Italiani nella Grande Mela

Un po’ sottotono la parata di Colombo a New York. Magari un po’ ingenua, perfino un po’ cafona, ma sempre pronta a dare una mano. Sempre generosa, ottimista, coraggiosa, sempre aperta alla fiducia e alla speranza

Share this Entry

Tutto è cominciato con un bicchierone di caffè. Il pulmino della Police  Benevolent Association (Organizzazione di Assistenza alla Polizia) è arrivata col caffè e i poliziotti si sono messi in fila…

Siamo a New York. I poliziotti hanno aspettato in un punto nevralgico della Quinta Avenue l’inizio della parata che era previsto per le undici di lunedì 14 ottobre.

È stata una bella giornata. I poliziotti non hanno sofferto di ipotermia. Ma solo col bicchierone di caffè in mano, oltre al solito pistolone nella cintura, si sono sentiti a posto.

La parata che è sfilata lungo la Quinta Avenue, il “corso” di New York, è quella che celebra il “Giorno di Colombo”, cioè la scoperta dell’America, avvenuta il 12 ottobre 1492. Ogni anno, a ottobre, New York dedica un giorno a Cristoforo Colombo.

È sempre un lunedì perché il “Giorno di Colombo” è vacanza e la gente può fare il ponte – sabato, domenica, lunedì – e ammassarsi dietro le transenne della polizia a guardare la sfilata.

Le scuole sono chiuse e i bambini con relative mamme e nonne sono la sicurezza di un pubblico che sventola frenetico le bandierine americane e italiane.

A New York, come nel resto degli Stati Uniti, anche gli altri gruppi etnici, in diversi periodi dell’anno, hanno il loro “Giorno”. A New York, anche loro sfilano sulla Quinta Avenue.

Ma solo per Cristoforo Colombo New York fa vacanza. I newyorkesi rendono omaggio al navigatore che ha messo il loro continente sulla carta geografica, e, insieme, rendono omaggio anche a noi, anche all’Italia, anche agli italo-americani, anche al nostro contributo al sogno americano. 

Negli Stati Uniti gli oriundi italiani sono il sesto gruppo di origine europea e, a New York, su 8 milioni e 400 mila abitanti, gli italo-americani sono un milione e 500 mila, cioè quasi un quarto.

Naturalmente si tratta di calcoli  approssimativi perché come si fa a definire “italo-americani”gli americani, diciamo così, “di sangue misto”, cioè quelli con alcuni antenati italiani e altri no? E i sobborghi, dove vivono tanti italo-americani, sono da considerare dentro o fuori della città propriamente detta?

L’ordine di grandezza, comunque, è  questo e, fra le grandi città americane, New York rimane la più italo-americana di tutte, e la sua parata di Colombo la Numero Uno degli Stati Uniti.

Una miriade di associazioni,di circoli, di gruppi italo-americani sfila sulla Quinta Avenue. Ma non da soli.

La tradizione vuole cha  altre organizzazioni partecipino alla lunga marcia. L’itinerario è sempre lo stesso: tre o quattro chilometri da sud a nord, avanti dritto.

Comincia all’altezza della quarantaseiesima strada e termina all’altezza della settantanovesima. È Iniziata verso le undici ed è terminata verso le tre.

Si è snodata davanti ai  negozi lussuosi della più lussuosa “avenue” del mondo e al “Central Park” sulla sinistra, e ai palazzi residenziali e alla Cattedrale di San Patrizio, con il Cardinale Arcivescovo che è uscito fuori a salutare.

Abbiamo parlato di itinerario, di orario e di tradizioni che sono sempre le stesse. Ma in realtà ogni parata ha la sua caratteristica, la sua “personalità.

E vediamo com’è stata la parata del 2013. Una parata in tono minore: con meno autorità, meno pezzi grossi in marcia, meno carri, ma con più folla sui marciapiedi, e  una folla più entusiasta, più spensierata che voleva divertirsi, applaudire, godersi la bella giornata, dimenticare la disoccupazione e le tasse, una folla ingrossata dalle migliaia di turisti italiani mai tanto numerosi a New York come quest’anno.  

