ROMA, sabato, 13 ottobre 2012 (ZENIT.org) - Ognuno di noi si può salvare! È questa la certezza universale che nasce con l’uomo, rendendolo libero dalle mille insoddisfazioni terrene e aprendolo ad una nuova speranza, che è Gesù stesso.

"La speranza non è un sogno o un’utopia. La speranza è una realtà”. Emanuela De Nunzio, procuratore generale dell’Ordine Francescano Secolare,sa che è necessario, di fronte alla sfida della speranza, riuscire a fare una sintesi tra utopia e realismo, tra profezia e concretezza. Il teologo don Costantino Di Bruno, soffermandosi sulla Lettera agli Ebrei (11,1-2), afferma chela speranza nasce dalla fede e che la stessa fede a sua volta nasce dalla Parola. Ogni Parola del Vangelo è, pertanto, creatrice di speranza. 

Oggi noi laici, anche se cattolici, ci vergogniamo di fare riferimento a questa verità e di parlarne apertamente. Eppure lo richiedono proprio i molteplici affanni del nostro tempo! Anch’io, alcuni anni addietro, sarei arrossito nel farlo, convinto che alcune considerazioni appartenessero alla sola condizione ecclesiale.

Rispetto, quindi, per i sacerdoti o una semplice comoda virata, per paura di “compromettere”, visto i costumi imperanti, le proprie relazioni professionali e sociali? Propendo per la seconda ipotesi. Il laico non deve certo imitare il prete. Deve però interiorizzare il messaggio e il significato di quella missione, svolgendo, da cristiano attivo, la sua parte fino in fondo. Non c’è una Chiesa dei preti e una Chiesa dei laici.

Non c’è un Chiesa dei pensanti e una Chiesa dei privi della Parola. C’è un mistero dell’uomo che va vissuto, fino in fondo, dalla nostra postazione naturale, sapendo che esistono dei ruoli; che si posseggono delle diverse capacità intellettuali; che si è amministratori di un carisma, grande o piccolo, visibile o invisibile. Qualità che ci rendono responsabili dinnanzi al Signore.

Punti fermi per gli uomini che non vogliono cedere alle “condanne” quotidiane del neo-relativismo, per tendere proprio alla vera speranza, di cui solo Dio è creatore. Quest’ultima presuppone che un essere umano parta sempre dalle proprie forze e dall’aspirazione-vocazione per essere protagonista della sua storia, pur se titolare di una semplice funzione nel tempo in cui opera.

La speranza è nemica della delega assoluta agli altri. Condivisione e Comunione sono infatti l’opposto dell’attesa passiva e della delega ad oltranza. L’errore più grande per questa nostra società sta comunque nell’aver elevato un recinto intorno a sé, rinunciando di partecipare direttamente al naturale disegno di Dio, per armonizzare e rasserenare la vita degli uomini sulla terra.

Nel libro del profeta Daniele si coglie chiaramente l’aspetto umano di abolizione completa del valore trascendentale e divino della vita, tutt’oggi ancora attuale. Dio ha il dominio assoluto nelle vicende storiche dell’umanità. L’orgoglio del potere umano esige però, da sempre, di porsi come punto di riferimento assoluto per il mondo intero.

Una pretesa che il profeta Daniele interpreta come un vero pericolo per la comunità, perché presenza del male, magari “nascosta” nel bene. Un modo per ostacolare il senso divino della storia, provocando le mille rovine che ogni giorno si compiono davanti a noi. La speranza è quindi morta? No! Per chi ha fede in Dio, anche nei momenti più oscuri, tutto può volgere ad un pensiero nuovo, per la costruzione di un tempo migliore. “La fede è fondamento di ciò che si spera e prova di ciò che non si vede”.

È stato così persino per il profeta Amos, citato spesso per il suo continuo tono di minaccia, di castigo e di denuncia dell’operato malvagio degli uomini. Infatti il suo libro chiude con parole di salvezza e di speranza messianica, invitandoci a non perdere mai il significato alto dell’esistenza umana. Amos supera il male e le catastrofi che lo circondano e immagina un mondo in cui gli esseri umani si incontrino come fratelli, al di là del loro compito terreno, per riedificare l’età della pace nel Signore e piantare il seme
fecondo dell’uguaglianza, della giustizia e della libertà, che “… non saranno mai divelti da quel suolo...e i monti stilleranno il vino nuovo…”.

La speranza, nonostante tutto! Sempre.

* Egidio Chiarellapubblicista-giornalista, collabora con il Ministero dell’Istruzione, a Roma. E’ stato docente di ruolo di Lettere presso vari istituti secondari di I e II grado a Lamezia Terme (Calabria). Dal 1999 al 2010 è stato anche Consigliere della Regione Calabria. Ha conseguito la laurea in Materie Letterarie con una tesi sulla Storia delle Tradizioni popolari presso l’Università degli Studi di Messina (Sicilia). E’ autore del romanzo La nuova primavera dei giovani.

Chi volesse contattarlo può scrivere al seguente indirizzo email: egidio.chiarella@libero.it