Il bene della cultura

Il libro che testimonia il dialogo culturale alla luce del Concilio Vaticano II

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Nei giorni scorsi, presso la Pontificia Università Lateranense, è stato presentato il volume “Il bene della cultura”, che raccoglie esperienze di collaborazione e comunione culturale alla luce del Concilio Vaticano II  a cura di Don Emilio Bettini.

L’opera è nata dal contributo professionale e dalla partecipazione spirituale di alcuni docenti, che hanno voluto dimostrare, come la documentazione storica-religiosa del Concilio Vaticano II, possa essere messa in discussione e trovare la sua vera identificazione, solo attraverso il bene prezioso della cultura, l’unica che ha il vero potere di divulgarsi in tutte le discipline formative umanistiche, scientifiche e artistiche, arrivando così nel cuore dell’uomo.

Per capire meglio le finalità del testo, sono intervenuti: Mons. Lorenzo Leuzzi, Vescovo Ausiliare della Diocesi di Roma, Calogero Bellanca docente presso l’ Università La Sapienza di Roma, Roberto Cipriani dell’Università Roma3 e il giornalista del Tg1, Piero Damosso.

“Questo libro – ha spiegato il vescovo Lorenzo Leuzzi – nasce nel cammino della Pastorale universitaria, che lo scorso gennaio attraverso tre incontri di letture teologiche, ha voluto offrire ai docenti e non solo, un rilettura dei documenti più importanti del Concilio Vaticano II”. E questi testi offrono all’ università la possibilità di riscoprire quanto sia importante l’incontro tra l’antropologia e il mondo della cultura. “Oggi- ha continuato  il vescovo- viviamo una fase di stanchezza, quindi abbiamo bisogno di  nuovi stimoli, perchè solo passando attraverso la cultura costruiremo insieme un nuovo umanesimo”

Calogero Bellanca ha illustrato come il Concilio Vaticano II sia di natura “Pastorale”, ossia  basato sul dialogo tra le culture odierne, e non  di rottura con il passato. Deve esigere, un legame forte e duraturo all’interno della Chiesa che all’esterno, facendo partecipe tutto il mondo. La cultura si basa interamente sulla “testimonianza” , la quale svolge un ruolo determinante, per  poter custodire la storia, tramite la tradizione, la ricerca e la professione della verità.

E inoltre il cuore della questione, come ci ricorda Paolo VI, che è possibile un dialogo culturale, dove ci sia la volontà del battezzato di studiare la propria disciplina, la propria specialità, ma non incentrando il proprio studio su di sé ma di rivelarlo al prossimo, affinchè si trasformi in un qualcosa di grandioso.

Bellanca inoltre, ha precisato come l’azione culturale sia l’essenza rilevante nell’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Educazione, la Scienza e la Cultura per poter definire una dimensione umana, che abbatti tutte le barriere di carattere etnico e diventi semplicemente di genere umano. E ancora citando un altro pontefice, Papa Giovanni Paolo II, nel 1982, confidò ad Agostino Cesaroli, che la cultura è la realtà fondamentale che ci unisce, riveste un denominatore comune la  coscienza della conoscenza, come dialogo con altre culture.

Roberto Cipriani, ha iniziato ponendo una riflessione sul cambiamento della città di Roma negli anni, dal punto di vista della propria cultura rispetto alle altre culture straniere e proprio per questo ha il compito primario di conservare la memoria e di tutelarla. Alla luce del Concilio Vaticano II, dove la Chiesa studiava e constatava l’importanza del dialogo, al cospetto di un mondo che evolveva velocemente, voleva lanciare un messaggio aperto a tutte le genti, ma di spessore universale.

La fede in relazione con il mondo, che coniughi intensamente la ragione, scienza e fede in virtù delle radici stesse del cristianesimo. In questa filosofia di vita, l’uomo ricerca con interesse ogni cosa, analizzandola, comprendendola, facendo tramite uno studio scientifico finalizzandolo sempre scopi benefici per se e gli altri. Su queste teorie si fondano i principi cardini sul discorso sulla scienza e la tecnologia biomedica nel mondo in evoluzione, dove si riscontra la vera essenza del pensiero e il dovere di un cristiano di fronte alle tematiche da sempre in discussione del confine tra scienza ed etica morale.

Infine, Piero Damosso, ha enunciato come il mestiere di chi fa giornalismo sia la diffusione piena della cultura, come lo spazio pubblico della TV, per evitare che essa diventi di elite e si contraddica con il suo scopo iniziale: la diffusione del sapere. Il testo è importante perché è il frutto del Concilio ed è una riscoperta dopo 50 anni.

È una rilettura e una testimonianza dell’umanesimo, come spesso lo ha definito il papa emerito Ratzinger, che ci ha educato alla ricerca della verità e all’amore. E anche papa Francesco, ci ricorda sempre che l’amore è la scuola della fratellanza, e solo applicandola potremo riuscire nelle difficoltà e superare la crisi che sta investendo tutta l’Europa. Infatti non avremo un Europa politica, se non avremo una dimensione etica ed umana.

Il bene della cultura è dunque il bene degli uomini: senza la ricerca umanista, scientifica ed artistica, l’uomo non possiede nulla. Quindi bisogna proteggerla ed elargirla perché è indice di bene comune e libertà di coscienza, solo attraverso  essa potremmo  finalmente ripartire con speranza e costruire una nuova umanità di pace e progresso.

“Questo libro – ha concluso il curatore dell’ opera  Don Emilio Bettini – è un atto d’amore fatto dagli autori verso i documenti del Concilio Vaticano II, questa esperienza di cenacolo culturale, iniziata e pensata da Paolo VI possa continuare e andare oltre la stesura di questo testo”.

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Sabrina Tomarro

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