Sempre più si va scoprendo il patrimonio francescano presente nel territorio dell’Umbria meridionale, consistente non solo in eremi, conventi o opere d’arte, ma anche nei manoscritti, atti notarili e altre fonti importanti per comprendere la vicenda di san Francesco d’Assisi e della sua posterità (cf. G. Cassio, Oltre Assisi. Con Francesco nella Terra dei Protomartiri attraverso l’Umbria Ternana, Ed. Velar, Gorle 2010).
Tra tali testimonianze negli ultimi anni un valore particolare è stato riconosciuto a un codice proveniente dal convento de “La Romita” di Cesi e ora conservato nella Biblioteca comunale di Terni con la numerazione 227bis, che alle carte 231-241 riporta alcuni testi liturgici per la festa di san Francesco. Tale liturgia comporta anche la lettura di brani che illustrano la vita e i miracoli compiuti dal Santo assisano; nel suddetto manoscritto essi sono tratti dalla cosiddetta Leggenda umbra, un’opera del 1240 circa in cui si narra di alcuni ebrei in atto di invocare la protezione e l’intercessione di san Francesco per la salvezza di un bambino cristiano.
Nella città di Capua, mentre un bambino stava giocando sulle rive del fiume Volturno insieme a molti compagni, per grande imprudenza cadde nel fiume. La corrente, inghiottendolo velocemente, lo seppellì morto nel fango. Alle urla dei bimbi che stavano giocando con lui lungo il fiume, molti uomini e donne accorsero in fretta in quel luogo e, saputo quanto era successo al bambino, gridavano piangendo: «San Francesco, san Francesco, restituisci questo bambino a suo padre e a suo nonno, che si stanno affaticando al tuo servizio!».
E veramente il padre e il nonno del bambino avevano fatto del loro meglio servendo con devozione una chiesa dedicata a Francesco. Mentre tutto il popolo invocava supplicando ripetutamente i meriti del beato Francesco, un nuotatore che si trovava lontano, sentite le urla, si avvicinò.
Saputo che il fanciullo era ormai caduto da lungo tempo nel fiume, dopo aver invocato il nome di Cristo e confidando nei meriti del beato Francesco, si tolse i vestiti e si tuffò nudo nel fiume. Ignorava del tutto quale fosse il luogo preciso in cui il fanciullo era caduto, ma iniziò subito ad ispezionare a caso le rive e il greto del fiume. Per volontà divina, trovò finalmente il luogo in cui il fango aveva ricoperto il cadavere del bambino come un sepolcro. Recuperatolo e tiratolo fuori, con dolore constatò che era morto. La folla radunata, nonostante vedesse il bambino morto, continuava a gridare, piangendo e lamentandosi: «San Francesco, restituisci il bambino a suo padre!». Anche alcuni ebrei che erano là, mossi da un naturale senso di pietà, dicevano: «San Francesco, restituisci il bambino a suo padre!».
Il beato Francesco, commosso dalla devozione del popolo, come appare dal risultato finale, e vinto dalle preghiere, subito risuscitò il bambino morto. E mentre tutti si rallegravano e al tempo stesso rimanevano stupefatti, una volta tornato in vita il bambino chiese supplicando di essere condotto alla chiesa del beato Francesco. Sentendo ciò, tutti lodarono Dio che, attraverso il suo servo, si era degnato di operare miracoli tanto grandi.
Tale codice – facilmente consultabile per gli eruditi e difficilmente accessibile al grande pubblico – è esposto fino al 26 ottobre 2013 nella mostra iconografica e documentaria Laudato sie, o mi’ Signore. Sulle orme di Francesco d’Assisi, allestita presso la Biblioteca Comunale di Terni.