voluta da Cristo con il sacramento del matrimonio. I seminaristi rischiano di essere formati ad un esercizio nel sacerdozio come "sacramento solitario" nella prassi pastorale, prescindendo dalla risorsa che è il matrimonio per la pastorale.

La proposta pastorale che si persegue spesso si accontenta di offrire quel "minimo" che salvi l'identità del matrimonio e la nostra coscienza pastorale si sente a posto.

Mons. Renzo Bonetti: Sì, dobbiamo superare questo schema, cominciando ad offrire, almeno a qualcuno, a chi vuole o a chi è disponibile, "tutto" del sacramento del matrimonio e mettendoli poi nelle condizioni reali di poterlo vivere con un accompagnamento ed una spiritualità specifica. Non si può ipotizzare di promuovere la soggettività del sacramento del matrimonio se non vi è la formazione adeguata. Detto in altre parole, la famiglia in vari momenti è "oggetto" di attenzione e servizio pastorale della Chiesa per poter diventare ed essere permanentemente un "soggetto". Quindi non deve venire meno l'offerta di "servizio" (parola, eucaristia, riconciliazione, catechesi specifica per gli sposi e la famiglia) ma il tutto deve essere finalizzato al far diventare la famiglia una risorsa per la Chiesa del territorio.

In quest’ottica va ripensata anche la preparazione al matrimonio?

Mons. Renzo Bonetti: Il fidanzamento è un tempo di vera e propria iniziazione formativa per preparare ad una "missione specifica". È la proposta di superare, almeno per alcuni, i corsi di preparazione al matrimonio e far coincidere la crescita umano-affettiva dei fidanzati con la crescita spirituale-pastorale mettendo in atto la dinamica vocazionale: «Dall'amore come sacramento (fidanzamento) al sacramento dell’amore (il matrimonio)». Con lo stesso criterio per cui mentre si propone qualcosa a tutti si cerca di offrire tutto a chi vuole, cioè la possibilità di approfondire la propria grazia sacramentale e cominciare ad esercitare in parrocchia e nel territorio la missionarietà specifica. Si tratta così di offrire realmente esempi ed ideali di vita per tracciarne il cammino per le nuove generazioni. Creare perciò una formazione permanente approfondita e specifica.

Volendo essere concreti, facciamo un esempio.

Mons. Renzo Bonetti: Si può iniziare con alcune coppie/famiglie a progettare insieme la pastorale nel suo insieme, o almeno in parte. Ad esempio prendere un aspetto della pastorale come un campo-scuola o una festa o un percorso catechistico e progettarlo insieme con qualche famiglia. Naturalmente in questa progettazione va tenuto in conto lo specifico che è chiamato a dare il presbitero, ma anche quello che può dare la coppia di sposi o la famiglia. Nel Convegno di Cagliari (22-26 giugno 2001) "Progettare la pastorale con la famiglia in parrocchia, si è cercato, mediante lezioni e laboratori, di fare interagire il contenuto teologico del sacramento del matrimonio e i compiti che ne derivano con il vissuto concreto di una parrocchia. Individuare, approfondire insieme, sacerdoti e laici sposati, ciò che di specifico sposi e figli possono apportare di "dono-risorsa" nel loro essere nel territorio in tutte le sue espressioni di vita sociale.

Qual è il ruolo degli operatori di pastorale familiare?

Mons. Renzo Bonetti: Di formarsi innanzitutto distinguendo in modo netto da una "operatività" che è chiamata ad avere ogni famiglia. Anzi si può meglio dire che l'obiettivo di ogni operatore di pastorale familiare è quello di promuovere la soggettività di ogni famiglia che è chiamata ad essere "soggetto" anche senza far nulla di specifico in parrocchia o dintorni. La finalità di questi operatori è di collaborare in modo più stretto con i sacerdoti e la parrocchia particolarmente per quegli aspetti che riguardano la famiglia stessa: formazione dei fidanzati, accompagnamento delle famiglie, accostamento delle famiglie in difficoltà, pastorale generale, pastorale familiare, catechesi con la famiglia, pastorale dei malati. Va posta molta attenzione a tenere un alto livello di formazione per questi operatori, proprio per l'obiettivo che si propone il loro servizio.

[1] Mons. Renzo Bonetti è oggi Presidente della Fondazione Famiglia Dono Grande, avendo voluto dedicare tutto il suo tempo al progetto Mistero Grande. Dal 1995 al 2002 è stato Direttore dell’Ufficio Nazionale per la Pastorale della Famiglia della Conferenza Episcopale Italiana. Dal 2003 al 2009 è stato Consultore del Pontificio Consiglio per la Famiglia. In questo periodo, tra le altre attività, ha promosso il Master biennale in “Scienze del Matrimonio e della Famiglia” in collaborazione con il Pontificio Istituto “Giovanni Paolo II”, le Settimane estive di Fo rmazione e le Settimane Nazionali di studi sulla spiritualità coniugale e familiare. Dal 2001 al 2006 ha coordinato il Progetto Parrocchia - Famiglia della CEI, un “laboratorio di ricerca” avente lo scopo di individuare nuovi percorsi di partecipazione della famiglia alla vita della parrocchia. Da questo progetto sono nate, in diverse diocesi italiane, le esperienze pastorali delle Comunità Familiari di Evangelizzazione (CFE). Dal 2002 al 2012 è stato parroco di Bovolone nella diocesi di Verona.

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Fonte: Punto Famiglia, settembre-ottobre 2013,  pp. 23-25