Durante la seconda guerra mondiale i nazionalisti ucraini si sono alleati con i nazisti per creare uno stato ucraino che allora non esisteva (la parte occidentale dell’odierna Ucraina faceva parte dello stato polacco).
Purtroppo, nelle menti degli estremisti il nuovo stato doveva essere solo per gli ucraini, senza minoranze etniche. Per eliminare i non-ucraini, prevalentemente polacchi, si scatenò nella zona di Volyn, ma non soltanto, una persecuzione che causò decine di migliaia di morti. Il culmine della mattanza fu la domenica dell’11 luglio.
Quest’anno si è celebrato il 70° anniversario del genocidio di Wolyn. Il 28 Giugno 2013 è stata firmata una dichiarazione congiunta delle Chiese cattoliche e greco-cattoliche in Polonia e Ucraina sul perdono dei crimini di Volyn.
Per saperne di più ZENIT ha intervistato mons. Jozef Michalik, arcivescovo di Przemysl dei Latini, presidente della Conferenza Episcopale Polacca.
La Chiesa in Polonia ha partecipato attivamente alla celebrazione del 70 ° anniversario dello sterminio dei polacchi in Ucraina. Questi eventi drammatici sono quasi del tutto sconosciuti all’opinione pubblica mondiale. Potrebbe spiegare quello che è successo in Ucraina in quei tragici anni della seconda guerra mondiale?
Arcivescovo Jozef Michalik: Non è possibile capire i fatti di 70 anni fa senza ricordare la storia. Nel periodo tra le due guerre mondiali l’Ucraina come stato non esisteva e una parte dell’odierna Ucraina faceva parte della II Repubblica Polacca. Nel 1929, in quella zona nacque l’Organizzazione dei Nazionalisti Ucraini (ONU), che si poneva come obiettivo a lungo termine la creazione di uno stato ucraino indipendente.
Purtroppo, l’Organizzazione dei Nazionalisti Ucraini adottò l’idea di uno stato solo per gli ucraini (basato sulle idee di Dmytro Dontsov), in cui non ci sarebbe posto per i cittadini di altre nazionalità (nel 1939 nella regione di Volyn i polacchi rappresentavano circa il 10-15% della popolazione, ma c’erano anche ebrei, cechi e armeni). Disastrosa fu anche l’accettazione da parte dei nazionalisti ucraini del metodo dell’”uso creativo della violenza” e il riferimento al cosiddetto “Decalogo del nazionalista”, che fu una negazione del Decalogo cristiano.
La politica dei fanatici nazionalisti ucraino ha portato allo sterminio dei Polacchi a Volyn?
Arcivescovo Jozef Michalik: Lo stermino dei Polacchi a Volyn fu il risultato di un lungo processo e fu preparato molto prima dell’anno 1943. Già dal 1941 ci sono state le richieste affinché la popolazione ucraina (che è in questa zona era in maggioranza) risolvesse definitivamente il problema delle minoranze, tra cui anche quella polacca. E questo crescendo di odio ha rovinato i buoni rapporti tra i vicini.
Cosa è successo esattamente nel 1943?
Arcivescovo Jozef Michalik: Nel mese di febbraio del 1943 durante la terza conferenza dell’Organizzazione dei Nazionalisti Ucraini fu deciso di “rimuovere” tutti i non-ucraini, che abitavano le terre considerate ucraine, tra cui Volyn. Già il 9 febbraio i nazionalisti uccisero 155 polacchi nel villaggio Parośla. Durante l’estate del 1943 sulla zona di Volyn si sono avute due ondate di omicidi in 99 città.
La domenica dell’11 luglio fu il culmine della carneficina (da qui la data dell’anniversario dello sterminio dei polacchi in Ucraina). In totale, circa 60 mila polacchi furono massacrati (secondo altri storici, il numero degli uccisi raggiunse la cifra totale di 120 mila), tra cui moltissimi bambini.
Secondo gli storici ucraini i polacchi uccisi furono 40 mila. Vennnero uccisi anche molti ucraini, che cercavano di salvare i vicini polacchi, li aiutavano e li avvisavano del pericolo .
Purtroppo, i massacri dei polacchi, non finirono nel 1943…
Arcivescovo Jozef Michalik: La storia si è ripetuta nel 1944 nella Piccola Polonia Orientale (allora Galizia, oggi parte occidentale dell’Ucraina e parte orientale della Polonia). Gli storici dicono che le banda degli ucraini assassinarono almeno 35.290 polacchi. Come si può vedere il numero delle vittime in questa zona è più basso, perché qui i polacchi facevano molta più resistenza con la conseguenza che furono uccisi anche molti ucraini.
