Il Vaticano II e la missione della Chiesa

In occasione della Giornata Missionaria mondiale, una riflessione sul ripensamento radicale della fondazione teologica della missione avvenuta grazie al Concilio

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L’11 ottobre del 1962 ebbe inizio il Concilio Vaticano II voluto da papa Giovanni XXIII. Sono passati 51 anni. In tutto il mondo si sono svolte iniziative per celebrare la ricorrenza: convegni di studio, assemblee, incontri, saggi, libri, numeri unici monografici di periodici con interventi di esperti vari, filosofi, teologi, storici, sociologi. Un interesse mediatico vastissimo. E in tutte le informazioni, grandi e piccole, anche in quelle di fonte strettamente laica, si riscontra un generale accordo nel riconoscere l’importanza del Concilio Vaticano II: un evento straordinario, epocale, il primo Concilio nella storia della Chiesa con carattere di universalità come non era mai accaduto. Per il mondo cattolico, poi, l’evento ha naturalmente altissimi risvolti di tipo spirituale, tanto che il Sinodo Straordinario del Vescovi del 1985 lo definì: “massima grazia del secolo XX”.

La teologia della missione nel Concilio Vaticano Il

Il Concilio Ecumenico Vaticano II avvia un ripensamento radicale della fondazione teologica  della missione. Il termine e il concetto di missione era stato di volta in volta espresso come attività missionaria della Chiesa, come  plantatio Ecclesiae, come attività della Chiesa dovunque ci fosse bisogno o anche solo l’attività nei territori dipendenti dalla Congregazione de Propaganda Fide. Il decreto Ad Gentes recupera la visione della missione sul piano di una ontologia soprannaturale. La missione della Chiesa viene fondata nelle missioni trinitarie: nel Padre come amore fontale che invia il Figlio, suo Verbo, e lo Spirito Santo. La riflessione sulla missione è teologica per il suo contenuto e per lo specifico con cui, soprattutto i Padri Greci, distinguevano la teologia  (Dio in sé stesso Trino e Uno e la creazione) dalla economia  (soprattutto l’Incarnazione). La Chiesa è il realizzarsi del progetto di Dio di  salvare tutti gli uomini associandoli alla sua vita e alla sua gloria. La vita trinitaria è contemporaneamente la sorgente della missione della Chiesa e il suo compimento sull’orizzonte escatologico. L’inizio del decreto Ad Gentes scandisce: “Ad gentes divinitus missa…” dove il divinitus non dice solo un mandato divino ma rimanda a una sorgente che è la stessa vita trinitaria; non è solo un Dio che manda ma un Dio che entra per primo nel cuore dell’umanità per salvarla.

Natura della Chiesa – Natura della Missione

C’è un intimo rapporto tra la natura della Chiesa e la missione della Chiesa. L’intimo rapporto è contenuto nell’attribuzione alla Chiesa della categoria di mistero e di sacramento che rimandano all’orizzonte biblico e a quello della Tradizione.

La Chiesa è mistero in relazione al mistero di Cristo e al mistero della Santa Trinità, sua origine e, di conseguenza, sua missione.

La Chiesa è mistero perché è fondata nel mistero trinitario; è società perché è radicata nella storia.

La Chiesa è sacramento perché è risultato della redenzione operata da Cristo ed è chiamata di conseguenza ad attualizzarla nella storia degli uomini in forza dell’Incarnazione del Verbo.

Natura e missione della Chiesa non possono essere realtà a sé stanti ma si esigono e si esprimono a vicenda: “La Chiesa peregrinante è per natura sua missionaria in quanto essa trae origine dalla missione del Figlio e dalla missione dello Spirito Santo, secondo il disegno di Dio Padre” (AG 2).

La Chiesa è popolo di Dio in cammino verso il compimento. Questo cammino è storico ed è salvifico nello stesso tempo perché il tempo dell’uomo è proiettato verso l’eternità di Dio.

Il vocabolario della missione nel Concilio Vaticano II

Il vocabolario della missione del Concilio Vaticano II colloca la missione della Chiesa all’interno delle missioni trinitarie sottolineando l’iniziativa del Padre, sorgente di Amore, di Cristo missionario del Padre, dello Spirito Santo che rende missionaria la Chiesa. Considerando poi la Chiesa e l’umanità nella loro storicità come destinatari delle missioni trinitarie, ne consegue che la Trinità è il permanente modello di riferimento della missione della Chiesa, il cui fine è di partecipare a tutti gli uomini la vita trinitaria da cui deriva la sua stessa missione. «La missione non si limita a suscitare la conversione e la fede, ma sorregge anche i passi successivi che conducono al battesimo, alla vita della Chiesa e alla testimonianza nel mondo. La missione vuole avviare, far crescere e sostenere quel cammino di fede che dal suo primo inizio porta alla piena maturità di Cristo» [i].

Nel decreto Ad Gentes, l’espressione più usata non è missione ma attività missionaria, come sinonimo di missioni e dell’insieme dei compiti della Chiesa (AG 9). D’altronde lo stesso sottotitolo del decreto conciliare sull’attività missionaria della Chiesa, esprime con chiarezza l’intenzione dei padri conciliari. Questa missione, però, continua anche dopo la fondazione della Chiesa negli ambienti di incredulità e di ignoranza del mistero di Cristo e nelle Chiese di antica data, dove «la Chiesa è in fase di regresso e di debolezza» (AG 19). Troviamo quindi nel decreto una terminologia che indica tutta la missione che la Chiesa ha ricevuto da Cristo: missio Ecclesiae e, insieme, tutta l’attività missionaria della Chiesa rivolta alle genti, cioè ai gruppi non cristiani che ancora non sono stati raggiunti dall’annuncio del Vangelo e dove la Chiesa non si esprime ancora in pienezza: activitas missionalis.

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Giuseppe Buono

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