Riprendiamo di seguito il testo dell’omelia tenuta questa mattina dal cardinale arcivescovo di Bologna, Carlo Caffarra, nella Messa per la Festa di S. Giuseppe lavoratore e della Giornata del Lavoro, celebrata presso l’Azienda Ceramica S. Agostino S.p.A.

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1. «Dio creò l’uomo a sua immagine e somiglianza; a immagine di Dio lo creò; maschio e femmina li creò». Queste parole dicono la verità essenziale sulla persona umana e sul suo valore: è l’unica creatura “a immagine e somiglianza di Dio”. Essa cioè è riferita e relazionata non solo alla natura in cui vive e di cui ha bisogno; non è solo riferita e relazionata alle altre persone umane, ma è riferita e relazionata a Dio stesso, sporgendo così al di sopra di tutto il creato.

Cari fratelli e sorelle, questa verità essenziale circa la persona umana non è solo tale per la fede ebraica e cristiana. Essa costituisce il pilastro di tutta la nostra cultura occidentale, e delle nostre democrazie: il primato della persona, di ogni persona sulle cose; l’impossibilità etica che essa possa essere trattata semplicemente come un mezzo, e non come un fine.

Ma la parola di Dio oggi ci dice qualcosa d’altro. Ascoltiamo: «Dio li benedisse e disse loro: …riempite la terra e soggiogatela». L’uomo è ad immagine e somiglianza di Dio anche a causa del suo lavoro, mediante il quale ordina al proprio bene la creazione. Il lavoro è pertanto una delle dimensioni essenziali della dignità della persona. E’ come se Dio dicesse: “poiché tu, o uomo, sei a mia immagine e somiglianza, soggioga la terra col tuo lavoro”.

Se noi comprendiamo questo legame o rapporto fra la dignità della persona e il lavoro umano, giungeremo facilmente alle seguenti conclusioni.

La prima. Poiché il lavoro esprime la dignità della persona, esso ne partecipa il valore. Detto in altri termini, il “prezzo” del lavoro non è solo e non è principalmente il prezzo stabilito dal sistema economico. Il suo è il “prezzo” stesso della persona.

La seconda. Nei sistemi economici il lavoro umano non è e non va considerato come gli altri fattori; uno fra gli altri. Ha una sua inviolabile originalità.

La terza. Se un sistema economico venisse pensato e realizzato prescindendo dal lavoro o comunque non mettendo il lavoro al primo posto, sarebbe un sistema semplicemente disumano. L’accesso al lavoro ed il suo mantenimento, per tutti, è l’obiettivo primario delle scelte economiche.

Dunque, la consapevolezza che quando si ha a che fare con un problema del lavoro si ha a che fare col rispetto che si deve ad ogni persona; che si ha a che fare non solo con un problema economico, ma etico, non deve mai oscurarsi.

L’impresa, in particolare, è non solo e non principalmente una “società di capitali”, ma ancor più una “società di persone”, «di cui entrano a far parte in modo diverso e con specifiche responsabilità sia coloro che forniscono il capitale necessario per la sua attività, sia coloro che vi collaborano con il loro lavoro» [Giovanni Paolo II, Lett. Enc. Centesimus annus, 42; EE 8, 1447].

2. Forse qualcuno potrebbe pensare che queste riflessioni, desunte nella Chiesa dalla Parola di Dio, sono mere astrazioni che non hanno alcuna rilevanza per la soluzione dei gravi problemi che la nostra Nazione sta attraversando.

Vorrei dire a coloro che pensano in questo modo che se essi intendono dire che la Chiesa non offre soluzioni tecniche, dicono il vero. Ma se da questa costatazione concludono alla totale non rilevanza della dottrina sociale della Chiesa, cadono in una grave fallacia. Quella di pensare che la questione sociale sia risolvibile esclusivamente in termini di tecnica economica e finanziaria, e politica.

Se infatti si oscura o perfino si nega l’esigenza di una verità circa la persona umana e la dignità del suo lavoro, «si cade in una visione empiristica e scettica della vita, incapace di elevarsi sulla prassi, perché non interessata a cogliere i valori – talora nemmeno i significati – con cui giudicarla e orientarla» [Benedetto XVI, Lett. Enc. Caritas in veritate 9,2].

Mai come oggi abbiamo bisogno di superare questa visione empiristica e scettica, poiché oggi la questione sociale è diventata in primo luogo la questione del lavoro. Anzi, ancora più precisamente: è la questione dell’accesso al lavoro delle giovani generazioni a costituire il nodo centrale della questione sociale. Stiamo infatti privandole e come derubandole del loro bene più prezioso: la speranza.

Ne deriva la conseguenza che facilitare ad esse l’accesso al lavoro, è un’urgenza ed una necessità primaria. Non posseggo nessun potere né economico né finanziario né politico. Ma posso, devo in questo momento rivolgermi, in nome di Dio, alla coscienza di chi ha quel potere: alle autorità politiche, agli imprenditori, ai sindacati. Ciascuno, secondo la responsabilità propria, metta al primo posto il lavoro per i giovani.

Fin dal maggio 1931, dopo la grande crisi del ’29, il Papa Pio XI usava parole di fuoco contro «coloro che tenendo in pugno il denaro, la fanno da padroni, dominano il credito e padroneggiano i prestiti; per cui sono in qualche modo i distributori del sangue stesso di cui vive l’organismo economico», e parlava di un «imperialismo del denaro, per cui la patria è dove si sta bene» [Lett. Enc. Quadragesimo anno, III; EE 5, 688-691].

Cari amici, stiamo celebrando l’Eucarestia in un luogo duramente colpito dal recente sisma anche in termini umani, ed ancora una volta raccomandiamo i nostri fratelli morti in questo luogo alla misericordia di Dio.

Ma nello stesso tempo in questo luogo, così come in altri colpiti dal sisma, avete dimostrato una volontà più forte di ogni avversità di ricostruire perché il lavoro potesse riprendere. Avete dato una grande testimonianza di coraggio e di vera solidarietà.

La nostra Nazione sta attraversando un momento drammaticamente difficile. E proprio nei momenti più difficili dobbiamo avere come stella polare del nostro agire, la consapevolezza della dignità di ogni persona umana “immagine e somiglianza di Dio”.