Così Papa Francesco, oggi, 12 maggio, nel corso dell’omelia durante la Messa in cui sono stati proclamati santi e beati i Martiri di Otranto, Madre Laura Montoya e Madre María Guadalupe García Zavala.
In merito agli ottocento martiri di Otranto che nel 1480 furono decapitati perché si rifiutarono di rinnegare la propria fede e morirono confessando Cristo risorto, il Vescovo di Roma ha spiegato che è la fede, che “fa vedere oltre i limiti del nostro sguardo umano, oltre il confine della vita terrena, e fa contemplare i cieli aperti”.
Alla fine del Regina Coeli ha auspicato “i martiri di Otranto aiutino il caro popolo italiano a guardare con speranza al futuro, confidando nella vicinanza di Dio che mai abbandona, anche nei momenti difficili”.
Della colombiana Santa Laura Montoya, papa Francesco ha detto che è stata strumento di evangelizzazione prima come insegnante e poi come madre spirituale degli indigeni, ai quali infuse speranza, accogliendoli con l’amore appreso da Dio e portandoli a Lui con una efficacia pedagogica che rispettava la loro cultura e non si contrapponeva ad essa.
Per il Santo Padre, madre Laura si fece “veramente tutta a tutti, secondo l’espressione di san Paolo (cfr 1Cor 9,22) e le sue figlie spirituali vivono e portano il Vangelo nei luoghi più reconditi e bisognosi, come una sorta di “avanguardia della Chiesa”.
L’esempio di santa Laura, dimostra che non si può vivere la fede in modo isolato, al contrario – ha sostenuto il Pontefice -. la fede va comunicata per “portare la gioia del Vangelo con la parola e la testimonianza di vita in ogni ambiente in cui ci troviamo”.
Quello che abbiamo più prezioso – ha sottolineato il Pontefice – non sono le nostre organizzazioni, ma “Cristo è il suo Vangelo”.
A questo proposito la messicanaSanta María Guadalupe García Zavala, ha rinunciato all’imborghesimento del cuore insegnando ad amare la povertà.
Madre Lupita – ha raccontato il Papa – si inginocchiava sul pavimento dell’Ospedale davanti agli ammalati e agli abbandonati per servirli con tenerezza e compassione. E questo si chiama: “toccare la carne di Cristo”. I poveri, gli abbandonati, gli infermi, gli emarginati sono la carne di Cristo. E Madre Lupita toccava la carne di Cristo e ci ha insegnato questo modo di agire: non vergognarsi, non avere paura, non provare ripugnanza a “toccare la carne di Cristo”.
Anche oggi le sue figlie spirituali cercano di riflettere l’amore di Dio nelle opere di carità, senza risparmiare sacrifici e affrontando con mitezza, con perseveranza apostolica, sopportando con coraggio qualunque ostacolo.
Il Santo Padre ha sostenuto che bisogna guardare ai nuovi Santi come a coloro che ci hanno richiamato l’urgenza e la bellezza di portare Cristo e il suo Vangelo a tutti; e ci hanno parlato della testimonianza della carità, “senza la quale anche il martirio e la missione perdono il loro sapore cristiano”.