Una Chiesa in cui anche il Papa si proclama un peccatore può ancora definirsi santa? È un dubbio dilaniante quello posto oggi da Papa Francesco durante l’Udienza generale in Piazza San Pietro, la prima di ottobre. È il dilemma che rafforza le convinzioni di chi si è allontanato volontariamente dalla Chiesa e che a volte fa sorgere incertezze anche in chi è credente o cattolico. Lo stesso Pontefice ha affermato di fronte ad oltre 50mila fedeli: “Uomini peccatori, donne peccatrici, sacerdoti peccatori, suore peccatrici, vescovi peccatori, cardinali peccatori, Papa peccatore. Come può essere santa una Chiesa così?”.
Fa un certo effetto sentire queste parole sulle labbra del Capo della Chiesa universale. Ma la risposta che offre Bergoglio è ancora più disarmante: la Chiesa “non è santa per i nostri meriti, ma perché Dio la rende santa”. La chiave di tutto è infatti la misericordia di Dio verso una Chiesa che “non è solo per i puri”, ma accoglie ed è fatta di peccatori.
Lo spiega meglio san Paolo nella Lettera ai cristiani di Efeso, in cui – ricorda il Papa – l’Apostolo, prendendo come esempio i rapporti familiari, afferma che «Cristo ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per lei, per renderla santa» (5,25-26). “Cristo – aggiunge Francesco – ha amato la Chiesa, donato tutto se stesso sulla croce. E questo significa che la Chiesa è santa perché procede da Dio che è santo, le è fedele e non l’abbandona in potere della morte e del male”.
Questa “caratteristica” della santità ecclesiale “è stata presente fin dagli inizi nella coscienza dei primi cristiani” – spiega Bergoglio – perché avevano la certezza che è l’azione di Dio, lo Spirito Santo che santifica la Chiesa”. Tale certezza è rimasta salda nel tempo anche se “la Chiesa storica, nel suo cammino lungo i secoli, ha avuto tante difficoltà, problemi, momenti bui”.
È vero quindi: “Siamo una Chiesa di peccatori”, “lo vediamo ogni giorno” osserva il Santo Padre, tuttavia “noi peccatori siamo chiamati a lasciarci trasformare, rinnovare, santificare da Dio”. Posto questo bisogna però combattere un’altra “tentazione” che spesso è affiorata nella storia: “La Chiesa è solo la Chiesa dei puri, di quelli che sono totalmente coerenti, e gli altri vanno allontanati”.
“Questo non è vero!” rimarca Bergoglio, definendo questa credenza una vera e propria “eresia”. La Chiesa, proprio in virtù della sua santità, “non rifiuta i peccatori”, ma “chiama tutti, li accoglie, è aperta anche ai più lontani, chiama tutti a lasciarsi avvolgere dalla misericordia, dalla tenerezza e dal perdono del Padre, che offre a tutti la possibilità di incontrarlo, di camminare verso la santità”.
Il pensiero di Papa Francesco si pone perfettamente in linea con il Concilio Vaticano II che, nella Costituzione sulla Chiesa, parlò con chiarezza della “chiamata universale alla santità”, affermando che “nessuno ne è escluso”. E come non andare col pensiero alla celebre frase di Giovanni Paolo II: “Tutti siamo chiamati alla santità” che “è la misura alta della vita quotidiana”.
La santità, infatti, è per tutti, non è un privilegio di pochi e non richiede gesti straordinari o eroici. Anche Benedetto XVI, nell’Udienza generale del 13 aprile 2011, esortò a non aver paura “di tendere verso l’alto, verso le altezze di Dio”. “Lasciamoci guidare in ogni azione quotidiana dalla sua Parola – disse il Papa emerito – anche se ci sentiamo poveri, inadeguati, peccatori: sarà Lui a trasformarci secondo il suo amore”.
In forma più semplice, com’è nel suo stile, Francesco ripete lo stesso concetto del suo Predecessore: “‘Mah! Padre, io sono un peccatore, ho grandi peccati, come posso sentirmi parte della Chiesa?’ Caro fratello, cara sorella, è proprio questo che desidera il Signore; che tu gli dica: Signore sono qui, con i miei peccati!. Alcuni di voi sono qui senza i vostri peccati? Nessuno di noi! Tutti portiamo con noi i nostri peccati. Ma il Signore vuole sentire che gli diciamo: Perdonami, aiutami a camminare, trasforma il mio cuore! E il Signore può trasformare il cuore!”.
Non dice nulla di nuovo il Papa argentino, ma lo dice in un modo che ci fa sentire un po’ come bambini che, anche se hanno sbagliato, trovano comunque conforto nell’abbraccio di una madre. “Nella Chiesa – rimarca il Santo Padre – il Dio che incontriamo non è un giudice spietato, ma è come il Padre della parabola evangelica”. Quindi “puoi essere come il figlio che ha lasciato la casa, che ha toccato il fondo della lontananza da Dio. Quando hai la forza di dire: voglio tornare in casa, troverai la porta aperta, Dio ti viene incontro perché ti aspetta sempre. Dio ti aspetta sempre! Dio ti abbraccia, ti bacia e fa festa.”.
“Il Signore – aggiunge – ci vuole parte di una Chiesa che sa aprire le braccia per accogliere tutti”. Perché essa “non è la casa di pochi”, ma il luogo in cui “tutti possono essere rinnovati, trasformati, santificati dal suo amore”: i più forti e i più deboli, così come i peccatori, “gli indifferenti”, o coloro che si sentono “scoraggiati e perduti”. La Chiesa, dunque, come un tom-tom ci guida sulla “strada della santità” fino alla meta finale che è Gesù Cristo. E lo fa attraverso i Sacramenti, “specialmente la Confessione e l’Eucaristia” dice Bergoglio, attraverso “la Parola di Dio”, la “carità”, e “l’amore di Dio verso tutti”.
Il problema è: “Ci lasciamo, noi, santificare?”. “Siamo una Chiesa che chiama e accoglie a braccia aperte i peccatori, che dona coraggio, speranza, o siamo una Chiesa chiusa in se stessa?” domanda il Santo Padre. E ancora: “Che cosa posso fare io che mi sento debole, fragile, peccatore?”. Sulla scia di Papa Benedetto, Francesco risponde: “Dio ti dice: non avere paura della santità, non avere paura di puntare in alto, di lasciarti amare e purificare da Dio, non avere paura di lasciarti guidare dallo Spirito Santo”. E sullo stile di Wojtyla aggiunge: “Lasciamoci contagiare dalla santità di Dio. Ogni cristiano è chiamato alla santità e la santità non consiste anzitutto nel fare cose straordinarie, ma nel lasciare agire Dio”.
Il Papa ricorda le parole dello scrittore francese Léon Bloy che, negli ultimi momenti della sua vita, diceva: «C’è una sola tristezza nella vita, quella di non essere santi». Allora “non perdiamo la speranza nella santità, percorriamo tutti questa strada. Vogliamo essere santi? Il Signore ci aspetta! A tutti, con le braccia aperte!”. Pertanto – conclude il Santo Padre – “viviamo con gioia la nostra fede, lasciamoci amare dal Signore” e “chiediamo questo dono a Dio nella preghiera, per noi e per gli altri”.