Per un uso della tecnologia responsabile ed etico

Intervento di mons. Silvano Tomasi, osservatore della Santa Sede presso le Nazioni Unite, a Ginevra per il Segmento ad alto livello 2013 del Consiglio economico e sociale

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Riprendiamo in traduzione italiana l’intervento tenuto il 4 luglio scorso a Ginevra, in Svizzera, dall’Arcivescovo Silvano M. Tomasi, Osservatore Permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite e Istituzioni Specializzate a Ginevra, durante il Segmento ad alto livello 2013 del Consiglio economico e sociale:

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Signor Presidente,

la comunità internazionale sta cercando nuovi modelli di sviluppo, capaci di combattere con maggiore efficacia la povertà e migliorare la qualità di vita. In questa importante sessione dell’ecosoc, «Scienza, tecnologia e innovazione, e il potenziale della cultura per promuovere uno sviluppo sostenibile» sono stati scelti come strumenti per una riforma sistemica e come modo nuovo per avanzare. Non vi è alcun dubbio che la scienza, la tecnologia e l’innovazione (Sti) sono elementi chiave delle conquiste generali dello sviluppo umano. Hanno aiutato molte aree del mondo a crescere considerevolmente e a occupare il proprio posto nel contesto globale. La scoperta di nuovi farmaci, per esempio, ha allungato la vita media di intere regioni e ha dato l’immunità contro malattie contagiose. Il progresso di tipo meramente economico e tecnologico non è però sufficiente. «Bisogna che lo sviluppo sia anzitutto vero e integrale» (Benedetto XVI, Caritas in veritate, n. 23), così da abbracciare tutte le aspirazioni della persona umana, che rimane la sua migliore risorsa e il suo indispensabile protagonista.

Scienza, tecnologia e innovazione sono dimensioni fondamentali della conoscenza umana e del progresso. Allo stesso tempo recano in sé un’ipoteca sociale che trova espressione nella solidarietà con gli individui e i Paesi più poveri e in uno stile di vita basato su relazioni umane che hanno la precedenza sui meccanismi tecnici, per quanto questi possano essere utili. L’importanza della cultura si basa sul fatto che essa parla dell’intelligenza di esseri razionali, la quale li rende capaci di comprendere e ordinare il mondo che li circonda. Inoltre, la conoscenza è il risultato di una quantità incredibile di osservazioni, analisi e riflessioni accumulate nei secoli e diventate patrimonio comune. Per questo le leggi sulla proprietà intellettuale tutelano un’opera d’ingegno solo per un periodo di tempo concordato, dopo il quale diventa pubblica e resta al servizio di tutti.

Certamente la scienza e la tecnologia sono strumenti di cambiamento potenti. Negli ultimi decenni internet ha creato una vera rivoluzione. Ogni giorno vi viene immessa una quantità sempre crescente di documenti informativi, statistiche ed espressioni artistiche, che per la maggior parte possono essere consultati gratuitamente. Tuttavia, la diffusione di dati e informazioni per mezzo delle tecnologie informatiche non può essere equiparata automaticamente a una trasmissione della conoscenza, la cui modalità oggi svolge un ruolo più che mai importante. Di fatto, la cultura umana esprime il modo in cui viviamo insieme come esseri umani. Senza cultura nessuno può accedere al pieno possesso di facoltà come la parola, la ragione e perfino la libertà («È proprio della persona umana il non poter raggiungere un livello di vita veramente e pienamente umano se non mediante la cultura, coltivando cioè i beni e i valori della natura. Perciò, ogniqualvolta si tratta della vita umana, natura e cultura sono quanto mai strettamente connesse» [Concilio Vaticano II, Gaudium et spes, n. 53]). Non s’insisterà mai abbastanza sull’importanza della cultura quale veicolo della nostra comune umanità. Il rapporto tra cultura e sviluppo deve quindi essere contemplato in modo dialettico e non deterministico. Di fatto, i cambiamenti culturali sono sia una causa sia un effetto dei cambiamenti sociali ed economici. La cultura comprende tanto il sistema dei valori, delle norme e delle preferenze, quanto il livello di conoscenza acquisito attraverso il sistema educativo.

Ne consegue che la cultura è una risorsa strategica per lo sviluppo umano efficace, che deve comprendere il miglioramento della dignità umana, della libertà individuale, sociale e politica, vale a dire dei diritti umani («In queste condizioni non stupisce che l’uomo sentendosi responsabile del progresso della cultura, nutra grandi speranze, ma consideri pure con ansietà le molteplici antinomie esistenti ch’egli deve risolvere […]. In qual modo promuovere il dinamismo e l’espansione della nuova cultura senza che si perda la viva fedeltà al patrimonio della tradizione? Questo problema si pone con particolare urgenza là dove la cultura, che nasce dal grande sviluppo scientifico e tecnico, si deve armonizzare con la cultura che, secondo le varie tradizioni, viene alimentata dagli studi classici» [Concilio Vaticano II, Gaudium et spes, n. 56]). Di fatto, la cultura non è solo fine a se stessa o diffusione di nuovi prodotti, bensì un modo per esprimere le relazioni interpersonali, che costituiscono la dimensione fondamentale degli esseri umani.

