"Fai il bene, non il male": un comandamento per i cattolici, per gli atei, per tutti…

Nella Messa in Santa Marta, il Papa sottolinea che “uccidere in nome di Dio è una bestemmia” e che “fare il bene” è un dovere di tutta l’umanità, al di là della diversità di religione o ideologie

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In un mondo come quello attuale, dove l’essere umano uccide il suo simile per la diversità di ideologie e religioni, “fare il bene” sembra quasi impossibile. Eppure è questa la vocazione a cui esso è chiamato: andare incontro all’altro, non fargli del male, anzi aspirare alla pace e amare con quello stesso struggente amore con cui il Creatore ha amato la sua creatura.

Come ogni mattina, nelle Messa in Santa Marta, Papa Francesco accende una fiammella per un’umanità che troppo spesso brancola nel buio. Nella funzione di oggi, concelebrata con il cardinale Béchara Boutros Raï, patriarca di Antiochia dei Maroniti, alla presenza dei dipendenti del Governatorato vaticano, il Santo Padre ha incentrato la sua omelia sulla “cultura dell’incontro” che – ha detto – è la “base della pace”.

La spinta alla riflessione del Pontefice l’ha offerta il Vangelo di oggi che riferisce della ‘chiusura’ di mente e di cuore dei discepoli di Gesù nel credere che anche una persona esterna al loro ‘gruppo’ possa fare del bene. Gli apostoli, infatti, “si lamentano” ha affermato il Papa, convinti che se uno “non è del nostro partito, non può fare il bene”.

È l’idea di possedere la verità che rende i seguaci di Cristo “un po’ intolleranti” ha spiegato Papa Francesco. Il loro pensiero si basava su un punto fermo: “Tutti quelli che non hanno la verità, non possono fare il bene”. Ma Gesù “allarga l’orizzonte” e corregge questa ‘ideologia’ sbagliata, invitandoli a lasciare che anche un ‘esterno’ possa fare del bene in Suo nome.

“La possibilità di fare il bene” infatti, è un dono “che tutti abbiamo” ha chiarito il Santo Padre. Un dono che affonda le sue radici “nella creazione”, dal momento che “il Signore ci ha creati a Sua immagine e somiglianza” e “Lui fa il bene”. Pertanto, “tutti noi abbiamo nel cuore questo comandamento: fai il bene e non fare il male”.

Ma, padre, questo non è cattolico! Non può fare il bene!”. “Ma, padre, questo non è cristiano, non può farlo!”: sono frasi che chissà quante volte Bergoglio avrà sentito durante la sua esperienza pastorale di prete, di vescovo, di cardinale, di Papa. Invece: “Sì! Può farlo” ha affermato oggi, anzi: “Deve farlo, perché ha questo comandamento dentro”.

“Questa chiusura di non pensare che si possa fare il bene fuori – ha proseguito – è un muro che ci porta alla guerra e anche a quello che alcuni hanno pensato nella storia: uccidere in nome di Dio”. E “dire che si possa uccidere in nome di Dio”, ha sottolineato, “semplicemente, è una bestemmia”. 

Perché il Signore – ha ribadito il Papa – “ci ha dato questo comandamento all’interno del cuore: fai il bene e non fare il male. Il Signore tutti ci ha redenti con il sangue di Cristo: non soltanto i cattolici. Tutti! Padre, gli atei? Anche loro. Tutti! E questo sangue ci fa figli di Dio di prima categoria!”.

In virtù di questa ‘primogenitura’ divina, “tutti noi abbiamo il dovere di fare il bene”, un comandamento che “è una bella strada verso la pace” ha sottolineato il Santo Padre. “Se noi – ha soggiunto – ciascuno per la sua parte, facciamo il bene agli altri”, “lentamente, adagio, piano piano” facciamo quella “cultura dell’incontro” di cui abbiamo tanto bisogno. “Ma io non credo, padre, io sono ateo! Ma fai il bene, ci incontriamo là!”.

“Fare il bene” inoltre non è, secondo il Papa, “una questione di fede”, bensì “un dovere”, una “carta d’identità che il nostro Padre ha dato a tutti, perché ci ha fatti a sua immagine e somiglianza”.

Un ultimo pensiero Papa Francesco l’ha rivolto a Santa Rita da Cascia, la “santa dei casi impossibili” di cui oggi la Chiesa celebra la memoria liturgica. A lei, ha detto il Santo Padre, chiediamo la grazia “che tutti, tutte le persone facciano il bene e ci incontriamo in questo lavoro, che è un lavoro di creazione che assomiglia alla creazione del Padre”. “Un lavoro di famiglia – ha concluso – perché tutti siamo figli di Dio. Tutti! E Dio ci vuole bene. A tutti! Che Santa Rita ci conceda questa grazia, che sembra quasi impossibile”.

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Salvatore Cernuzio

Crotone, Italia Laurea triennale in Scienze della comunicazione, informazione e marketing e Laurea specialistica in Editoria e Giornalismo presso l'Università LUMSA di Roma. Radio Vaticana. Roma Sette. "Ecclesia in Urbe". Ufficio Comunicazioni sociali del Vicariato di Roma. Secondo classificato nella categoria Giovani della II edizione del Premio Giuseppe De Carli per l'informazione religiosa

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