Fra i 16 documenti del Concilio Vaticano II (1962-1965), il più breve ma il più rivoluzionario è la Nostra Aetate, che ha capovolto l’atteggiamento che il popolo cristiano e i missionari avevano di fronte alle religioni non cristiane: erano viste come le nemiche di Cristo da combattere, oggi le consideriamo una preparazione a Cristo, una ricchezza dei popoli che la Chiesa deve conoscere e accogliere con discernimento, se vuol essere veramente “cattolica”, cioè universale e rappresentare tutti i popoli del mondo.
La Nostra Aetate ha rivoluzionato specialmente la missione alle genti, anche se siamo ancora ai primi passi nella sua attuazione. Padre Franco Cagnasso, esperto di islam che ha studiato l’arabo ed è missionario in Bangladesh, dopo 18 anni alla guida del Pime (1983-2001, prima da vicario e poi da superiore generale), dà con il volume “Il Vangelo del dialogo – A cura di Sergio Bocchini” (Centro editoriale Dehoniano, Bologna 2013, pagg. 194) un contributo interessante e importante di esperienza personale in un paese islamico, ma avendo visitato decine di altri paesi con altre religioni. Il sottotitolo del libro (Riflessioni di un missionario a 50 anni dal Concilio) ne chiarisce meglio i contenuti. Il Concilio e la prima enciclica di Paolo VI (Ecclesiam suam, 1964) hanno lanciato il “dialogo” per orientare la missione primaria della Chiesa, annunziare Cristo ai non cristiani, in modo diverso dal passato: non solo annunzio, proclamazione della salvezza in Cristo, ma anche dialogo con tutti gli uomini ai quali la missione trasmette la Buona Notizia. Padre Franco, mezzo secolo dopo, esprime le sue riflessioni ed esperienze con “Il Vangelo del dialogo”.
Non quindi un libro di riflessioni teologiche o di inquadratura sistematica dei problemi che il dialogo ha suscitato e suscita nelle missioni e giovani Chiese, ma una testimonianza di Vangelo annunziato secondo la sua esperienza, di lui, che ha preso sul serio la formula del “dialogo”. Tratta tutti i temi della missione alle genti, ma nello spirito del “dialogo”, perché la sua vita missionaria è stata ed è questa. Tra l’altro, in Bangladesh padre Franco è stato padre spirituale e insegnante di teologia nel seminario maggiore di tutte le diocesi bengalesi e ha contatti di amicizia con musulmani, indù e buddisti locali, trovando anche il tempo, e gli aiuti economici, per “sporcarsi i sandali” aiutando i poveri senza idealizzarli o umiliarli ed esercitando la missione fra gli immigrati da ogni parte del paese a Dacca. Ha contribuito alla fondazione di un Centro pastorale (futura parrocchia) all’estrema periferia della metropoli, che conta 14-16 milioni di cittadini fra i quali anche molti giovani tribali convertiti a Cristo nei loro villaggi e che poi, nella grande capitale, rischiano di perdere la fede se non trovano una chiesa, un prete una suora pronti ad accoglierlo.
Il libro è interessante perché aiuta a capire e seguire la vita e la mentalità di un missionario figlio del Concilio in azione sul campo. Mi pare che queste “riflessioni a 50 anni dal Concilio” indichino una direzione ben precisa. Noi missionari abbiamo soprattutto in mente che la nostra missione è di annunziare Cristo, testimoniare Cristo, convertire a Cristo, fondare la Chiesa. Partiamo dal Vangelo, dalla Chiesa, dalla Tradizione missionaria, per scendere agli uomini e donne non cristiani, con i nostri duemila anni di cristianesimo e di cultura teologica. Poi, il missionario conosce le sue “pecorelle”, si impegna ad aiutare i poveri, esercita la sua missione con tutti gli strumenti di cui dispone, catechesi, Sacramenti, lettura e meditazione della Parola di Dio, carità, formazione, ecc.
Franco Cagnasso, nello spirito del dialogo, rendendosi conto dell’abisso di incomprensione che esiste fra lui e i bengalesi, non solo per la lingua ma in ogni aspetto della vita, illustra un altro tipo di approccio: lui parte dall’uomo concreto, che in Bengala è così diverso dall’italiano! Vuole conoscerlo anche nella sua fede islamica, amarlo, capirlo, condividere i suoi problemi e le sue difficoltà ed entrare in dialogo amichevole con lui, apprezzando i suoi valori umani e religiosi, per poter capire ed essere capito. Naturalmente rimanendo ben attaccato alla fede in Cristo Salvatore e al motivo per cui il Pime (cioè la Chiesa) l’ha inviato missionario in Bangladesh, ma aprendosi anche all’altro e alle diverse esperienze umane e spirituali di fratelli e sorelle nati in un popolo non cristiano.
L’approccio è diverso e scorrendo queste pagine mi rendo conto della complementarietà dei due approcci. Non sono alternativi, ma complementari e ambedue necessari. Non è sempre facile viverli assieme, ma si arricchiscono a vicenda. Per questo il volumetto di padre Franco Cagnasso merita di essere letto e anche meditato, perché ci sono pagine davvero commoventi e convincenti, che aprono il cuore e la mente a comprendere le “meraviglie dello Spirito Santo”, sempre in azione in tutti gli uomini e tutti i popoli, anche quando noi non ce ne accorgiamo.
Termino con due righe di “fuori onda”, come si dice. “Il Vangelo del dialogo – Riflessioni di un missionario a 50 anni dal Concilio” mi ha interessato molto perché conosco l’amico padre Franco e il Bangladesh (ho scritto nel 2009 “Missione Bengala”, la storia del Pime in questo paese), ma anche perché proprio nel giugno 2013 (senza sapere l’uno dell’altro) la Emi pubblicava il mio ultimo libro: Missione senza se e senza ma – La missione alle genti dal Concilio Vaticano II a Papa Francesco (Emi, 2013, pagg. 250), che rappresenta l’approccio tradizionale della Missio ad gentes. Padre Franco fa riflessioni e riporta la sua esperienza di missionario che crede nel dialogo; io racconto la storia della missione alle genti negli ultimi 50 anni e dimostro, con dati concreti, che la missione alle genti non è affatto al tramonto, ma ha un grande futuro. “L’attività missionaria è solo agli inizi”, si legge nella Redemptoris Missio (n. 30).
Molti non ci credono, ma leggendo l‘opera di padre Franco potranno convincersi meglio di questo. E forse, ma Dio solo lo sa, il futuro della missione sarà proprio verso questa direzione del “dialogo”, poichè lo Spirito non cessa mai di stupire e di inventare, lungo la storia dell’umanità formule nuove, “dummodo Christus annuntietur” scrive San Paolo, “purchè Cristo sia annunziato” (Fil. 1, 8).
(Articolo tratto dal blog “ARMAGHEDDO. L’attualità vista da padre Piero Gheddo, missionario-giornalista”. L’indirizzo del sito ufficiale di padre Gheddo è http://www.gheddopiero.it/)