Lo scorso mese la Corte Suprema del Canada ha ascoltato un dibattito concernente le leggi sulla prostituzione. Su questa materia la Corte d’Appello dell’Ontario aveva precedentemente invalidato alcune le restrizioni alla normativa.
Contro questa sentenza l’Ontario era ricorso in appello e le autorità federali avevano anche argomentato contro i cambiamenti davanti alla Corte Suprema.
Prima della sentenza sulla prostituzione in Ontario, la prostituzione non era illegale ma sussistevano restrizioni all’apertura di bordelli e all’organizzazione commerciale della prostituzione.
Negli ultimi anni il Canada ha affrontato il dibattito su temi come l’aborto, il matrimonio omosessuale, l’eutanasia e, ora, la prostituzione. Probabilmente non è una coincidenza che negli stessi anni la pratica religiosa si sia registrata in declino.
Il 27 giugno scorso il Pew Forum on Religion and Public Life ha pubblicato un rapporto dal titolo Canada’s Changing Religious Landscape: ‘Nones’ and Religious Minorities on the Rise, Religious Attendance in Decline (I cambiamenti nel panorama religioso canadese: in ascesa gli ‘indifferenti’ e le minoranze religiose, in declino la pratica religiosa).
Due terzi dei canadesi, spiega il rapporto, si dichiara cattolico o protestante ma entrambi questi gruppi religiosi stanno conoscendo un notevole declino.
Il numero di canadesi che si dichiarano cattolici è sceso dal 47% al 39% negli ultimi quattro decenni. Ancora più consistente è stato il crollo dei fedeli protestanti, scesi dal 41% al 27%.
Il Pew Forum, inoltre, ha osservato che il numero di canadesi che non si identificano con alcuna religione è notevolmente salito dal 4% del 1971, al 24% del 2011.
Quando lo scorso 13 giugno il tema delle leggi sulla prostituzione è arrivato davanti alla Corte Suprema, le persone favorevoli alla rimozione delle restrizioni hanno affermato che questo cambiamento andrebbe incontro a una maggiore sicurezza per le donne: questa stessa posizione è sostenuta dalla maggior parte dei media e dagli editoriali sui quotidiani.
E tuttavia, le donne sono veramente più sicure con la prostituzione legalizzata? Niente affatto, contestano alcuni opinionisti.
“Ritengo che gli uomini che trattano il corpo della donna come un oggetto a loro disposizione o lo sfruttano, appartengano alla fogna”, scrive Shari Graydon sull’Ottawa Citizen dello scorso 14 giugno.
La giornalista argomenta in favore della depenalizzazione del ruolo della donna coinvolta nella prostituzione, purché si mantenga la proibizione legale contro i bordelli e lo sfruttamento della prostituzione. Graydon ha anche affermato che la maggioranza delle donne coinvolte nella prostituzione sono costrette loro malgrado o sono in cerca di una via di fuga dalle condizioni di abuso in cui versano.
In un articolo d’opinione pubblicato sul quotidiano Globe and Mail dello scorso 3 giugno, Meghan Murphy esprime una posizione simile. Il dibattito sulla legalità della prostituzione va avanti dal 2007, osserva la giornalista.
Nel mezzo dei due estremi opposti della legalizzazione o della totale criminalizzazione, spicca una terza opinione, prosegue Murphy, vale a dire la protezione delle donne e la criminalizzazione degli sfruttatori e dei clienti.
La vera uguaglianza per le donne, spiega, non implica la legalizzazione della prostituzione. “L’idea è che le donne meritano opzioni migliori della prostituzione e non dovrebbero ritrovarsi costrette a vendere sesso per sopravvivere”, afferma Murphy.
“La prostituzione è il lavoro più degradante e di maggior sfruttamento della Terra”, scrive la columnist Margaret Wente, sul Globe and Mail dello scorso 22 giugno.
“Questo ritratto idealizzato dell’operaia del sesso come una piccola imprenditrice emancipata può soltanto essere stato sognato in qualche corso di studi sulle donne”, aggiunge Wente, con riferimento al caso proposto da coloro che argomentano a favore della rimozione delle restrizioni sulla prostituzione.
Wente spiega che in un certo numero di paesi dove la prostituzione è stata legalizzata, i risultati non sono stati positivi per le donne. L’Olanda, ad esempio, ha sofferto l’influenza delle bande criminali e l’uso dei bordelli come centri per il riciclaggio di denaro e per lo spaccio di droga.
Il fallimento della legalizzazione in Germania è stato messo a fuoco in un articolo pubblicato su Spiegel Online lo scorso 30 maggio.
Quando più di un decennio fa è stata legalizzata la prostituzione, i politici sperarono che il risultato sarebbe stato quello di migliori condizioni per le lavoratrici del sesso. “Tuttavia non è andata così”, afferma l’articolo. “Lo sfruttamento e il traffico di esseri umani rimane un problema significativo”, si legge.
In un rapporto pubblicato cinque anni dopo la riforma legislativa il ministro tedesco della Famiglia ha concluso che la depenalizzazione “non ha portato alcun reale miglioramento nella copertura sociale delle prostitute”.
“Se non ci fosse domanda di sesso commerciale, il traffico sessuale non esisterebbe nella forma in cui esiste oggi”, afferma il Rapporto 2013 Trafficking in Persons, pubblicato dal Dipartimento di Stato americano, lo scorso 19 giugno.
La realtà evidenzia la necessità di continui notevoli sforzi per promulgare politiche e promuovere norme culturali che proibisce di pagare per il sesso, afferma il rapporto. Il traffico di persone, inoltre, non dipende dalla legalizzazione della prostituzione.
I traffici per lo sfruttamento sessuale riguardano il 58% di tutti traffici illeciti mondiali, secondo il Global Report on Trafficking in Persons 2012, pubblicato dall’Ufficio delle Nazioni Unite sulla Droga e sul Crimine.
“La prostituzione e i consumatori dei cosiddetti “servizi sessuali” non solo contribuisce al traffico di donne e ragazze ma anche al non-rispetto della dignità umana”, ha affermato l’arcivescovo Francis Chullikat, al Meeting di alto livello dell’Assemblea Generale dell’ONU sul Piano Globale d’Azione per il Contrasto al Traffico di Persone, tenutosi a New York, lo scorso 13 e 14 maggio.
È evidente che la legalizzazione o la depenalizzazione della prostituzione non risolve i problemi di abuso o di traffico e contribuisce soltanto a perpetuare lo sfruttamento delle donne.