Un Carabiniere salva i migranti, e salva lo Stato

Il gesto generoso e spontaneo di un Milite dell’Arma ci insegna con l’esempio come deve essere la nuova Italia

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Gli Italiani, si sa, hanno molti difetti, che però sono in gran parte compensati e perfino sopravanzati da un grande pregio: l’umanità.

Nei momenti difficili, specialmente quando certe norme della convivenza collettiva sembrano svanire, è l’umanità che ci detta le nuove regole cui conformarci.

E queste regole corrispondono sia con un codice d’onore ancestrale, sia con i principi dell’etica cristiana.

Quanto determina l’aderenza al loro dettato non è il timore di una sanzione, dato che tato più le si rispetta quanto più vengono meno le gerarchie prestabilite: e il momento attuale, che abbiamo già paragonato con l’otto settembre, ci fa rivivere una situazione per molti versi simile a quella di allora.

I fatti sono ormai noti: il 30 settembre 2013 il Carabiniere Carmelo Floriddia stava compiendo a Scicli di Ragusa il suo consueto giro di perlustrazione notturna, quando, verso l’alba, ha scorto alcuni disperati che, scesi da un barcone cercavano di raggiungere la riva.

Senza pensarci sopra, si è tolto la divisa, si è gettato in mare ed ha salvato quante più persone poteva, trascinandole sulla spiaggia e poi praticando ai più malridotti la respirazione artificiale.

Molti, ora,  gli devono la vita.

Il militare si è addirittura meravigliato che il suo gesto avesse causato tanta ammirazione, e si è concesso quasi con reticenza ai mezzi di informazione.

I Carabinieri, si sa, sono “usi a obbedir tacendo”: soltanto che – in questo caso – l’obbedienza veniva prestata ad un imperativo della coscienza.

Certamente, essi sono tenuti a soccorrere le persone in pericolo; in questo caso, però, vi era anche, sulla scena del disastro, chi stava commettendo un grave reato, e sarebbe stato facile, per prima cosa, provvedere ad identificarlo ed arrestarlo in flagranza.

A che cosa, però, sarebbe servito tutto questo se non ad aggravare le conseguenze del delitto, trasformando un dramma in tragedia?

Quanto accaduto su quella spiaggia della Sicilia sarà tradotto in freddo linguaggio burocratico e inevitabilmente sminuito nei rapporti inviati ai Comandi superiori e all’Autorità giudiziaria, tutto verrà ridotto ad un intervento per la repressione dell’immigrazione clandestina, e l’atto di eroismo del Carabiniere non verrà forse nemmeno annoverato tra le “brillanti operazioni”: chissà se verrà annotato nelle “note personali”, e se il Milite godrà con la sua famiglia almeno i magri guadagni di un anticipo della promozione.

Il Carabiniere ritorna silenzioso e disciplinato tra i ranghi della Benemerita, e soprattutto nel seno di quel popolo di cui è figlio.

Questo popolo, proprio per essere stato condizionato da secoli di dominino straniero a diffidare per principio di tutto quanto provenisse da una autorità costituita, ha dato il meglio di sé quando l’autorità si è dissolta.

L’otto settembre 1943 l’Esercito si sbandò, e i soldati vennero aiutati dagli sconosciuti a rivestirsi in borghese e a raggiungere in qualche modo i loro luoghi di origine.

Potremmo anche ricordare la persecuzione nazista degli Ebrei, quando tanti Italiani guadagnarono il riconoscimento di “Giusti tra le Nazioni” aiutandoli a nascondersi e a sopravvivere.

In entrambi i casi, un senso morale innato, un afflato di carità cristiana verso gli innocenti perseguitati costituirono gli infiniti tasselli della ricomposizione del tessuto della solidarietà collettiva, base per la sopravvivenza della Patria e per la ricostruzione dello Stato.

La pratica dei respingimenti in mare è vietata dalle norme del Diritto Internazionale vigenti perfino in tempo di guerra; se il comandante di una nave militare non ripesca i nemici finiti a mare, ne risponde come criminale di guerra.

Consci di questa norma, dalla solidarietà che unisce da sempre la gente di mare, e soprattutto del loro dovere di uomini, gli Ufficiali della nostra Marina e delle forze di Polizia hanno portato l’Italia sul banco degli accusati in sede europea.

Anche a questo si è riferito il Papa a Lampedusa, quando ha ringraziato tutti: uomini della Marina Militare, Agenti della Polizia, della Guardia Costiera, della Guardia di Finanza, lavoratori della Marina Mercantile, pescatori, semplici abitanti.

Lo Stato italiano dovrà riconsiderare le sue norme tenendo conto dell’attuale emergenza mondiale; dovrà tradurre nelle sue leggi quell’obiettivo che Papa Francesco ha indicato quando ha detto che cosa deve divenire tutta l’Europa Occidentale, sull’esempio della Chiesa: un grande ospedale da campo.

I gesti come quello del Carabiniere, o quello compiuto dai bagnanti che tempo fa hanno soccorso altri naufraghi sulla spiaggia, già prefigura tuttavia il nostro nuovo Stato, la nostra nuova convivenza.

Uno Stato si fonda su di un patto tra i suoi cittadini: i contenuti di questo patto vengono già scritti, spontaneamente, forse addirittura inconsapevolmente, da tanti nostri connazionali.

Forse un giorno si dirà che il nuovo patto tra gli Italiani è sorto su di una spiaggia della Sicilia, in un mattino di settembre, quando un Carabiniere ha salvato dei naufraghi.

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Alfonso Maria Bruno

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