Il capitolo 9 del Vangelo di Luca si chiude con la pericope dell’esigenze della vocazione apostolica, ossia una serie di indicazioni fornite per discernere la effettiva intenzione e la vera disponibilità a diventare discepoli di Gesù Cristo.
“Dopo questi fatti” (Lc 10,1) è l’espressione che usa l’evangelista per dare continuità tra quello che comporta la vocazione e i contenuti della missione cristiana.
Tra l’intenzione di diventare discepoli e l’effettiva partenza per la missione esiste la chiamata di Gesù, “Dopo questi fatti il Signore designò altri settantadue discepoli e li inviò a due a due avanti a sé in ogni città e luogo dove stava per recarsi.” (Lc 10,1)
La scelta di diventare discepoli del Signore è frutto di una chiamata operata da Dio in persona. E’ Lui che designa i discepoli, è Lui che sceglie tra i candidati, è Lui che chiama alla missione. E dopo averli scelti, i discepoli non rimangono con Gesù, ma vengono subito inviati.
Non è sufficiente aver ricevuto l’invio da parte di Gesù per partire, bisogna pregare sempre. Gesù non parte subito ad elencare i contenuti della missione, ma invita per prima cosa a pregare. La preghiera deve occupare sempre il primo posto nella vita di un discepolo. Pregare significa rimanere sempre ancorati al Signore. Del resto, la missione del discepoli è quella di portare l’amore di Dio a coloro i quali si è inviati. E come si può portare qualcosa se prima non la si è ricevuta? Quello che portiamo si esaurisce se non viene continuamente rinnovato. La preghiera è l’atto principale di rinnovamento spirituale, che ci consente di donare all’altro l’abbondanza dei beni che continuamente riceviamo dal Signore.
Il primo invito è quello di non portare niente con se. E questo costituisce una assoluta novità. I farisei, durante i loro viaggi missionari, portano del cibo per essere sicuri di rimare puri, di non venire contaminati dagli alimenti dei pagani. I discepoli di Cristo non corrono questo rischio, perchè conoscono bene quello che rende impuro l’uomo. Non sono i cibi che portano l’impurità, ma è tutto quello che esce dal cuore dell’uomo. Gesù chiede ai discepoli di vivere di provvidenza, di affidarsi totalmente al Signore. Solo così i discepoli scopriranno ogni giorno che Dio è sempre con loro non solo spiritualmente attraverso la preghiera, ma anche nel provvedere materialmente attraverso il cibo.
Un terzo significato profondo di condividere il cibo è la comunione che si crea intorno alla mensa. I discepoli di Cristo sono chiamati a non passare di casa in casa, perchè essi devono far parte di quella casa, che diventerà la loro nuova famiglia. E asua volta quella famiglia che li ha accolti diventerà parte integrante della famiglia allargata dei figli di Dio, la Chiesa di Dio. Questa è la benedizione di Dio, che porta un discepolo di Gesù quando viene accolto in una famiglia.
La missione non ammette distrazioni. “E non salutate nessuno lungo la strada” (Lc 10,4). Il tentatore cercherà in tutti i modi di ostacolare il progetto salvifico di Dio, che passa attraverso la missione. Lungo il cammino, dove Dio ci conduce e ci precede, Satana manda tante “sirene” per persuaderci dal proposito per il quale Dio ci ha chiamato.
Quando Dio chiama, il discepolo parte senza esitazione, non vuol sentire nessuna parola se non quella che esce dalla bocca del suo Signore. Il discepolo di Cristo sa benissimo che quello che gli viene chiesto è la cosa più buona e più giusta per la sua vita, e per quelli a cui è inviato. Se poi toccherà a qualcun’altro raccogliere i frutti della missione, il discepolo è ugualmente contento, perchè è sicuro della ricompensa che Dio gli da e gli darà. Se non vedrà i frutti, in cuor suo è sicuro di poter godere in cielo dei frutti non raccolti sulla terra.
La missione è portare la pace di Cristo. “In qualunque casa entriate, prima dite: Pace a questa casa. (Lc 10,5 ). La Chiesa è il prolungamento della missione di Cristo, che desidera, prima di ogni cosa, portare il dono più prezioso della sua pace, della vera pace, molto diversa dalla pace come la intende il mondo. La pace arriva a noi tramite la preghiera, i sacramenti, ma anche attraverso la testimonianza di carità un discepolo del Signore.
Coloro che non accettano la proposta dei discepoli fatta di condivisione, accoglienza degli esclusi, comunione intorno alla mensa, decidono di rimanere nel regno di questo mondo governato dal principe di questo mondo. Scuotere la terra sotto i piedi è l’annunzio da parte dei discepoli che coloro che non accettano le regole d’oro del regno di Dio rimarrano abitanti della terra, rimangono cittadini di un mondo destinato a finire.
E per questo discepoli del Signore pregano sempre durante la loro missione, affinchè Dio possa mandare, quando Lui vorrà, nuovi discepoli, per dare a coloro che hanno rifiutato l’annunzio del regno di Dio, la possibilità di convertirsi ed entrare nel regno eterno della pace.
La missione riempe di gioia. La vera gioia non è solo quella di vedere i demoni che si sottomettono al nome di Cristo. La vera gioia, quella più profonda, deve essere quella di sentirsi già nel cielo, di vedersi a pieno di titolo cittadini della Gerusalemme celeste. Il nostro nome, la nostra persona, è già nel cielo se portiamo il nome di Gesù, il nome di Dio al mondo. Questa è la buona notizia di oggi, non solo per quelli che la ricevano, ma anche per quelli che la portano.