Pubblichiamo di seguito il messaggio alla diocesi da parte di monsignor Luigi Negri, vescovo di Ferrara-Comacchio, ad un anno dal terremoto.

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Ai Sacerdoti, ai Religiosi e alle Religiose e a tutto il Popolo di Dio della Chiesa particolare di Ferrara-Comacchio. 

In questi giorni, continuando la mia visita ai Vicariati, sono stato in alcune fra le zone più colpite dal terremoto e mi sono reso conto del grande evento che questa tragedia ha consentito che si attuasse nel cuore di tanti sacerdoti e di tanti laici.

Ho visto Chiese di una grande bellezza colpite quasi a morte dal sisma, ma ho visto che sacerdoti e laici hanno preso spunto da questa grande prova per difendere la libertà del popolo cristiano di avere, magari di fortuna, luoghi dove celebrare l’Eucarestia e dove svolgere quelle attività educative e ricreative che sono il vanto della nostra tradizione cattolica.

Ho visto anche diventare più normale, magari dopo qualche fatica iniziale, la capacità di integrazione fra comunità: quelle non toccate dal terremoto accolgono e ospitano momenti significativi della vita liturgico-sacramentale delle comunità che non hanno più a disposizione la chiesa.

Io credo che questo sia un evento di grazia, perché è un momento di maturazione ancora più radicale della nostra identità e di realizzazione del nostro compito di testimonianza cristiana nel mondo. Le chiese, nel senso delle strutture materiali, servono per rinnovare continuamente l’esperienza dell’Eucarestia, l’esperienza dell’educazione cristiana e quindi la possibilità della missione.

Voglio ringraziare tutti quelli che non si sono fatti piegare dalle vicende del terremoto e dentro questa prova hanno realizzato forme nuove di vita cristiana e responsabilità nuove: potenziando, ad esempio, l’amicizia fra le famiglie e attuando molte volte la catechesi per i bambini nelle case dei loro stessi genitori. Sono tutti spunti preziosi per quella creatività non cervellotica, ma propria della carità, che costituisce una dimensione fondamentale della vita cristiana. Ringrazio moltissimo la dedizione della Caritas Diocesana, che ha profuso enormi energie di intelligenza e costruttività. Le strutture predisposte nelle zone più colpite sostituiscono dignitosamente le Chiese inagibili e sono segno di una grande dedizione e di una grande capacità costruttiva. Don Paolo Valenti, i suoi collaboratori e tutti i volontari, hanno scritto una pagina straordinaria della vita di questa nostra Diocesi.

In un momento così difficile, allo scadere dell’anno da quel tragico evento, sento il dovere di rendere loro onore per questa dedizione. In questi giorni ho visitato anche la mensa della Caritas in cui ogni giorno si distribuiscono centinaia di pasti. Mi ha colpito l’opera costante dei volontari, non giovanissimi, che erano al lavoro. La pulizia degli ambienti, la cura del luogo, segno che il cattolicesimo si distingue per una bellezza estranea a rigorismo e sciatteria. La Caritas riceve tutta la mia approvazione e insieme la mia cordiale gratitudine va anche al Banco Alimentare. Un particolare grazie alla “Comunità Papa Giovanni XXIII” che tanto ha fatto nel Vicariato più colpito della Diocesi, e a tutte quelle iniziative di solidarietà e di condivisione volte a far fronte a questa povertà eccezionale che si è aggiunta alle vicende del terremoto.

L’Apostolo San Giacomo ci ha insegnato che la Chiesa deve vivere le prove come una straordinaria occasione di maturazione della fede, della carità e dell’impeto missionario. La nostra Chiesa di Ferrara-Comacchio ha percorso questa strada in modo limpido e profondo.

Mi auguro che il Signore mi conceda di continuare a percorrerla con voi guidandovi in anni che certamente saranno determinanti non solo per il presente ma per il futuro di questa nostra Chiesa, dentro questa nostra società che ha tanto bisogno di quella presenza e creatività di cui Papa Benedetto XVI parla così spesso e profondamente. 

Un’altra esperienza che mi ha colpito moltissimo è stata la visita durante il periodo pasquale al nostro carcere. E’ stato l’incontro con un mondo su cui si fa spesso tanta retorica e su cui si fa cadere un silenzio disumano.

Ho trovato una realtà che ovviamente non conoscevo, ma segnata in maniera positiva dalla presenza di cristiani che vi realizzano un’azione di catechesi per coloro che ne hanno sentito il bisogno. Una catechesi sistematica che ha fatto rifiorire in tanti il desiderio di conoscere quel mistero della fede da cui si erano allontanati molte volte inconsapevolmente. Una carità viva che arriva fino a creare spazi di bellezza come il coro che ha accompagnato la Via Crucis che ho guidato nel Venerdì Santo.

Un grazie anche a questi volontari, che in forme diverse e con motivazioni diverse, danno l’energia della loro vita, la loro generosità e il loro tempo, perché là dove sembra indiscutibile l’odio e la reciproca estraneità possano sbocciare fiori di un’umanità nuova.

Attraverso il loro impegno l’esperienza della carcerazione, una volta conclusa, spero possa consentire almeno ad alcuni, toccati dall’esperienza della fede, di vivere nella tranquillità della vita quotidiana in modo nuovo, in questo mondo dominato dal male, dall’odio, dalla violenza, dall’enfatizzazione di tutto ciò che di patologico è vissuto nella vita delle famiglie e della società. 

In un mondo in cui la cronaca e i mezzi della comunicazione sociale sembrano interessarsi solo degli aspetti negativi, ho tenuto a ricordare a me stesso e a voi, che la Chiesa ha questa straordinaria esperienza di vivere la vita buona e di saperla testimoniare e farla attecchire in tutti gli ambienti, anche quelli che sembrano più lontani. Nella serie di celebrazioni che segneranno il primo anniversario del terremoto, desidero che i cristiani sappiano che noi in questa vicenda siamo profondamente impegnati, ma anche impegnati a chiedere che i diritti fondamentali per la ricostruzione, di cui le Istituzioni si sono fatte carico, si attuino il più velocemente possibile, perché non può esserci una situazione di emergenza che tenda a diventare normale. 

Invoco la Madonna delle Grazie per me e per ciascuno di voi affinché la nostra vita sia affidata al Signore come quella di Maria e quindi sia vergine nella fede e feconda nella carità.

+ Luigi Negri
Arcivescovo di Ferrara-Comacchio
14 maggio 2013