Anche se scienza, tecnologia e innovazione rientrano nel campo della conoscenza umana, non esiste tra loro un legame semplice e lineare. La tecnologia non è solo applicazione della scienza. «La tecnica permette di dominare la materia, di ridurre i rischi, di risparmiare fatica, di migliorare le condizioni di vita […]. La tecnica è l’aspetto oggettivo dell’agire umano» («La tecnica, è bene sottolinearlo, è un fatto profondamente umano, legato all’autonomia e alla libertà dell’uomo. Nella tecnica si esprime e si conferma la signoria dello spirito sulla materia. […]

La tecnica permette di dominare la materia, di ridurre i rischi, di risparmiare fatica, di migliorare le condizioni di vita. Essa risponde alla stessa vocazione del lavoro umano: nella tecnica […] l’uomo riconosce se stesso e realizza la propria umanità. La tecnica è l’aspetto oggettivo dell’agire umano, la cui origine e ragion d’essere sta nell’elemento soggettivo: l’uomo che opera» [Benedetto XVI, Caritas in veritate, n. 69]). È una conoscenza specifica che spiega come raggiungere un risultato oggettivo specifico. La differenza tra scienza e tecnologia è che di fatto le tecniche vengono incorporate in oggetti o procedure concreti. Pertanto, per sua stessa natura, la tecnologia tende a essere tutelata da leggi sulla proprietà intellettuale ed è così fonte di potere e di denaro. La ratio che sta dietro alla tecnologia, alla scienza e all’innovazione non è la stessa, e le politiche pubbliche dovrebbero evitare di equipararle.

Il rapporto del segretario generale delle Nazioni Unite su «Scienza, tecnologia e innovazione» giustamente conferma la loro importanza per lo sviluppo, dimostrata da forti testimonianze provenienti dall’economia dello sviluppo. Le politiche pubbliche dovrebbero alimentare la scienza e la ricerca, promuovere un ambiente favorevole allo sviluppo tecnologico e agevolare una cultura di innovazione. Anche la collaborazione tra il privato e il pubblico è gradita e necessaria per far fronte ai costi crescenti della ricerca e dell’innovazione. D’altro canto, non possiamo semplicemente presumere che scienza, tecnologia e innovazione porteranno automaticamente a crescite socio-economiche positive.

La tecnologia e l’innovazione non sono neutrali: i risultati che danno dipendono largamente dal fine per cui vengono utilizzate. Cosa ancora più importante, non dobbiamo arrenderci all’idea che la scienza contenga in sé un concetto di autodeterminazione, secondo cui ogni cosa che si riesce a fare può essere fatta. «Quando prevale l’assolutizzazione della tecnica si realizza una confusione fra fini e mezzi, l’imprenditore considererà come unico criterio d’azione il massimo profitto della produzione; il politico, il consolidamento del potere; lo scienziato, il risultato delle sue scoperte. Accade così che, spesso, sotto la rete dei rapporti economici, finanziari o politici, permangono incomprensioni, disagi e ingiustizie; i flussi delle conoscenze tecniche si moltiplicano, ma a beneficio dei l
oro proprietari, mentre la situazione reale delle popolazioni che vivono sotto e quasi sempre all’oscuro di questi flussi rimane immutata, senza reali possibilità di emancipazione» (Benedetto XVI, Caritas in veritate, n. 71).

Signor Presidente, emergono due conclusioni. Anzitutto c’è bisogno di un uso eticamente responsabile della tecnologia. In secondo luogo, nell’utilizzo della scienza, della tecnologia e delle innovazioni sono necessarie forme di solidarietà davvero favorevoli per i Paesi più poveri. In tal modo, la promozione della conoscenza scientifica nei Paesi in via di sviluppo e il trasferimento agli stessi delle tecnologie, diventa una componente morale del bene comune.

Spesso lo sviluppo dei popoli è considerato una questione di ingegneria finanziaria, liberalizzazione dei mercati, abolizione di tariffe, investimento nella produzione e riforme istituzionali; in altri termini, una questione puramente tecnica. Tutti questi fattori sono molto importanti, ma dobbiamo domandarci perché le scelte tecniche compiute finora hanno dato risultati piuttosto contrastanti. Dobbiamo riflettere in modo approfondito sulla causa. Lo sviluppo non verrà mai garantito pienamente attraverso forze automatiche o impersonali, sia che provengano dal mercato, sia che provengano dalla politica internazionale. «Lo sviluppo è impossibile senza uomini e donne retti, senza finanzieri e politici la cui coscienza sia sintonizzata con le necessità del bene comune».

La comunità internazionale sta entrando in una fase critica di ridefinizione dello sviluppo sostenibile nei suoi tre pilastri — economico, ambientale e sociale — come modo efficace per combattere la povertà e migliorare la vita delle persone in tutto il mondo. Investire nell’educazione e nell’innovazione apre il cammino verso un futuro di maggiore uguaglianza e prosperità, poiché ciò sostiene la crescita, l’impiego e la distribuzione, ma alla condizioneindispensabile che la persona umana, con la sua dignità, le sue aspirazioni e i suoi diritti fondamentali, venga posta al centro di tutte le politiche e i programmi.

(© L’Osservatore Romano 15-16 luglio 2013)

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ZENIT Staff

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