"L'Oriente arabo, privo di cristiani, non è l'Oriente"

Il discorso tenuto la settimana scorsa ad Amman, in Giordania, dal patriarca latino Fouad Twal

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Una settimana fa il Patriarca latino di Gerusalemme ha partecipato al summit internazionale che si è tenuto ad Amman sul tema “le sfide dei cristiani arabi”. Di seguito il discorso di Sua Beatitudine Mons. Fouad Twal.

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Signor Presidente,
Vostre Beatitudini,
Vostre Eminenze,
Vostre Eccellenze i Vescovi,
Onorevoli invitati,

desideriamo ringraziare la Giordania con a suo capo Sua Maestà il re Abdallah II e Sua Altezza Reale l’Emiro Ghazi ben Mohammad, per questa iniziativa unica nel suo genere. La presenza di un gran numero di dignitari religiosi, cristiani e musulmani, è molto significativa e costituisce quasi una risposta a ciò che sta accadendo nel nostro Oriente, sia come sfide che difficoltà, ovvero una questione di vita o di morte per il nostro popolo.

Il processo di pace ostacolato in Terra Santa, costituisce un impedimento maggiore all’evoluzione della nostra società, in generale, e della situazione dei cristiani in particolare. E’ tempo di procedere alla soluzione del problema palestinese di maniera equa ed accettabile. Ora, questo non è possibile se non attraverso degli sforzi autentici da parte della comunità internazionale e delle grandi potenze, a condizione che le posizioni di queste forze siano giuste e neutrali. Nell’assenza di una soluzione saremo alla mercé dei colpi di vento in Terra Santa, in Medio Oriente e nel mondo intero.

L’instabilità tocca tutto il mondo, ma più particolarmente i cristiani: in primo luogo perché si tratta di abitanti che si associano tra loro nell’angoscia che avvolge tutta la società e perché sono essi stessi allo stesso tempo vittime di questo stato in quanto cristiani, così come ha dichiarato nel suo discorso S.A.R. l’Emiro Ghazi. Facciamo notare che tutti gli avvenimenti che hanno interessato la regione, hanno avuto un effetto negativo, in particolare per i cristiani (Iraq, Siria, Egitto, Libano, Palestina). Questi ultimi si sentono particolarmente presi di mira e ciò fa crescere il timore nei cuori e li porta quindi ad emigrare malgrado tutte le rassicurazioni che giungono da diverse parti.

In Terra Santa, a Gerusalemme in particolare, dove continua il processo di giudaizzazione, come anche la costruzione di agglomerati, dobbiamo segnalare con dolore che la nostra catastrofica situazione non preoccupa più né la comunitàinternazionale, né i paesi arabi islamici, perché adesso l’attenzione è rivolta al penoso conflitto siriano o alla problematica situazione in Egitto. Discorsi e promesse non sono affatto sufficienti, sia che provengano dalla parte araba, islamica o dalla parte occidentale. La gente, avendo perso la propria fiducia in queste promesse, sogna di emigrare all’estero, per scappare ad una situazione che non può più sopportare. Più rimorsi nel caso di vendita di abitazioni, di proprietà, ereditate dai nostri antenati, un mezzo per assicurare il processo di emigrazione, fuggendo dal paese verso altri orizzonti. L’Oriente arabo, privo dei cristiani, non è l’Oriente che noi conosciamo, che noi amiamo.

Il vecchio discorso, in effetti, non è più adatto ad un presente con forze anacronistiche. Ricorrere ad un discorso basato sul passato, senza toccare i problemi dei tempi moderni, non è più accettabile. Ascoltare in stanze chiuse dei discorsi sulla tolleranza, l’accettazione dell’altro, ma senza dichiararlo apertamente e pubblicamente, non è più accettabile, non lo è più. Il cristiano è fratello del musulmano ed il musulmano è fratello del cristiano. Ecco il messaggio di Amman che si dovrà trasformare in realtà nei curricula pedagogici, nei discorsi religiosi, come anche nei media religiosi.

