Gli occhi della fede tra papa Francesco e Angela da Foligno

L’esperienza spirituale della beata terziaria francescana, raccontata nel “Memoriale”

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Nella lettera enciclica Lumen fidei papa Francesco evidenzia che “la fede appare come un cammino dello sguardo, in cui gli occhi si abituano a vedere in profondità” (LF, 30). Una esemplificazione plastica di ciò è la narrazione del viaggio ad Assisi compiuto dalla beata Angela da Foligno (Memoriale III,1). 

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Quella volta, come dicevo, andando ad Assisi, pregava il beato Francesco di impetrarle dal Signore Gesù Cristo la grazia della povertà. Lei mi riferì pure le molte altre cose che chiedeva in quella preghiera lungo la strada.

Poi arrivò tra Spello e la stretta via che sta dopo il paese e sale verso Assisi, e li, al trivio, le fu detto: «Tu hai pregato il mio servo Francesco, ma io non ho voluto mandarti un messaggero. Sono lo Spirito Santo e son venuto da te, per darti una consolazione che non hai mai gustato, e rimarrò con te, in te, fino a San Francesco e nessuno se ne accorgerà. Voglio venire, parlando con te lungo la strada, senza mai smettere, e tu non potrai fare altro, perché ti ho avvinta. Partirò da te solo quando andrai la seconda volta a San Francesco; allora mi allontanerò, per quanto riguarda questa consolazione, ma da te non me ne andrò mai più, se mi amerai».

Cominciò a dire: «Figlia mia dolce, figlia mia, mia delizia, mio tempio, figlia, mia delizia, amami, perché io ti voglio tanto bene, molto più di quanto me ne vuoi tu».

Spessissimo disse: «Figlia e sposa dolce», e aggiunse: «Io ti amo più di qualsiasi altra donna della valle di Spoleto. Ora che io mi sono riposato in te, anche tu riposati in me. Tu hai pregato il mio servo Francesco, al quale ho concesso molti doni, poiché mi volle molto bene, ma se ci fosse qualche persona che mi amasse di più, io gliene farei ancora di più. Io ti darò quello che ebbe il mio servo Francesco e ancora di più, se mi amerai».

A queste parole cominciai a dubitare molto e l’anima gli disse: «Se tu fossi lo Spirito Santo, non mi rivolgeresti queste parole, perché non si addicono a me, che sono fragile e potrei vantarmene».

Egli rispose: «Ora vedi se puoi vantartene ed esaltartene; e, se puoi, allontanati da esse».

Io iniziai a tentare di vantarmene, per verificare se quello che aveva detto era vero e se lui era lo Spirito Santo. Cominciai anche a guardare verso i vigneti per allontanarmi dalle sue parole, ma dovunque volgevo lo sguardo egli mi diceva: «Questa è una mia creatura», e io gustai una dolcezza divina ineffabile.

Allora mi ritornarono in mente tutti i peccati e i vizi e non vidi in me nient’altro che colpe e difetti. Mi sentii più umile che mai e tuttavia mi fu detto che il Figlio di Dio e della beata Vergine Maria si era chinato su di me.

Poi aggiunse: «Anche se venissero con te gli abitanti del mondo intero, non potresti parlare ad essi; già ora viene con te tanta gente e non puoi rivolgere la parola a nessuno».

Per sciogliere il mio dubbio, disse: «Io per te fui crocifisso, ebbi fame e sete e per te sparsi il mio sangue; tanto ti amai!». Egli raccontò tutta la passione e poi aggiunse: «Domanda qualunque grazia per te, per i tuoi compagni e per chiunque altro e preparati a riceverla, perché sono molto più pronto io a dare che tu a ricevere». La mia anima gridò: «Non voglio chiedere, perché non ne sono degna».

Mi tornarono allora in mente tutti i peccati e l’anima disse: «Se tu fossi lo Spirito Santo, non mi diresti cose tanto grandi, e se fossi tu a dirmele, la gioia dovrebbe essere tanto maggiore che la mia anima non dovrebbe essere capace di sopportarla».

Egli rispose: «Poiché niente può esistere o avvenire diversamente da come voglio io, non ti do una gioia più grande di questa. Io già a un altro dissi meno di quanto ho rivelato a te e lui cadde a terra, senza più sentire e vedere. Tu stai andando con dei compagni e nessuno sa quello che ti succede; per questo non ti procuro una gioia maggiore. Ti do questo segno: fa’ in modo e sforzati di parlare con loro e di rivolgere il pensiero ad altre cose, buone o cattive, e vedrai che non puoi pensare ad altro che a Dio. Tutto questo io non lo faccio per i meriti tuoi». Allora mi tornarono in mente le mie colpe e i miei difetti e capii che ero più che mai degna dell’inferno. Egli aggiunse: «Io lo faccio per mia bontà e se tu fossi venuta con persone diverse da queste, non te l’avrei concesso».

Esse, infatti, in qualche modo si accorgevano del mio languore, dal momento che a ogni sua parola ricevevo una grande dolcezza. Così non sarei voluta mai arrivare ad Assisi e avrei voluto che quella strada non finisse mai.

Non posso neppure valutare quanto fosse grande la gioia e la dolcezza che gustai, soprattutto quando affermò: «Io sono lo Spirito Santo ed entro dentro di te». Quando disse tutte le altre cose, ricevetti ugualmente una grande dolcezza. Per zelo osservai: «Io avrò la prova che sei lo Spirito Santo se verrai con me, come hai affermato».

Egli, infatti, aveva detto: «Io mi allontanerò da te, per quanto riguarda questa consolazione, quando andrai la seconda volta a San Francesco, ma da te non partirò mai più, se mi amerai».

In effetti egli venne con me fino a San Francesco, come aveva promesso, e non si allontanò da me, quando arrivai e rimasi a San Francesco, ma continuò a stare con me fin dopo il pasto, cioè sino a che mi recai la seconda volta nella chiesa di San Francesco. In tale occasione, appena mi misi in ginocchio all’ingresso della chiesa e vidi San Francesco dipinto nel seno di Cristo, mi disse: «Così ti terrò stretta e molto di più di quanto si possa vedere con gli occhi del corpo. Ora, figlia dolce, mio tempio, mia delizia, è tempo che adempia ciò che ti ho predetto; riguardo a questa consolazione ti lascio, ma non ti abbandonerò mai, se mi vorrai bene».

Tali parole, sebbene amare, mi procurarono massima dolcezza; allora guardai, per vedere qualcosa con gli occhi del corpo e quelli dell’anima. Poiché a quel punto le chiesi: – Cosa vedesti? –, lei rispose: – Vidi una cosa piena, una maestà immensa che non so descrivere; ma mi sembrò che fosse Ogni Bene. Quando partì da me, mi rivolse parole dolci con immensa soavità e si allontanò pian piano, lentamente. Allora, dopo la sua partenza, cominciai a urlare e senza alcuna vergogna gridai: «Amore non conosciuto, e perché?», cioè: «Perché mi lasci?».

Non potevo dire di più; solamente urlavo senza vergogna, dicendo: «Amore non conosciuto, e perché e perché e perché?».

Tuttavia le mie parole erano così coperte dalle grida, che non se ne capiva neppure una. A quel punto egli mi lasciò con la certezza assoluta che era Dio. Io volevo morire, e perciò urlavo e provavo gran dolore, perché non cessavo di vivere e tutte le giunture del mio corpo si scompaginarono.

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ZENIT Staff

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