[La prima parte è stata pubblicata ieri, martedì 23 luglio]
In che modo, visitando la stanza da letto dei coniugi Chesterton, potremo incontrare il “cielo”, di cui parla il titolo della mostra?
Andrea Monda: Può sembrare paradossale (ma con Chesterton questo è il minimo) ma i visitatori della mostra incontreranno il cielo nelle altre stanze (nello studio, per esempio, che è questa grande finestra aperta sul mondo e sul cielo) ma non nella camera da letto che è il luogo dove non è vero che “si tocca il cielo con un dito” ma si tocca l’altro, facendo esperienza dell’alterità nella maniera più integrale, globale. È un luogo buono per un duello (cos’altro è la meravigliosa avventura del matrimonio?) piuttosto che per stare a vedere le stelle, la camera da letto è poi un’apertura alla vita e quindi prevede una nursery, perché il numero 2 (la coppia) si apre alla progenie, al dono di un erede alla terra. Il soffitto della stanza da letto quindi non è sfondato, ma anzi diventa una sfondo, perché il sogno proibito di Chesterton era quello di fare disegni sul soffitto rimanendo sdraiato a letto nel nome del vero otium creativo, il momento in cui dare sfogo alla fantasia più creativa».
L’opera chestertoniana più influente ai fini della mostra è senz’altro Uomo vivo, di cui al Meeting sarà portata in scena una riduzione teatrale. Questo abbinamento non ci sembra affatto causale… C’è un legame tra la mostra e lo spettacolo?
Annalisa Teggi: La casa, ancora una volta, è il nesso. Innocent Smith, l’Uomovivo, è l’uomo più eccentrico che si possa immaginare… proprio perché non è un uomo senza un centro. Spesso si sente dire che una persona si concede un viaggio «per trovare se stessa», come se l’evasione dalla routine possa di per sé essere un modo per scoprire autenticamente se stessi. E’ vero il contrario, scopre l’uomo vivo Smith: un uomo non vuole perdersi nel mondo, ma vuole essere trovato da qualcuno. E perciò lui fa l’eccentrico: fa il giro del mondo per ritrovare casa sua e fa il ladro per rubare in casa sua. Ogni azione bizzarra del signor Smith ha come centro la propria casa (o chi abita nella casa) e sono tutte imprese «rivoluzionarie» per non dimenticarsi che quelle quattro pareti non sono una trappola o «il grigio domestico», ma sono il fortino di famiglia – le solide mura che, abbracciando l’umano, fanno resistenza a quella che di recente il Papa ha definito (con un’espressione che a sua volta ha fatto subito il giro del mondo) la “globalizzazione dell’indifferenza”.
Chiudiamo parlando della personalità di Chesterton e del suo sguardo profetico: se lo scrittore fosse vissuto nel XXI secolo e non nel precedente, come commenterebbe la realtà del nostro tempo?
Annalisa Teggi: È vero, la parola «profetico» sembra perfetta per Chesterton: frequentemente capita di leggere saggi, articoli o anche poche righe scritte da lui un secolo fa e vedere che sono un giudizio sulla contemporaneità ben più acuto di ciò che sentiamo dire da molti esperti del nostro tempo. Ma la parola «profetico» può essere usata con Chesterton solo in modo paradossale. Chesterton resta attuale, perché è originale. Ha guardato così distintamente e a fondo il suo tempo, da finire per guardare addirittura indietro… e indietro fino all’Origine. Chesterton ha guardato così bene (con l’occhio della ragione e dell’immaginazione) l’uomo comune del suo tempo, da ritrovare alle sue spalle l’Uomo Eterno: nel passato più remoto del mondo ha trovato la Novità, o Buona Novella, che la maggior parte della gente cerca a tentoni sperando astrattamente, genericamente in un futuro migliore. Il meglio è già accaduto, quando Dio disse della Creazione che era una cosa buona e quando suo Figlio spalancò le braccia in Croce, affinché ogni uomo si potesse spalancare pienamente alla vita. Questa è la novità, fissando la quale ogni uomo può confrontarsi col presente e inoltrarsi coraggiosamente in tutto ciò che sarà. A questa novità Chesterton ha dato voce sempre, l’ha sempre riverberata con ironia e carità, dibattendo con uomini dallo spessore intellettuale di Bernard Shaw, ma anche trovandosi ad ascoltare grandi verità pronunciate da un semplice cameriere. E per questo continua a esserci compagno di strada anche a un secolo di distanza: se Chesterton risulta chiaroveggente, lo è perché ci vide davvero chiaro, fissando la luce che sta alle nostre spalle e sgorga dal principio originale di tutte le cose.