Per la Giornata Internazionale dell’Anziano, la Santa Sede ha fatto conoscere le idee guida cui dovrà ispirarsi questa iniziativa. Si è molto insistito negli anni scorsi, da parte cattolica, sul tema del contrasto all’eutanasia. La caratteristica della riflessione del Papa consiste stavolta nell’assumere un carattere più propositivo che inibitorio.
Non basta astenersi da uccidere i malati e gli anziani: occorre adoperarsi attivamente in loro favore. E qui entra in gioco una intera visione dei rapporti sociali: un consorzio umano nel quale gli anziani vengono emarginati, pratica quella che papa Francesco chiama “eutanasia silenziosa”, mentre si commette la “eutanasia culturale” quando si impedisce loro di esprimersi.
Esprimersi non significa però soltanto manifestare dei bisogni, esprimere delle richieste al fine di rendere più dignitosa la propria esistenza: esprimersi significa soprattutto – da parte di chi è avanti negli anni – insegnare.
Per millenni, l’esistenza del genere umano ha messo al centro della società quanti erano vecchi: essi erano – in un ambiente dove ancora la cultura era in buona parte orale – i protagonisti della sua trasmissione; si andava ad ascoltarli per imparare.
Inoltre, gli appartenenti alla “terza età” erano anche i possessori di qualche cosa se possibile ancora più importante della cultura, e cioè la coscienza.
Certamente, la stessa cultura non può soltanto ridursi ad un insieme di nozioni: essa è uno spirito collettivo, è l’impronta di una identità comune, l’elemento fondante della patria intesa quale comunità che unisce le generazioni trascorse e le generazioni future: non a caso, la parola “patria” ha la stessa radice della parola “padre”.
La coscienza è però soprattutto la capacità di discriminare bene e male, lecito ed illecito: da questo punto di vista, l’anziano, in base alla sua esperienza, è il soggetto più accreditato per fornire agli altri un criterio sicuro.
Emarginare gli anziani, praticare quella che il Papa chiama “eutanasia culturale”, significa dunque privarsi della sapienza orale, dell’identità collettiva e della capacità di discernere quanto la legge morale permette da quanto essa vieta.
A ben vedere, i mali che il Papa denunzia, e che hanno come vittime gli anziani, colpiscono paradossalmente di più le popolazioni di quei Paesi dove il benessere ha permesso di prolungare maggiormente la vita.
In Occidente abbiamo sempre più vecchi, si può dire che siamo sempre più vecchi se teniamo conto dell’età media, eppure rimuoviamo la vecchiaia, emarginiamo gli anziani, così come rimuoviamo la morte dai nostri discorsi e perfino dai nostri pensieri.
E allora che cosa significa l’eutanasia culturale? Significa l’incapacità di collocare la vita nella prospettiva della Trascendenza. Dio si manifestava ai Patriarchi, uomini longevi, e quando si rivelò a Mosè gli disse: “Io sono Colui che è”: l’essere non è collegato con l’età; certamente Dio è fuori del tempo, cioè dalla successione degli eventi in cui l’uomo è inserito.
Tuttavia, l’anziano, colui che ha raccolto il maggior numero di vittorie, sia pure effimere, sul tempo, ci suggerisce con la sua presenza tra noi, l’immagine dell’eternità di Dio.