L’anno scorso, in un opuscolo distribuito dagli organizzatori, erano elencate 125 organizzazioni partecipanti alla sfilata. L’anno scorso ero nella tribuna delle autorità dove, oltre all’opuscolo, distribuivano i panini con la mortadella.

Quest’anno, invece, ero giù sui marciapiedi come tutti. Quindi niente opuscoli e niente mortadella. Però io ho contato 65 gruppi nella sfilata e Giuliana Ridolfi mi ha parlato di 80 organizzazioni.

La Ridolfi rappresenta la Columbia Citizens Foundation, l’associazione ombrello della manifestazione, che ha sfilato con carri ridondanti  di bandieroni bianchi rossi e verdi.

A differenza di altri anni, ho contato pochissimi carri di ditte che approfittano della parata per farsi la pubblicità. Ho visto l’Acqua Rocchetta, la Delta Airlines e poche altre. Magari questo significa che la Columbia Foundation ha ricevuto meno contributi, ma la parata ne ha guadagnato in serietà e buon gusto. 

Non sono mancate le Ferrari, sempre più rosse. Ma la pubblicità della Casa non c’entrava. Servivano a mettere in mostra una gloria italiana.

Carri e automobili. Ma chi andava a piedi?

Innanzi tutto gli immancabili politici.  Il 5 novembre New York eleggerà un nuovo Sindaco. I due candidati non hanno lasciato passare l’occasione di farsi vedere dagli elettori, nei rituali tre chilometri di passeggiata.

Bill De Blasio è il candidato della sinistra e Joseph Lhota della destra. De Blasio è mezzo tedesco e mezzo italiano Il suo vero cognome è Wilhelm, ma lui l’ha cambiato in quello della madre “De Blasio”, di origine italiana.

Consigliere comunale e poi avvocato civico, cioè “ombudsman” degli interessi dei cittadini, de Blasio vuole fermare la fuga dei genitori dalle scuole pubbliche e limitare i poteri della polizia che per lui è razzista.

Joseph Lhota è di origine cecoslovacca (il padre), italiana (la madre), ebrea (un nonno), ed è stato un dei vice-sindaci di Giuliani e, come direttore dei trasporti pubblici, nel 2012, ha salvato la metropolitana di New York dall’uragano Sandy.

Vuole consentire ai genitori la scelta delle scuole e conservare i poteri della polizia. New York è una città democratica (6 a 1). De Blasio ha 20 punti di vantaggio su Lhota. Ma a suo tempo New York ha eletto Giuliani, repubblicano, che è sempre una leggenda, e poi  Bloomberg, il Sindaco uscente, anche lui repubbicano.

Quindi i giochi sono aperti. Altri candidati, ma a cariche minori, hanno pure marciato. C’era anche il Governatore Andrew Cuomo, massima autorità dello Stato di New York, ma senza agitarsi perché non ha elezioni in ballo.

E gli italiani?  Non ho visto nessuno dei politici italiani e forse è stato meglio così.

La situazione italiana è così problematica che avrebbero iniettato un’ombra di melanconia nell’allegria della parata.

Comunque l’Ambasciatore italiano presso gli Stati Uniti, ahimè, non c’era. Però nella tribuna d’onore, c’era il Console italiano a New York,  Natalia Quintavalle.

Gli anni passati il governo italiano aveva mandato alla sfilata i carabinieri col pennacchio e gli ottoni lucenti della banda. Quest’anno niente carabinieri. Niente banda. Mancano i soldi. Invece hanno mandato un drappello del Corpo di Polizia – giacca blu, pantaloni grigi – forse una cinquantina, che marciavano al comando di un graduato che dava il ritmo: “uno, due, tre, passo! Uno, due, tre, passo!”.

