Il fermento delle Settimane Sociali

L’Italia ha bisogno di un significativo evento ecclesiale che lanci il “sì” sincero di ogni credente italiano verso una prospettiva di bene comune

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La torride estate italiana ha lasciato i segni sulla pelle ad un Paese che, nonostante i timidi segnali di ripresa economica, sembra ancora lontano da una guarigione autentica. È allora provvidenziale che tocchi all’autunno portare una ventata di novità e di fermento. Un fermento che in realtà si radica in una tradizione antica, che si ripresenta con tutto il suo carico di speranze, impegno e fiducia: le Settimane Sociali dei Cattolici. Oggi più che mai l’Italia ha bisogno di un significativo evento ecclesiale che lanci il Sì, sincero, di ogni credente italiano verso una prospettiva di bene comune. In questa prospettiva le Settimane Sociali sono concreta sintesi tra fede, cultura e opere per proporre al Paese quella “scommessa vincente” che è la famiglia.

Dedicare le Settimane Sociali alla famiglia vuol dire ripartire da zero, dalla cellula fondamentale della società, da quella parte della comunità umana che sembra più silenziosa e inerte, ma nel frattempo più colpita, davanti ai cambiamenti che stanno caratterizzando il nostro Paese. Gli attacchi che la famiglia italiana sta subendo stanno facendo perdere all’Italia la sua identità. E la sua memoria. Memoria nell’accezione della Lumen Fidei, ovvero proiezione viva verso il futuro, una forza capace “di illuminare i passi lungo la via”.

Oggi le nostre famiglie devono quotidianamente subire i colpi della crisi, i danni di politiche sciagurate ma anche un attacco mediatico costante quanto subdolo che, come la proverbiale acqua cheta, ha l’obiettivo di distruggerne le fondamenta. Certo non è un attacco diretto, a viso aperto, franco e intellettualmente onesto. È semmai un insieme sistematico di atti di guerriglia: dalle speculazioni sulla legge contro l’omofobia (sacrosanto difendere chi è discriminato, ma senza reati di opinione) fino alla promozione di un nuovo linguaggio (il “genitore 1” e “genitore 2”) che vuole introdurre nuovi e vaghi significanti in un Paese che ha già molta difficoltà a distinguere i significati più fondamentali. Ogni occasione sembra buona per promuovere modelli totalmente diversi dalla famiglia, senza che ciascuna famiglia (e non parlo a proposito di “famiglie”) possa trovare la capacità di reagire.

Perché allora rompere il silenzio e perché le 47esime Settimane Sociali sono cruciali per il ruolo dei cattolici nel Paese? Perché cercare di demolire la famiglia significa non solo far vacillare un nucleo fondamentale per la nostra identità nazionale, ma anche andare a minare la principale fonte di trasmissione della fede verso le nuove generazioni. Qui non si tratta di fare muro contro muro rispetto ai “diritti” (che il Direttore Tarquinio ben chiama “capricci”) di una minoranza piuttosto che un’altra. Si tratta invece di non cadere nella trappola dalla prevalenza del moralismo sull’etica, dall’esaltazione relativizzata di valori come uguaglianza e legalità, a discapito di valori definiti beffardamente “tradizionali” che sono legati fortemente all’esperienza di fede, di cui la famiglia è cardine.

È in questo contesto di grigio e frammenti disordinati che le Settimane Sociali devono portare il loro contributo forte di testimonianza di fede e di coesione dei cattolici, una coesione che non è difensiva ma propositiva e a beneficio di tutto il Paese. Forse è il caso di porgere l’altra guancia con tutta la nostra forza: non per subire in silenzio gli schiaffi continui a cui ormai i cattolici hanno fatto il callo, ma per testimoniare con pienezza la nostra fede con una opportuna azione sociale. Serve al più presto una nuova progettualità, che non ci faccia chiudere nel rassicurante guscio rappresentato dalle nostre parrocchie e dalle nostre associazioni, pur importanti.

Andare nelle periferie senza paura, è questo il nostro compito! Presentarsi all’esterno non con pacchetti di soluzioni o scatole chiuse da riciclare all’occorrenza, ma proponendo la partecipazione ad un cantiere condiviso in cui tutti possano sentirsi costruttori e nel contempo abitanti della stessa casa. Un cantiere che è ispirato dal progetto di ciascuno, prima che dall’impegno di ciascuno. I cattolici devono ritrovare il coraggio, tra tanti timori, di ragionare e operare insieme per un rinnovamento spirituale della società e della politica del tempo. Nell’anno della fede quella che chiamiamo “evangelizzazione del sociale” non è forse il compito più importante per i cattolici del terzo millennio? Le 47esime Settimane Sociali saranno un’occasione imperdibile per scoprirlo.

Claudio Gentili è Direttore de “La Società”

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Claudio Gentili

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