In aeroporto, stamattina le hostess Alitalia chiamano il volo, e all’altoparlante, con la velocità tipica dell’abitudine, ricordano come al solito che “Imbarchiamo per primi i soci “Club FrecciaAlata”, Ulisse, ecc., e le famiglie con bambini”. Mi ha sempre colpito la segnalazione di questa attenzione alle “famiglie con bambini”, in questo Paese che così poco fa per le nuove generazioni.
Mi incammino, e vedo davanti a me una mamma con due bambini di circa 10 anni, diligentemente in coda, dietro a tanti uomini in giacca e cravatta e donne in tailleur. Le dico: “Signora, vada davanti, c’è la priorità famiglie con bambini”. Lei mi guarda sorridendo, e dice: “lo so, ma non vorrei disturbare!”.
Forse era solo una battuta, ma mi ha aperto un mondo. Mai immagine è stata più capace di raccontare una storia: in Italia, le famiglie per prime hanno paura di disturbare, e non riescono nemmeno più a godere di quei “piccoli grandi diritti” che pure qualcuno offre loro. Questa madre gestisce tranquillamente i suoi due bambini, gli fa sopportare pazientemente la coda, educandoli così al bene comune, perché non è proprio abituata ad una società “a misura di famiglia”.
Quanto stride il confronto tra il comportamento discreto di questa madre e le chiassose pretese dei vari Gay Pride, grandi baracconi, che rappresentano con aggressività le libere scelte di pochi, e che sempre più attirano l’attenzione e il sostegno dei media. E’ vero che fa più rumore l’albero che cade della foresta che cresce, peccato, però, che ai Gay Pride partecipino anche importanti esponenti della politica, del governo e delle Istituzioni.
Un ministro e il presidente della Camera sono certamente di richiamo per le telecamere ma diffondono anche l’idea che la precarietà delle relazioni affettive è promossa dalle pubbliche Istituzioni come bene comune, laddove non solo il dovere ma l’interesse dello Stato sarebbe quello di promuovere e sostenere le famiglie disegnate dalla Costituzione, fucina dei nuovi cittadini, e radice solida dell’economia nazionale.