Per questo motivi gli ucraini spesso parlano dei migliaia di loro connazionali uccisi dai polacchi…
Arcivescovo Jozef Michalik: Furono i tempi disumani di guerra e di conflitto nazionale che portavano con sé grandi tragedie e drammi. Il tentativo di sterminare i polacchi in questa regione fece sì che anche i polacchi – per difesa, per ritorsione o per vendetta – uccisero molte migliaia di ucraini. Inoltre, parlando oggi di quei terribili eventi non possiamo mai dimenticare molti ucraini furono ammazzati dai connazionali perché aiutavano i loro vicini polacchi. Queste persone sono la gloria dell’Ucraina perciò dobbiamo parlarne e ringraziare Dio per la loro testimonianza.
Il genocidio dei polacchi da parte dei nazionalisti ucraini pesa sulle relazioni tra le due nazioni?
Arcivescovo Jozef Michalik: Essendo consapevoli di questo problema dobbiamo approfondire la conoscenza di questi eventi, perché solo la verità può portare al perdono reciproco. E’ quindi necessario che i politici e l’opinione pubblica facciano lavorare insieme storici polacchi e ucraini. Senza questo comune desiderio di conoscere e riconoscere la verità sugli eventi di Volyn, si rimane nella convinzione che l’altra parte vuole “discolparsi” e scaricare su di noi le ragioni del crimine.
Tra i miei amici che sono sopravvissuti negli anni drammatici in queste aree c’è il prof. Gabriel Turowski, amico e medico di Karol Wojtyla, poi Papa Giovanni Paolo II. Turowski, da giovane, ha vissuto il periodo della guerra in Monasterzyska e fu testimone dei crimini contro i polacchi. Ma il fatto che più rimane nella sua memoria fu il massacro dei polacchi nel vicino villaggio, Krościatynie, da parte degli ucraini guidati da un prete greco-cattolico, un certo Pałahycki. La Chiesa greco-cattolica dovrebbe fare l’esame di coscienza per i crimini commessi?
Arcivescovo Jozef Michalik: Tutti devono fare un esame di coscienza. Volevo ricordare che i quattro metropoliti hanno firmato la Dichiarazione di riconciliazione. Dobbiamo onorare tutte le vittime dei fatti di Volyn e dobbiamo trovare il coraggio di ammettere le nostre colpe e fare di più: perdonare le colpe, perché questo è il dovere del cristiano, ma è anche una prova della nostra fede .
Come sono stati i rapporti tra la Chiesa cattolica polacca e la Chiesa greco-cattolica dopo la guerra?
Arcivescovo Jozef Michalik: La storia di riconciliazione tra la Chiesa cattolica in Polonia e la Chiesa greco-cattolica in Ucraina è iniziata già alla fine della guerra: nel 1945 il cardinale August Hlond incontrò a Roma presso il Collegio S. Giosafat, il vescovo greco-cattolico Ivan Buczko.
Il 27 giugno 2001 a Lviv (Leopoli), in occasione della visita di Papa Giovanni Paolo II, il cardinale. Lubomir Husar, Arcivescovo Maggiore di Lviv, si scusò per le colpe storiche dei suoi fedeli.
Il 19 giugno 2005, a Varsavia, poi a Leopoli il 26 giugno ha avuto luogo un solenne atto di riconciliazione ed è stata pubblicata una lettera congiunta. Quest’anno, il 28 Giugno 2013, per iniziativa dell’arcivescovo greco-cattolico Sviatoslav Shevchuk, Arcivescovo Maggiore di Kyiv-Halicz, e la Conferenza dell’Episcopato Polacco è stata preparata e firmata una dichiarazione congiunta delle Chiese cattoliche e greco-cattoliche in Polonia e Ucraina sul perdono dei crimini di Volyn. Questa dichiarazione è stata letta nelle nostre chiese con lo scopo pastorale di raggiungere le coscienze dei fedeli.
I gesti di riconciliazione fatti dalle Chiese in Polonia e in Ucraina sono molto importanti. Ma essi possono controbilanciare
certe azioni preoccupanti di alcuni ambienti nazionalistici ucraini radicali (per esempio: nel 1992 è stato pubblicato in Ucraina un libro dei canti, con un ritornello cantato durante la guerra dai poliziotti ucraini che cooperavano con i nazisti e i banditi dell’Organizzazione dei Nazionalisti Ucraini: “La morte, la morte, la morte ai polacchi; la morte al comunismo ebraico-moscovita”)?
Arcivescovo Jozef Michalik: La cosa più importante è la capacità di trarre lezioni per il futuro dalla nostra drammatica storia e la volontà di ripudiare ogni tipo di provocazioni da parte dii alcune persone o gruppi, che purtroppo, si fanno ancora sentire. Da qualche parte dentro le nostre società, sotto la cenere può covare ancora un fuoco sinistro. Tutto il mondo dovrebbe esserne consapevole perché oggi non è lecito tollerare il fuoco dell’odio.