Nel centro di Roma, proprio a due passi dalla via del Corso, c’è un’insegna in marmo che cattura l’attenzione dei passanti. Vi si legge: «Perenne fonte di grazie qui da settecento anni sgorgano le acque sante sulle cui onde salienti la BEATA VERGINE DEL POZZO venne a noi in miracolosa effige». Accanto ad essa, l’ingresso di una chiesa che si presenta ai visitatori elegante nella sua semplicità. Amatissima dai romani, oasi di pace nel turbinoso cuore dell’Urbe, Santa Maria in Via mantiene salda ancora oggi una fama che affonda le proprie radici nel Medioevo.
Al suo interno, nella prima cappella a destra, fa dolce mostra di sé un’effige mariana che è meta di devoti sin dal XIII secolo. Si chiama la Madonna del Pozzo, poiché da un pozzo venne a galla, per il rigurgito delle acque, in una remota notte del 1256. A quei tempi l’attuale cappella era una stalla di proprietà del cardinale Pietro Capocci, di nobile famiglia imparentata con i Colonna, gli Orsini e i Cenci. Nella notte tra il 26 e il 27 settembre il porporato fu svegliato dai suoi domestici, spaventati dall’inaspettato tracimare del pozzo e da un fenomeno che non riuscivano a spiegarsi: come fosse un leggero legno, una tegola galleggiava sulle acque. Osservandola si accorsero che su di essa vi era dipinta un’immagine di Maria. Provarono quindi a prenderla, ma a ogni tentativo la tegola sfuggiva loro sommergendosi di nuovo.
Ascoltato il racconto, Capocci vestì i suoi abiti cardinalizi, scese al pozzo e, recitata una preghiera a Maria, entrò nell’acqua con l’intento di raccogliere l’effige. La sua iniziativa fu premiata: l’effige si lasciò prendere e, proprio nello stesso momento, l’acqua iniziò velocemente a ritirarsi dentro il pozzo. All’indomani Capocci chiese a papa Alessandro IV di recarsi sul posto, gli raccontò l’evento e gli manifestò il desiderio di edificare – a sue spese – una cappella dedicata a Maria in sostituzione della stalla. Fatte le doverose verifiche, il Pontefice approvò e partecipò poi alla solenne processione di consacrazione. Successivamente, il cardinale depose ai piedi dell’immagine altre reliquie, tra le quali un frammento del pozzo di Giacobbe, proprio quello sul quale Gesù stava seduto quando convertì la Samaritana.
Da allora, di secoli ne sono passati tanti. E tante, una moltitudine, sono le persone che ha visto passare davanti a sé questa bella immagine di Maria (dipinta da un artista di scuola romana del XIII secolo su una tegola, o forse su un pezzo di silice o lavagna). Ad ogni orario d’apertura della chiesa, questa cappella è sempre affollata di persone, che si recano a Lei per rivolgerLe una preghiera e per bere un sorso d’acqua che sgorga da un rubinetto, il quale attinge a quel pozzo dispensatore di grazie. Frequentano questo dolce rifugio dalla frenesia del traffico persone d’ogni estrazione sociale. Uguali, davanti agli occhi materni di Maria, si inginocchiano barboni carichi di buste piene di stracci, personaggi dello star system, turisti, semplici romani e politici che stringono borse di pelle scura.
Ognuno di loro alla ricerca di quella dimensione d’umanità e d’affetto che questo posto soave garantisce a chiunque vi entri. Ognuno di loro, con grande umiltà, a chiedere a Maria le grazie di cui ha bisogno. E di grazie, la Madonna del Pozzo, nel corso dei secoli ne ha elargite parecchie.
Un libretto gentilmente donatomi dal parroco della chiesa, padre Luciano, raccoglie una vera e propria antologia di testimonianze in tal senso. Pubblicato nel 2006, il volume è un condensato di emozioni forti che a tratti commuove il lettore. Suddiviso in ordine cronologico, partendo dall’anno 1960 racconta – come si legge nella prefazione scritta da padre Paolo M. Erthler – che «c’è chi si prende cura di noi, chi ci ascolta, ci capisce la nostra sofferenza e quella dei nostri cari».
Malati d’ogni età e di ogni acciacco, rivolgono grati il loro ex voto alla Madonna. Si va da guarigioni da gravi malattie alla nascita di un figlio, passando per la sopravvivenza a terribili incidenti sino al buon esito di un delicato intervento chirurgico. Uno degli ultimi racconti del libro è la testimonianza di una donna che la fede ha strappato da un vortice di malinconia e disperazione. La donna si rivolse alla Madonna del Pozzo e, bevuto un bicchierino di quell’acqua prodigiosa, si sentì sorretta da «un lumicino di fede» che le era rimasto. Dopo anni di lotta con una sorta di “male oscuro”, la donna racconta di esser tornata a Santa Maria in Via, «questa volta gioiosa», e di aver partecipato a una Santa Messa. «Ero tanto felice non solo perché ero di nuovo in quella bellissima chiesa all’altare della Madonna, ma perché vi ero tornata gioiosa grazie a Lei». «Non so se queste mie righe potranno essere utili – conclude il racconto firmato N.N. – ma so che ora sono serena nell’amore, nella fede e nel perdono».
Di storie simili a quelle raccolte nel libro, i frati dell’ordine dei Servi di Maria ne hanno conosciute tante altre. Basti pensare che proprio questo fine settimana, durante il quale in piazza San Pietro il Papa affiderà alla Madonna di Fatima il mondo, nella sala del Chiostro sarà allestita una mostra sui loro primi 500 anni di presenza in Santa Maria in Via, «la piccola Lourdes romana». Un filo rosso di devozione mariana che si snoda lungo mezzo millennio di storia, una fede che sgorga come l’acqua di quel pozzo. Ancora oggi, come all’inizio, i religiosi concludono la loro giornata recandosi processionalmente all’altare della Madonna cantando la Salve Regina.