di Manlio Sodi*
ROMA, mercoledì, 10 ottobre 2012 (ZENIT.org).
3. Tra educazione, religioni non cristiane e libertà religiosa
Una terza prospettiva di approfondimento è costituita dal confronto diretto con i testi delle Dichiarazioni conciliari, costituite dalla Gravissimum Educationis, dalla Nostra Aetate e dalla Dignitatis Humanae. Educazione, rapporto con le religioni non cristiane e libertà religiosa costituiscono altrettanti temi che dal Vaticano II in poi sono emersi con più forte attualità, confermando anche in questo la dimensione profetica dei lavori conciliari.
3.1. L’educazione cristiana (Gravissimum Educationis)
La Dichiarazione sull’educazione cristiana Gravissimum Educationis, approvata il 28 ottobre 1965, è costituita da 12 paragrafi e una conclusione.
Il tema dell’educazione tocca tutta la società; ma diverso è il modo di intenderla e di attuarla. La Dichiarazione si muove dal ricordare che è un diritto universale quello dell’educazione, per puntualizzarne poi il senso cristiano. È da questi principi che scaturiscono i ruoli dei responsabili, i vari metodi, l’importanza delle scuole, i doveri e i diritti dei genitori, ecc.
Perché tutta questa attenzione? Perché la Chiesa «ha il dovere di occuparsi dell’intera vita dell’uomo… in quanto connessa con la vocazione al Cielo» (Proemio). È a partire da questo dato di fatto che la persona progressivamente coglie il senso della propria vita, e soprattutto ha la possibilità di confronatrsi con quei valori che le permettono poi di raggiungere la piena realizzazione.
Nel percorso educativo i valori religiosi costituiscono non il termine ultimo, ma il costante termine di riferimento e di confronto perché la realizzazione piena della maturazione della persona possa essere compiuta in armonia. E tutto questo non è altro che un cogliere quei segni che contribuiscono a delineare meglio il Volto di Cristo nella persona, in qualunque fase della propria crescita.
3.2. Le religioni non cristiane (Nostra Aetate)
La Dichiarazione sulle relazioni della Chiesa con le religioni non-cristiane Nostra Aetate, approvata il 28 ottobre 1965, è il più breve documento conciliare: cinque paragrafi.
Il documento evidenzia che la Chiesa considera tutte le religioni con «sincero rispetto» in quanto talvolta posseggono elementi che «riflettono un raggio di quella Verità che illumina tutti gli uomini» (NAe 2).
Ma l’obiettivo di tale atteggiamento è ricordato subito dopo: annunciare «il Cristo che è “via, verità e vita” in cui gli uomini devono trovare la pienezza della vita religiosa e in cui Dio ha riconciliato a Se stesso tutte le cose» (ib.).
Da questo programma di vita scaturisce l’attenzione e il dialogo con la religione musulmana e giudaica in particolare. E tutto ciò in vista di una fraternità universale che permetta di invocare «Dio Padre di tutti» (NAe 5) e superare ogni discriminazione. Ancora una volta è il Volto di Cristo che è chiamato a trionfare non per un trionfalismo inutile e vuoto, ma perché tutti gli uomini si rendano conto di essere figli dello stesso Padre che è nei cieli (cf ib.).
3.3. La libertà religiosa (Dignitatis Humanae)
Infine, la Dichiarazione sulla libertà religiosa Dignitatis Humanae, approvata il 7 dicembre 1965, è articolata in due parti, per complessivi 15 paragrafi. L’ultima Dichiarazione tocca gli aspetti generali della libertà religiosa, e successivamente la considerazione di tale problematica nella luce della rivelazione.
Tutto si muove dalla consapevolezza della dignità della persona e dei valori dello spirito in modo tale da realizzare «il libero esercizio della religione nella società» (DH 1). Per questo «tutti gli esseri umani sono tenuti a cercare la verità, specialmente in ordine a Dio e alla sua Chiesa e sono tenuti ad aderire alla verità man mano che la conoscono e a renderle omaggio» (ib.).
Trattare dunque e soprattutto portare avanti il progetto del Vaticano II implica realizzare la missione di far sì che il Volto di Cristo emerga progressivamente nella coscienza di ogni persona per aderirvi in pienezza.
4. Conclusioni
Anche i documenti del Concilio Vaticano II tratteggiano il Volto di Cristo? A questo punto la domanda risulta superflua. Sia presi singolarmentre che considerati nella loro globalità tutti i documenti riconducono – né può essere diversamente – a quel Volto che nelle modalità e situazioni più diverse è chiamato a risplendere nella vita della Chiesa e nel panorama della società di oggi e di sempre.
