La sentenza del Tribunale di Pavia che vieta la somministrazione del trattamento Stamina ad un giovane di vent’anni, affetto da grave malattia neurodegenerativa, può apparire dura e impopolare, ma in realtà è una sentenza giusta che rafforza un modello di Welfare teso a coniugare la qualità della ricerca scientifica e il diritto alla cura.
Questa sentenza non nega il diritto alla libertà e alla scelta delle cure, ma ribadisce il dovere dello Stato di tutelare i “malati da sperimentazioni che non hanno certezze scientifiche”. Il cosiddetto Metodo Stamina è infatti privo di riconoscimento da parte della comunità scientifica nazionale ed internazionale. La scientificità di una sperimentazione, anche nel caso della sua estensione “compassionevole”, va sempre coniugata con la sua eticità che trova il proprio cardine in una comprovata efficacia terapeutica.
Va sicuramente apprezzato il richiamo all’importanza che “le risorse pubbliche vengano rese disponibili per terapie verificabili con metodi scientifici”.
La sentenza, inoltre, evidenzia il dovere di “tutelare il paziente dal coinvolgimento in situazioni di sperimentazione umana e di sfruttamento delle condizioni di afflizione del paziente stesso”. C’è purtroppo il rischio che il dolore dei pazienti e delle loro famiglie divenga pretesto per ricerche puramente sperimentali, dettate da mere finalità economiche, che alimentano false speranze e che potrebbero rivelarsi anche nocive.