Giovanni XXIII, una santità tra obbedienza e pace

Roncalli scelse come motto episcopale “Oboedientia et pax”, parole che il cardinale Cesare Baronio ripeteva sempre

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Don Angelo Giuseppe Roncalli in una lettera del 10  gennaio 1907 al chierico bergamasco don Gustavo Testa, che stava a Roma, da Bergamo scriveva: «La prima volta che ti recherai a San Pietro, bacerai il piede della famosa statua per me, e dirai le parole che nel compiere quell’atto devoto ripeteva sempre il cardinal Baronio: Oboedientia et pax». Di nuovo affermava: «Quelle sue parole: Pax et oboedientia, assumono dinanzi a me un altissimo significato e, se io non m’inganno, illuminano e spiegano assai bene tutta la sua vita».  

L’«altissimo significato» di tale espressione del cardinal Cesare Baronio è testimoniato proprio dal fatto che diventerà non solo il motto prima del vescovo, poi del cardinale Giovanni Roncalli e, infine, del papa Giovanni XXIII, ma il riferimento constante della sua spiritualità e scelte. Così, dopo che il 17 febbraio 1925 il cardinale Pietro Gasparri gli annunciò la sua nomina a visitatore apostolico in Bulgaria e conseguente elevazione alla dignità vescovile, durante gli esercizi in preparazione alla consacrazione episcopale – che si svolse nella Chiesa di San Carlo al Corso in Roma – monsignor Angelo Roncalli scrisse nel Giornale dell’anima: «La Chiesa mi vuole vescovo, per mandarmi in Bulgaria, ad esercitare, come Visitatore Apostolico, un ministero di pace. Forse sulla mia via mi attendono molte tribolazioni. Con l’aiuto del Signore mi sento pronto a tutto. Non cerco, non voglio la gloria di questo mondo; l’aspetto molto grande nell’altro […] Metto nel mio stemma le parole “Oboedientia et pax”, che il padre Cesare Baronio pronunciava tutti i giorni baciando in San Pietro il piede dell’Apostolo. Queste parole sono un po’ la mia storia e la mia vita. Oh, siano esse la glorificazione del mio povero nome nei secoli». 

In esse ritroviamo la linea di condotta per l’indizione del concilio Vaticano II – come obbedienza allo Spirito Santo e alla fede della Chiesa -, ma anche dell’importante enciclica Pacem in terris pubblicata l’11 aprile 1963, ossia poco prima della morte sopravvenuta il 3 giugno del medesimo anno, lo stesso giorno in cui nel 2010 diede la sua testimonianza di fede monsignor Luigi Padovese, ucciso proprio in quella terra di Turchia in cui monsignor Roncalli fu delegato apostolico per dieci anni, ossia dal 1934 al 1944.  

La giovanile relazione sul cardinal Baronio in cui il futuro Pontefice si ispira alla Pascendi di Pio X, ma anche propone altre acquisizioni, mostra non solo l’origine del suo motto Oboedietia et pax, ma anche come siano riduttive espressioni secondo le quali con il concilio Vaticano II papa Giovanni XXIII recepì ciò che precedentemente era stato condannato, quali ad esempio le esigenze espresse nel Sinodo di Pistoia oppure il modernismo: il cambiamento di contesto storico e la riformulazione di certe richieste faceva sì che il tutto assumesse cambiamenti tanto impercettibili, quanto sostanziali.    

Estratto da Pietro Messa, Il motto di Giovanni XXIII: obbedienza e pace, in Forma Sororum 50 (2013), p. 250-253 (cf. http://www.clarissecdp.it).

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ZENIT Staff

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