La contraccezione favorisce l'abortività

Al Congresso Mondiale di Ginecologia e Ostetricia, il dott. Renzo Puccetti ha presentato uno studio che mostra la crescita parallela di aborti ed infezioni da clamidia al crescere delle prescrizioni della pillola

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di Antonio Gaspari

ROMA, mercoledì, 10 ottobre 2012 (ZENIT.org) – In questi giorni si sta svolgendo a Roma il congresso mondiale di ginecologia e ostetricia che vede la partecipazione di migliaia di medici specialisti esporre le più recenti acquisizioni nel campo della salute femminile confrontandosi sulle tecniche più appropriate per preservarla o restituirla. Uno dei temi con più immediate ricadute etiche è quello della diffusione dei contraccettivi per la limitazione delle nascite, per questo Zenit ha intervistato il dottor Renzo Puccetti, specialista della società Medico-Scientifica Promed Galileo.

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Dr. Puccetti, sappiamo che ha appena presentato un lavoro al congresso riguardante la contraccezione, ce ne vuole parlare?

Volentieri, ma prima devo precisare che lo studio che ho presentato è stato realizzato in collaborazione col professor Pino Noia del Policlinico Gemelli, il dr. Antonio Oriente, dirigente del servizio materno-infantile di Messina, il dr. Nicola Natale, già primario ginecologo dell’ospedale di Lecco e la professoressa Maria Luisa Di Pietro, dell’Università Cattolica di Roma. Abbiamo condotto uno studio su dati aggregati esplorando l’abortività degli Stati americani e le variabili che possono incidere sui livelli complessivi di abortività.

Perché proprio gli Stati Uniti?

Perché è il contesto che offre la panoramica più completa e affidabile di informazioni.

Quali sono i risultati del vostro studio?

Abbiamo evidenziato che i livelli di abortività dipendono da una complessità di fattori, talora tra loro connessi. Tra questi si devono citare la presenza di minoranze etniche, il quadro familiare, alcuni indicatori economici.

E la contraccezione?

Quando si esamina la percentuale d’impiego della contraccezione reversibile ad elevata efficacia, come la pillola, i cerotti, l’anello vaginale, la spirale e gli impianti sottocutanei di ormoni a lunga durata, non si rileva alcuna riduzione di abortività. Se poi andiamo a verificare l’andamento degli aborti con il preservativo, si rileva che laddove il preservativo è più diffuso, là si osservano più gravidanze non programmate e interruzioni volontarie di gavidanza.

Risultati sorprendenti, quelli che lei riferisce.

Sì, ci rendiamo conto che si possa esserne stupiti, ma lo studio e la conoscenza approfonditi della letteratura medica rendono questi stessi risultati meno inaspettati di quanto si potrebbe credere.

Perché?

Per prima cosa perché altri autori hanno in passato messo in evidenza la correlazione tra contraccezione e percentuali di abortività. Ad esempio nel febbraio di quest’anno ricercatori dell’Università di Stoccolma hanno evidenziato la crescita parallela di aborti ed infezioni da clamidia al crescere delle prescrizioni della pillola. Si può poi citare lo studio svolto sulla popolazione spagnola che ha evidenziato come il progressivo impiego di contraccettivi sia stato accompagnato da un altrettanto progressivo incremento dell’abortività. Lo stesso nostro gruppo di lavoro ha già pubblicato dati in questo senso sulle riviste scientifiche e li ha presentati e discussi in occasione di congressi. Oltre ai dati empirici, abbiamo poi modelli in grado di offrire un razionale ai risultati.

Ci può spiegare meglio?

Certo. Contrariamente a quanto spesso si è portati a pensare, il comportamento sessuale, come peraltro in molti altri campi, tende a seguire alcuni schemi che gli studiosi hanno esplorato ed in molti casi individuato. Uno di questi è la tendenza a modificare il proprio comportamento sulla base delle conseguenze previste. Una volta che il soggetto viene esposto all’idea che mediante il contraccettivo l’attività sessuale non avrà conseguenze sgradevoli (la gravidanza, il contagio infettivo), tende a ricalcolare l’utilità dell’attività sessuale alla luce dei nuovi parametri ed a  trovarla così conveniente da indurlo a praticare l’attività sessuale da cui invece si sarebbe astenuto in mancanza del contraccettivo, si attua quella compensazione del rischio che è ben riconosciuta in molti ambiti, ma che stenta ad essere ammessa nel campo della sessualità.

Perché?

Perché dirlo viene percepito come l’infrazione di un tabù, quello per cui la sessualità non possa né debba essere sottoposta a vincoli di alcuna sorta.

Vi sono altri risultati dal vostro lavoro?

Sì, rimanendo nel campo della contraccezione abbiamo rilevato che il finanziamento della stessa contraccezione non si associa ad alcuna riduzione del tasso regionale di abortività. Poi abbiamo rilevato che i valori sono molto importanti. Nei contesti dove è maggiormente diffuso il sentimento pro-life si registra un’abortività nettamente inferiore. Inoltre anche la restrizione all’aborto si associa a tassi di abortività inferiori.

Qualcuno potrebbe dire che ostacolare l’aborto significa impedire l’auto-determinazione della donna.

Sì, capisco che la si possa vedere così, ma il fatto che semplici regolamenti che prevedono il consenso informato da parte dei genitori per la minore che chiede di abortire, oppure la riduzione dei rimborsi per l’aborto, o ancora la necessità di un periodo di riflessione prima di procedere all’aborto si associno ad un numero ridotto di aborti è un indice abbastanza chiaro di come spesso vi sia un’elevata ambivalenza da parte delle donne che fa sì che basti veramente poco per fare pendere la bilancia a  favore della vita. Pensare alle donne che abortiscono come ad un’unica categoria in cui l’assoluta determinazione ad abortire sia la regola è un errore spesso frutto di una deformazione ideologica della realtà.

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ZENIT Staff

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