Un esperimento Cnr volerà sulla Stazione spaziale

Il programma di ricerca Ice (Italian Combustion Experiment) Green Air prevede lo studio di combustibili e biocombustibili nello spazio, in condizione di microgravità

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Verrà ‘acceso un fuoco’ nello spazio. Lo farà l’astronauta Luca Parmitano, durante la missione ‘Volare’, per verificare il comportamento di combustibili e biocombustibili secondo un programma di ricerca messo a punto all’Istituto motori del Consiglio nazionale delle ricerche (Im-Cnr) di Napoli. Si tratta dell’esperimento Ice (Italian Combustion Experiment) che, nell’ambito del programma Green Air, prevede lo studio di carburanti innovativi a basso impatto ambientale, biocombustibili di seconda/terza generazione e di loro surrogati.</p>

“In particolare, in questa prima fase, verrà analizzata la combustione di singole gocce di miscele binarie di ‘surrogati’ al variare della pressione e della percentuale di ossigeno in condizione di microgravità sulla Stazione spaziale internazionale (Iss)”, spiega Patrizio Massoli, dirigente di ricerca dell’Im-Cnr.

Una migliore comprensione del processo di riscaldamento, evaporazione e combustione di combustibili ad alta pressione è di fondamentale importanza per lo sviluppo di tecnologie di combustione nei motori e sistemi energetici di nuova generazione.

L’assenza di gravità crea condizioni sperimentali uniche che consentono di esplorare processi e reazioni non realizzabili sulla terra. “Permette, infatti, la semplificazione della geometria e della fluidodinamica del processo che da tridimensionale diventa monodimensionale (simmetria sferica o radiale)”, spiega Patrizio Massoli, “e di conseguenza i processi di trasferimento di massa e calore, consentendo quindi una maggiore focalizzazione sui processi fisico-chimici che avvengono durante il processo di combustione. La simmetria sferica consente, inoltre, la perfetta modellazione del processo con notevoli vantaggi per lo sviluppo della simulazione numerica di combustibili innovativi da utilizzare in codici fluidodinamici tridimensionali”.

La composizione dei biocombustibili varia in funzione della biomassa iniziale, delle condizioni stagionali e del processo di trasformazione: in base al processo produttivo impiegato è possibile ottenere combustibili completamente diversi pur utilizzando la stessa biomassa. “Per questo è difficile poter definire un comportamento univoco dal quale estrarre leggi generali. Si ricorre, pertanto, ai ‘surrogati’: composti che pur possedendo alcune proprietà fisico-chimiche simili ai biocombustibili sono composti puri”, spiega ancora Massoli. “Definiti i composti base che caratterizzano la struttura del biocombustibile risulterebbe allora possibile sintetizzare il suo ‘modello’ modulandone la composizione in termini di surrogati. Idealmente, le proprietà di combustione di un qualsiasi biocombustibile potranno essere determinate dalla conoscenza di quelle dei surrogati che compongono il suo ‘modello’”.

L’obiettivo dello studio è il raggiungimento di una riduzione dei consumi e dell’impatto ambientale dei sistemi per la generazione di energia in impianti stazionari e per la propulsione spaziale aerea, marittima, terrestre.

In parallelo alla sperimentazione sulla stazione spaziale, parte degli studi saranno condotti nei laboratori dell’Im-Cnr a terra. Questi consentiranno di effettuare uno screening preliminare degli studi da condurre sulla Iss, ma anche di portare avanti esperimenti in condizioni complementari a quelle realizzate in microgravità, che consentiranno di evidenziare le trasferibilità dei risultati ottenuti a gravità zero.

“La sperimentazione verrà condotta utilizzando sia una cella di combustione per lo studio di gocce di uguali dimensioni a quelle studiate sulla Stazione spaziale internazionale, sia un sistema particolarmente complesso di fasci laser, ‘optical tweezers’ (pinzette ottiche). “Tale sistema consente di catturare e sospendere in aria gocce di combustibile di alcune decine di micron senza alcun sistema meccanico, ma utilizzando unicamente luce laser”, spiega ancora il ricercatore Cnr. In altri termini, le particelle sono catturate e sospese da fasci luminosi. “Il sistema sviluppato utilizza una combinazione originale di fasci laser che oltre a catturare e sospendere le goccioline servono alla loro caratterizzazione mediante diagnostica laser avanzata”, conclude Massoli.

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ZENIT Staff

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