In poco più di due settimane in Croazia sono state raccolte 710.000 firme per il referendum per introdurre nella Costituzione che il matrimonio è costituito da un uomo ed una donna.
Dal 12 al 26 maggio, l’iniziativa “In nome della famiglia” ha raccolto le firme necessarie per indire un referendum che inserisca nella Costituzione della Croazia la definizione del matrimonio come unione tra due persone di sesso diverso.
L’iniziativa ha visto la mobilitazione di persone, famiglie, organizzazioni della società civile impegnate nella promozione dei valori umani, associazioni religiose, comunità, movimenti e tutti coloro che sostengono che il matrimonio è una unione tra un uomo e una donna .
In 15 giorni, che è il tempo previsto dalla legge per raccogliere le firme necessarie ad indire il referendum, più di 710.000 cittadini hanno firmato la petizione. Questa cifra rappresenta il 20% dell’elettorato. Per la legge croata sarebbe stato sufficiente raggiungere il 10% dell’elettorato. Il numero delle firme raccolte è enorme se si pensa che l’intera popolazione croata è secondo l’ultimo censimento fatto nel 2011 di 4 milioni e 403mila persone.
Il risultato del referendum ha valore vincolante. I promotori dei referendum raggruppati nella sigla “In nome della famiglia”, nel corso di 15 giorni sono riusciti a mettere in campo più di 6.000 volontari, 1.200 coordinatori in più di 2.000 punti di raccolta firme.
I volontari sono stati oggetto di insulti, umiliazioni e anche attacchi fisici. Raccolte di fogli con le firme sono stati stracciati. Il sito web è stato violato e il logo dell’iniziativa è stato copiato e utilizzato per ingannare il pubblico. Sono stati segnalati alla polizia più di 50 attacchi avvenuti soprattutto a Zagabria e Rijeka.
L’iniziativa ha avuto il sostegno di tutte le principali comunità religiose e di alcuni partiti rappresentati in parlamento. Anche personaggi dello sport, della musica e delle arti si sono schierati a favore del referendum.
Nonostante le difficoltà, l’obiettivo dell’iniziativa per garantire ai cittadini della Croazia l’opportunità di partecipare a un atto di democrazia diretta, determinando il quadro giuridico e il valore delle questioni riguardanti il matrimonio, la famiglia e le adozioni, è stato raggiunto.
A questo proposito Eljka Markić membro del gruppo promotore “In nome della famiglia” ha detto: .”Siamo soddisfatti che le leggi e la Costituzione della Croazia garantiscono la tutela dei diritti umani e civili di tutti i cittadini della Repubblica, senza distinzione di nazionalità, religione o orientamento sessuale. E’ rilevante che i cittadini possano esprimere le loro opinioni su un aspetto importante della società come il matrimonio, con la più democratica di tutte le procedure: il referendum”.
Di fronte alle tante firme, i partiti che formano la coalizione di governo hanno reagito in maniera scomposta. Prima hanno tentato di cambiare il numero degli aventi diritto al voto. Nelle ultime elezioni gli aventi diritto al voto erano 3.760.000, ma in previsione del referendum il governo ha parlato di 4.560.000 cittadini aventi diritto al voto. Secondo i promotori dell’iniziativa, si tratta di una cifra che non si raggiunge neanche mettendo insieme i fantasmi e facendo votare due volte i defunti.
Preoccupati per un eventuale sconfitta il ministro degli Esteri Vesna Pusic e il vice primo ministro Stazic hanno cominciato a dire che il voto del popolo in un referendum non è vincolante per il governo, contrariamente a quanto scritto chiaramente nella Costituzione secondo cui il risultato del referendum è vincolante.