Il percorso realizzato ci ha permesso di cogliere ben sedici diverse modalità di annuncio o di approfondimento di tale Volto. È la ricchezza del Vaticano II che in parte si è riversata già nel tessuto ecclesiale attraverso tante situazioni e interventi magisteriali, ma che in buona parte attende ancora di essere colta nella sua pienezza attraverso il cammino che ci sta dinanzi.
Nell’ottica e nell’orizzonte delle celebrazioni del 50° del Concilio anche questa particolare lettura dei documenti può costituire un invito ad entrare in quelle prospettive che denotano ancora una volta il modo con cui lo Spirito del Signore agisce nella storia con modalità e linguaggi tutti suoi. A noi raccoglierli e interpretarli e soprattutto attuarli perché il Volto di Cristo risplenda nella vita dei credenti e di ogni persona chiamata alla vita.
In preparazione all’evento del Grande Giubileo dell’anno Duemila la Tertio millennio adveniente di Giovanni Paolo II prospettando i lavori della preparazione immediata, al n. 36 scriveva:
«L’esame di coscienza non può non riguardare anche la ricezione del Concilio, questo grande dono dello Spirito alla Chiesa sul finire del secondo millennio. In che misura la Parola di Dio è divenuta più pienamente anima della teologia e ispiratrice di tutta l’esistenza cristiana, come chiedeva la Dei Verbum? È vissuta la liturgia come “fonte e culmine” della vita ecclesiale, secondo l’insegnamento della Sacrosanctum Concilium? Si consolida, nella Chiesa universale e in quelle particolari, l’ecclesiologia di comunione della Lumen Gentium, dando spazio ai carismi, ai ministeri, alle varie forme di partecipazione del Popolo di Dio, pur senza indulgere a un democraticismo e a un sociologismo che non rispecchiano la visione cattolica della Chiesa e l’autentico spirito del Vaticano II? Una domanda vitale deve riguardare anche lo stile dei rapporti tra Chiesa e mondo. Le direttive conciliari – offerte nella Gaudium et Spes e in altri documenti – di un dialogo aperto, rispettoso e cordiale, accompagnato tuttavia da un attento discernimento e dalla coraggiosa testimonianza della verità, restano valide e ci chiamano a un impegno ulteriore».
Sono prospettive che la Lettera apostolica di Giovanni Paolo II Novo Millennio Ineunte ha poi recepito e rilanciato nelle sue parole conclusive, al n. 57:
<em>«Quanta ricchezza [...] negli orientamenti che il Concilio Vaticano II ci ha dato! Per questo, in preparazione al Grande Giubileo, ho chiesto alla Chiesa di interrogarsi sulla ricezione del Concilio. È stato fatto? […] A mano a mano che passano gli anni, quei testi non perdono il loro valore né il loro smalto. È necessario che essi vengano letti in maniera appropriata, che vengano conosciuti e assimilati, come testi qualificati e normativi del Magistero, all’interno della Tradizione della Chiesa. A Giubileo concluso sento più che mai il dovere di additare il Concilio, come la grande grazia di cui la Chiesa ha beneficiato nel secolo XX: in esso ci è offerta una sicura bussola per orientarci nel cammino del secolo che si apre».
C’è infine un aspetto che rientra a pieno titolo in que sto grande alveo e che costituisce un capitolo peculiare di tale storia conciliare e della sua ermeneutica: la riforma liturgica. È senza dubbio la “pagina” per alcuni aspetti più eloquente della “traduzione” in atto di un progetto conciliare imperniato attorno ad una più ampia e profonda conoscenza della Parola di Dio (quale si attua a partire dall’esperienza dell’annuncio nelle celebrazioni), e ad una più partecipata esperienza del culto come “paradigma di ogni autentica comunicazione” tra Dio e il suo popolo. I libri liturgici riformati – unitamente ad una grande mole di studi e commenti – costituiscono una “traduzione” e un “commento” che prolungano e attualizzano nel tempo la mens conciliare perché brilli sempre più il Volto di Cristo sul volto del credente e della Chiesa.
*Preside della Facoltà di lettere cristiane e classiche della Pontificia Università Salesiana e presidente della Pontificia Accademia di Teologia
[La quarta parte è stata pubblicata martedì 9 ottobre]