Numerosi sono coloro che vivono il loro presente attraverso il passato, perché il loro passato è divenuto il sogno del futuro. Il trattato di Muawiya, l’onorevole patto di Omar, i versetti coranici, tutto ciò non ci aiuta più in ciò che fa nascere l’inquietudine nei cuori di numerosi responsabili cristiani e musulmani. Questa inquietudine ha spinto Sua Maestà il Re Abdallah II, guardiano di Terra Santa, ad una tale iniziativa e noi l’abbiamo ben accolta. Sosteniamo gli sforzi di Sua Maestà di incoraggiare i nostri fedeli, un modesto tentativo di dissipare la paura nei cuori, di evitare la futura emigrazionedegli abitanti e della classe intellettuale e di risvegliare la coscienza in chi ha nelle sue mani il destino delle masse. Da qui proviene l’importanza del nostro incontro.

E’ certo che l’elemento della religione che ci unisce – i cristiani del Medio Oriente con l’Occidente – non può servirci da scusa di fronte a nessuno per collegare i cristiani d’Oriente alla politica dell’Occidente e ai suoi interessi.

Ciò che ci unisce all’islam, con tutto ciò che comporta come dei versetti che invitano alla fraternità, citando dei testi presi dal vangelo o dal Corano, non ci protegge più di fronte al fanatismo cieco di alcuni gruppi estremistici che non conoscono alcuna misericordia e che non mettono termine alla sofferenza del cristiano. Inoltre il silenzio dell’islam moderato e razionale, ma senza alcuna influenza sul corso degli avvenimenti, ci pone in uno stato di panico.

Tuttavia spetta a noi affrontare queste correnti estremistiche con coraggio e chiaroveggenza, per mezzo di un piano pedagogico sano, evidenziando gli aspetti positivi dell’islam, della cristianità e del giudaismo, al fine di permettere l’emergere di una nuova generazione, favorevole ad un’apertura di spirito e ad un’accettazione dell’altro. E’ più importante creare un’opinione pubblica che si opponga a queste correnti, che le isoli, che limiti la loro influenza, la loro presa sulla società. In questo contesto i media giocano un ruolo pioniere. E’ necessario adottare un piano di lavoro serio per affrontare queste correnti estremistiche, per il benessere della società in generale e la sicurezza e la stabilità dei cristiani in particolare, al fine di incoraggiarli a contribuire realmente ed effettivamente a fondare una società lontana dalla marginalizzazione.

A noi, dignitari religiosi, cristiani e musulmani, spetta di sapere come sostenerci spiritualmente e socialmente per affrontare la ricchezza della civilizzazione occidentale, vedere i suoi pericoli, ed anche le ondate della violenza e dell’estremismo religioso.

Una visione dei grandi capitali che si riversano sull’altare delle guerre civili per degli interessi mondani, ci invita a porci la domanda alla quale non c’è risposta: perché questo colossale spreco? Perché non spendere questi fondi per Al Quds, le sue istituzionie i suoi cittadini, costruendovi ad esempio delle abitazioni? Perché? Perché?…

Nonostante le sfide, continueremo a vivere nella speranza. Le nostre comunità sono capaci di prendere in mano le proprie sorti, ed anche di costruire una società solidale, ponendo la vita comune in testa alle sue priorità. Ora, questo non succede spontaneamente, ma richiede un’azione metodica a tutti i livelli.

Miei cari ascoltatori,

Il tempo alla fine passa velocemente, gli avvenimenti anche precipitano. Lavoriamo per un avvenire migliore per i nostri figli – un avvenire dove ciascuno di noi si senta rassicurato, per quanto riguarda la sua persona, la sua famiglia, le sue proprietà, la sua religione ed i suoi santuari…

+ Fouad Twal, Patriarca latino di Gerusalemme 

(Fonte: Patriarcato latino di Gerusalemme,10/09/2013)

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ZENIT Staff

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