Giuseppe è «un uomo della casa di Davide», informazione che serve da tramite per la presentazione che l’angelo fa dell’identità messianica di Gesù (vv.31-33): al figlio concepito da Maria – a questo punto del racconto non si sa «come» – «il Signore Dio darà il trono di Davide suo padre» (v.32). Dunque Giuseppe e il bambino promesso sono accomunati dal legame con Davide.
Il lettore può domandarsi come Giuseppe abbia potuto trasmettere la sua appartenenza davidica a un bambino che non è nato da lui, ma è ritenuto suo figlio. Questo è l’unico caso che ricorda il testo biblico. La Legge d’Israele prevedeva la figliolanza legale, benché la situazione sia totalmente diversa da quella di Giuseppe e Maria. La «legge del levirato» (cf. Dt 25,4-10), com’è noto, stabiliva che il figlio non avuto dal marito morto fosse considerato tale, anche se generato dal fratello. Anche nel caso di Giuseppe si tratta di «paternità legale» e dalla continuazione del racconto si vede bene che egli ha accolto a pieno titolo il bambino come suo figlio […]; Maria, parlando al ragazzo, si riferisce a Giuseppe come «tuo padre».
* Tratto da Prof. Jorge Humberto Morales Ríos, Dio e Giuseppe: due paternità in concorrenza? La risposta di Luca 1-4, pubblicato nel numero monografico dedicato all’immagine di Dio Padre nei Vangeli della rivista Antonianum 88 (02013) p. 239-269. Per informazioni: edizioni@antonianum.eu.