Ernest Hemingway, che aveva combattuto in Italia nella Prima Guerra Mondiale, trovandosi a Parigi udì un meccanico rimproverare il suo apprendista, coetaneo dello scrittore, dicendogli: “Voi siete una 'génération perdue'.”
Da allora questa espressione designò quanti avevano trascorso la loro gioventù a combattere, e non riuscivano più a vivere nella pace: una pace comunque illusoria, che di lì a poco sarebbe stata di nuovo travolta.
Il Papa incontrando oggi i giovani a Rio de Janeiro, usa la stessa espressione riferendosi alla loro condizione di oggi: una generazione che rischiamo di perdere essendo coinvolta nell’equivalente economico di una guerra.
Il riferimento del Papa a questa condizione drammatica non costituisce soltanto una prova ulteriore della sua sensibilità sociale e della capacità di cogliere la realtà in cui Francesco deve governare la Chiesa.
Si tratta in realtà di molto di più: la disoccupazione giovanile non è considerata dal Vescovo di Roma soltanto come un problema della società, sia pure così grave che i Cristiani non possono dimostrarsi dinnanzi ad esso indifferenti.
La perdita di una intera generazione costituisce anche – qui è la grande novità contenuta nel discorso del Papa – un problema della stessa Chiesa.
Il lavoro ha infatti un valore spirituale, costituendo l’adempimento dell’ordine impartito da Dio all’uomo di continuare l’opera della Creazione.
Se dunque si impedisce all’uomo di lavorare si offende Dio, e si mette in discussione l’ordine da Lui voluto.
Naturalmente nessuno, almeno ufficialmente, si compiace per la mancanza di occupazione, che viene anzi deprecata da tutti.
Ci si divide però sul modo in cui combattere questa piaga.
Dilma Rousseff, presidente del Brasile, formata nella lotta clandestina contro la dittatura militare e chiamata da “Lula” Da Silva a succedergli nella guida del grande Paese è tra i Capi di Stato dell’America Latina che più energicamente rifiutano le ricette economiche degli organismi finanziari internazionali, da cui – come possiamo constatare anche in Europa, e in particolare in Italia – la disoccupazione non viene diminuita, ma anzi costantemente aumentata.
Nel porgere il suo benvenuto al Papa, la Presidente ha voluto esporre dettagliatamente il programma del suo Governo, come a voler proclamare che una diversa politica economica è non soltanto possibile, ma anche necessaria e doverosa se si tiene a cuore il vero interesse del popolo e della Nazione.
Il Pontefice ha accompagnato il discorso di Dilma Roussef con eloquenti segni di assenso, che il primo piano televisivo ha reso visibili in tutto il mondo.
Partendo dunque da un postulato di principio collocata nella teologia morale, il Papa schiera dunque decisamente la Chiesa Cattolica in un contenzioso politico destinato ad inasprirsi dovunque nell’immediato futuro, e che con ogni probabilità avrà importanti conseguenze sulla situazione interna delle nostre Nazioni. Facendo espressamente della disoccupazione giovanile una quaestio stantis vel cadenti Ecclesiae, Francesco compie una scelta portatrice di conseguenze storiche enormi e ancora difficili da prevedere: i Governi, compreso il nostro devono agire in funzione dell’occupazione, e non in funzione dell’adempimento di imposizioni che possono soltanto accrescere la disoccupazione e la miseria.
Il Papa si mette alla testa della gran parte dell’umanità ben rappresentata dalle popolazioni dei Paesi in sviluppo, ma comprendente una parte sempre più grande delle nostre stesse Nazioni, mostrandosi ben cosciente del fatto che tutto costoro possono prima o poi perdere la pazienza.
L’allora cardinale Bergoglio – proprio ad Aparecida, in Brasile, dove attualmente si trova in visita – redasse nel 2007 il documento conclusivo della Conferenza degli Episcopati dell’America Latina.
In quel testo, che ora ispira gli orientamenti pastorali del nuovo pontificato, la causa della pace veniva identificata con quella della giustizia.
Si viene precisando il legame che unisce Lampedusa con Rio de Janeiro, le masse di diseredati che approdano in Europa e le moltitudini di giovani che cercano nelle parole del Papa un motivo di speranza: siamo tutti impegnati nella stessa lotta, e non è possibile la salvezza degli uni senza la salvezza degli altri.