Ma, dopo di loro, c’erano bande musicali a perdita d’occhio. Le più pittoresche: le cornamuse scozzesi. Suonavano America the Beautiful (“America, la bella”).

Non ho fatto a tempo a leggere il cartello. Forse apparteneva a una scuola. Scuole e uffici mandano rappresentanti e bande alla parata perchè nelle scuole e negli uffici ci sono tanti italo-americani.

Così scuole e uffici vanno tutti insieme alla parata per solidarietà verso i colleghi italo-americani. Il Dipartimento di Polizia di New York, l’Ente che sovraintende al Porto di New York, l’Associazione dei Camionisti, la Sacred Heart University, la St.John’s Univesrsity, il Liceo “Cathedral”, Il Liceo “Monsignor Farrell”, sono nomi individuati qua e là lungo il percorso, sommersi dal fragore di marcette allegre con bande s
folgoranti di ottoni, di divise, di elmi altissimi tipo antichi romani.

Naturalmente, però, le organizzazioni italo-americane fanno le parte del leone. C’era il carro della “Scuola d’Italia” coi ragazzi che gridano tutti insieme “Viva l’Italia!”, L’autobus “Born this Way” (“Nato così”), della Fondazione di aiuto ai giovani, della favolosa Lady Gaga, che poi è l’italo-americana Angelina Germanotta. Ma fra gli enti benefici in marcia si sono distinti i capitoli dell’Ordine dei “Sons of Italy” (Figli d’Italia”), la più antica e il più illustre organizzazione di assistenza italo-americana, diffusa in tutti gli Stati Uniti.

Nella parata c’era anche un concorrente di Cristoforo Colombo: Nicoló Machiavelli. l’Istituto Italiano di Cultura ha messo un giovanotto in abiti rinascimentali su un carro con tanto di ricostruzione di Palazzo Vecchio.

Ha presentato il “Principe”, pubblicato nel 1513: esattamente 500 anni fa. E un altro compleanno è quello di Giuseppe Verdi nato nel 1813, anche lui rappresentato nella sfilata, ma senza la barba.

Lo accompagnava “Va’ pensiero”, mentre per il Pavarotti della sfilata hanno suonato “Nessun dorma” e per Caruso “O sole mio”. 

Pochi i paesi italiani presenti. L’anno scorso avevano inviato schiere di contadinelle che ballavano la tarantella. Quest’anno niente contadinelle, niente tarantella. Solita spiegazione: bisogna fare economie. Grandiosa è stata la partecipazione dell’Associazione dei Nolesi di Brooklyn.

Come fanno per la festa a luglio, hanno sfilato sostenendo il Giglio, un’elaborata e pesantissima costruzione su cui troneggia San Paolino, protettore di Nola.

In una parata italiana non poteva mancare Giuseppe Garibaldi, anche perché Garibaldi è un po’ newyorkese dato che ha vissuto qualche anno a Staten Island (un quartiere di New York) nella casa – che c’e ancora – del suo amico Antonio Meucci, l’inventore del telefono.

Garibaldi era massone e le logge massoniche hanno sfilato in parata. Poi c’è una sorpresa: sono arrivati i Baschi. Donne in costume basco hanno ballato.

La gente ha applaudito. Ma che c’entrano? I Baschi di New York sarebbero stati troppo pochi per organizzare una loro parata. Ma gli italiani gli hanno fatto posto e hanno sfilato con loro.

Storia, politica, cultura, folklore, musiche e bandiere , tante bandiere, hanno marciato sulla Quinta Avenue. Magari un po’ ingenua, perfino un po’ cafona, ma sempre pronta a dare una mano, sempre generosa, sempre ottimista, sempre coraggiosa, sempre aperta alla fiducia e alla speranza: questa è l’Italia di New York. Noi siamo così. Questa è la nostra identità. Bisogna arrivare nel Nuovo Mondo per riscoprirla.

Share this Entry

Lilia Lodolini

Sostieni ZENIT

Se questo articolo ti è piaciuto puoi aiutare ZENIT a crescere con una donazione