La Catacomba Ebraica di Monteverde (Seconda parte)

Il complesso sepolcrale sotterraneo, ubicato sulla Portuense, fu scoperto da Antonio Bosio nel 1602

Share this Entry

Per l’intera area oggetto di studi della Soprintendenza Speciale dei Beni Archeologici di Roma sono stati presi in esame anche altri riferimenti cartografici, come l’ottocentesco Catasto Gregoriano e la tavola 39 della Forma Urbis redatta da Rodolfo Lanciani tra il 1893 e il 1901.

Un utilissimo indicatore topografico si è rivelato l’apparato fotografico del Mueller, affiancato ad una delle migliori planimetrie a disposizione delle soprintendenti, redatta dall’Ing. Palombi, che lavora proprio per il Mueller nelle campagne archeologiche del 1904 – 1906.

Delle fotografie mostrano che sopra la Catacomba Ebraica vi erano anche sepolture subdiali (nel sopraterra), consistenti in tombe a cappuccina, viste e documentate dallo studioso berlinese nel 1913. Questo dato trova conferma nella scoperta di altre tombe subdiali messe in luce durante gli scavi Acea del 2009.

Dagli studi effettuati e dai dati in possesso degli archeologi si è potuta ricostruire una articolazione interna della catacomba in tre aree principali.

L’area A è munita di vestibolo in muratura dotato di una scala di tre metri di larghezza e formata da sei gradini, la quale dà accesso alla galleria in cui si sviluppano loculi parietali ma anche tombe a terra.

È stata inoltre documentata la presenza di vani caratteristici della Catacomba ebraica di Monteverde e non riscontrati nelle altre catacombe ebraiche romane, ma confrontabili con la Catacomba Ebraica di Sant’Antioco in Sardegna. I vani hanno pareti talmente tanto irregolari da essere definiti anticamente col termine di “grotte” e si ipotizza – ma è tutto da verificare  – una loro funzione come ambienti per sepolture familiari.

L’area B è caratterizzata da un andamento semicircolare delle gallerie e dalla presenza di tre cubicoli.

L’area C infine ha un’articolazione planimetrica ortogonale, classicamente in uso nelle strutture catacombali.

Le tipologie di sepoltura riscontrate sono classificabili in tombe a fossa, tombe a loculo, chiuse da mattoni e malta, sui quali si apponeva l’iscrizione.

La catacomba ha restituito alle odierne campagne di scavo circa 258 iscrizioni, il 70% delle quali presenta il testo in caratteri greci ed ha portato gli studiosi ad affermare la provenienza greca della comunità ebraica che usufruiva della catacomba.

Nelle altre epigrafi sono riscontrabili forme di bilinguismo, seppur limitato a formule augurali e di chiusa. Si tratta di bilinguismo latino–greco, greco–latino, latino–aramaico e greco–aramaico.

Vi sono infine iscrizioni con caratteri greci, ma riproducenti termini latini.

Il testo epigrafico è dipinto o inciso e, nel secondo caso, le lettere sono rubricate (colorate di rosso) per essere maggiormente visibili.

In molte tabelle epigrafiche il testo è corredato ai lati da dipinti o incisioni riproducenti la menorah (il candelabro a sette bracci), l’etrog (il cedro), o la capsa contenente i Sefarim Torah (libri della Torah).

Infine, dall’analisi dei testi è possibile ricavare varie informazioni. Ad esempio alcune epigrafi riportano il nome di undici sinagoghe presenti a Roma, ma solo di sette di esse si ha prova di documentata esistenza. Altri testi fanno riferimento alla carica di arconte della sinagoga, come nel caso dell’epigrafe greca di un tal Proculus; altri ancora menzionano il luogo di provenienza del defunto, come nel caso di un’iscrizione greca in cui compare il nome della città di Cesarea di Palestina; vi sono poi testi in cui si fa riferimento alla religione ebraica, come nel caso dell’iscrizione greca di Ammias, definita Iudea apò Laodicea, cioè di religione ebraica proveniente dalla Laodicea.

All’apparato epigrafico si affianca il rinvenimento di ceramiche, soprattutto lucerne,  databili al IV – V secolo.

Vi è infine una serie di ritrovamenti ritenuti non pertinenti con la catacomba monteverdina, che ha fatto ipotizzare un successivo utilizzo dell’area da parte di una comunità diversa da quella ebraica almeno fino al VI secolo, quando può considerarsi concluso l’utilizzo dell’impianto catacombale.

L’analisi di questi dati concorre, insieme a quella topografica ed epigrafica, a delineare la composizione, le origini, i ruoli e lo stanziamento della comunità ebraica in Roma nei secoli III – V.

Il progetto della Soprintendenza Speciale dei Beni Archeologici di Roma, coadiuvato dal Municipio ex XVI ora XII, dal Comune e dalla Provincia di Roma, ha permesso di delineare un quadro preciso della storia degli studi e degli scavi della Catacomba di Monteverde, rendendo alla comunità scientifica un prezioso strumento di studi per un futuro ed auspicabile proseguimento della ricerca della Catacomba Ebraica in tutta la sua estensione.

(La prima parte è stata pubblicata ieri, giovedì 27 giugno)      

Share this Entry

Paola Cusumano

Sostieni ZENIT

Se questo articolo ti è piaciuto puoi aiutare ZENIT a crescere con una donazione