Come Francesco intende conquistare la società

Il discorso rivolto ai giovani dal Papa spiega come Francesco si propone di restaurare il primato della fede

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Davanti alla platea dei giovani dell’Umbria, il Papa ha preso le mosse dalle domande che alcuni di loro gli hanno rivolto per spiegare in primo luogo quali sono – a suo avviso, ma è facile condividerlo – i difetti della società in cui viviamo.

Uno di essi è costituito dalla tendenza a riferire i diritti soltanto all’individuo, senza tenere conto di quelli – certamente più importanti – propri della società.

Questi ultimi, se il discorso si fosse posto sul piano giuridico, avrebbero potuto essere più propriamente chiamati interessi, ma la sostanza non cambia: chi non si sposa, chi non costituisce una famiglia, indubbiamente indebolisce, conformandosi con un calcolo personale, il consorzio umano in cui è inserito.

Ed il consorzio umano è ben più meritevole di tutela di quanto lo siano i singoli individui.

Un altro difetto – relazionato strettamente con il primo – è costituito dalla prevalenza del provvisorio: ci si unisce – con o senza contrarre il matrimonio – soltanto finché si sta bene insieme; si rifiuta dunque di assumere impegni che vincolino le persone al di là dei termini di tempo, al di là delle circostanze contingenti che coincidono con la loro convenienza.

Entrambe queste caratteristiche negative della società attuale risalgono ad una origine comune: il rifiuto di assumere delle responsabilità.

Va da sé che ciò contraddice l’essenza del Cristianesimo, dato che Gesù – osserva il Papa – non ha salvato provvisoriamente l’umanità, e sacrificandosi per noi tutti non ha certo agito in base ad un calcolo, ad un interesse individuale.

Nel Cristianesimo sta dunque l’unica speranza di rovesciare l’attuale scala di valori, di uscire dalla situazione in cui siamo.

E poiché i giovani, che aspirano spontaneamente alla giustizia ed al bene, non sono disposti a rassegnarsi, il Vangelo può costituire per loro tanto lo strumento per un impegno sociale, quanto la via per la salvezza individuale dal male.

Su ambedue i piani, la vittoria è certa, perché Dio è più forte del male.

Ci si salva dunque in primo luogo ritrovando individualmente la fede, poi facendone la base della propria testimonianza personale ed infine riconducendo la società alla fede, alla conformità con l’ideale cristiano.

Fin qui le parole del Papa, ammirevoli per semplicità ed efficacia.

Può riuscire il disegno che egli ha delineato?

Si, a nostro avviso, perché esso risponde a due bisogni insopprimibili nella gioventù: il bisogno di credere ed il bisogno di impegnarsi.

La fede costituisce la miglior motivazione dell’impegno.

Reciprocamente, però, – una volta scelto l’impegno, la fede ci può motivare a protrarlo al di là delle contingenze: al di là – dice appunto il Papa – dei ristretti limiti dell’individualismo e del provvisorio.

E’ importante considerare come il Papa non indichi ai giovani, come strumento di riscatto della società, un mutamento nelle leggi, una affermazione esteriore e formale dell’ideale cristiano.

La rivoluzione, intesa come riscristianizzazione della società, deve avvenire nelle coscienze.

Bisognava attraversare il ventesimo secolo, e vedere ormai superata la sua eredità storica, perché la gioventù – dopo essere stata fuorviata da tanti cattivi maestri – ne trovasse finalmente uno buono.

Fino a ieri, si credeva e si faceva credere che le imposizioni esterne – originate dalle ideologie, ma anche dalle religioni – potessero redimere il mondo.

Tuttavia, senza un cambiamento nelle coscienze, gli stessi risultati storici di queste imposizioni si sarebbero rivelati fallaci.

Ora il Papa riporta il dissidio tra il bene e il male, tra la giustizia e l’ingiustizia nell’unico luogo dove il bene e la giustizia possono durabilmente prevalere, e nell’unico luogo che conta: l’anima dell’uomo: “In interiore homine habitat veritas.”

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Alfonso Maria Bruno

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