L'impegno sociale richiede un ideale e una grande fede

Intervento di Mons. Vincenzo Bertolone, Arcivescovo di Catanzaro-Squillace, al convegno del Movimento Cristiano Lavoratori svoltosi il 27 ottobre 2012

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di Eugenio Fizzotti

ROMA, lunedì, 29 ottobre 2012 (ZENIT.org).Per celebrare il 40° anniversario della fondazione del Movimento Cristiano Lavoratori l’Arcivescovo di Catanzaro-Squillace ha organizzato sabato 27 ottobre 2012 un convegno nel corso del quale, dopo aver sottolineato che i partecipanti sanno «connotare di valori trascendenti alcune realtà spesso aride e materialistiche», ha evidenziato che a partire dall’ottobre 1972 il Movimento costituisce «una scelta difficile, che ha comportato varie divisioni, grandi tensioni e che oggi richiama a un rinnovato impegno di ecclesialità e di animazione cristiana del sociale». Di conseguenza farne parte vuol dire in forma particolarmente espressiva «farsi carico della nuova evangelizzazione del sociale, in un contesto storico, economico-politico, culturale e drammatico, in cui comunque bisogna essere seminatori di speranza».

L’idea di attivare il convegno è scaturita, ha affermato Mons. Bertolone, dall’invito che il Papa Benedetto XVI ha fatto, nell’Udienza ai membri del Movimento, lo scorso 19 maggio, dicendo loro: «Il Movimento Cristiano Lavoratori sappia portare luce e speranza cristiana nel mondo del lavoro, per conseguire anche una sempre maggiore giustizia sociale. Inoltre guardi sempre al mondo giovanile, che oggi più che mai cerca vie di impegno che sappiano coniugare idealità e concretezza».

Riconosciuta la chiarezza di tale riflessione fatta dal Papa, l’Arcivescovo di Catanzaro-Squillace ha ribadito che «oggi è necessario anche un rinnovato impegno per lavorare in rete, superando le divisioni del passato e, soprattutto, le proprie ristrette visioni. Si tratta di individuare percorsi comuni di promozione del lavoro, di recupero di una cultura del lavoro che aiuti a ridare senso al lavoro, avendo come obiettivi fondamentali il perseguimento del bene comune, la comunione ecclesiale, l’animazione cristiana del sociale».

Una simile prospettiva rappresenta l’inserimento del Movimento nel grande alveo della dottrina sociale della Chiesa, che trovò la sua più alta e precisa espressione nell’Enciclica di Leone XIII Rerum novarum del 1891 nella quale veniva affermata «la necessità di dare impulso all’associazionismo operaio cattolico, fondando (come fondarono), cooperative che, “poste sotto la tutela della religione, abituino tutti i loro soci a sopportare con merito la fatica e a menar sempre quieta e tranquilla la vita”».

E subito dopo Mons. Bertoloneha ritenuto opportuno richiamare ai partecipanti al convegno la nobile figura – certamente a tutti loro ben nota – di Giuseppe Toniolo (1814-1918), economista e sociologo insigne, «al quale papa Leone XIII si era sovente rivolto per avere lumi proprio scrivendo la famosa enciclica. Toniolo si batté in ogni sede (dalle cattedre universitarie, nell’Azione cattolica, nelle varie associazioni, nelle redazioni dei giornali, organizzando conferenze, e – in seguito – anche durante le Settimane sociali dei cattolici, di cui fu uno dei fondatori e la cui ultima edizione si è svolta in Calabria) perché trionfassero nella vita dell’uomo due fattori irrinunciabili: l’etica e l’ideale di “persona”, nel suo significato più alto».

E particolarmente significativa è stata anche la riproposizione della frase: «Per quanto sia una verità che l’uomo è destinato ed è chiamato al lavoro, prima di tutto il lavoro è per l’uomo e non l’uomo per il lavoro» che, ritenuta chiave di lettura dell’enciclica Laborem exercens (1981) che Giovanni Paolo II scrisse nel 90° anniversario della Rerum novarum, manifesta la considerazione dell’uomo come il vertice dell’intera creazione, secondo una scala di valori che non doveva, non deve e né dovrà mai essere rovesciata, a meno che l’uomo stesso non voglia ridursi a un mero strumento, con grave pregiudizio della sua integrità di persona.

E apprezzato è stato anche il riferimento fatto da Mons. Bertolone a Blaise Pascal il quale, osservando che: «l’uomo supera infinitamente l’uomo», voleva intendere la divina provenienza dell’essere umano e unire alla tradizione della classicità la rivelazione giudaico-cristiana. Ben diversamente, ovviamente, la pensava il filosofo Friedrich Nietzsche che trasformò il pensiero di Pascal nell’affermazione: «L’uomo è qualcosa che deve essere superato», effettuando un richiamo alla scienza e alla tecnologia che mettono in dubbio o negano tout court l’identità uomo-persona.

E nella medesima prospettiva ha anche scritto Remo Bodei, profondo studioso di Hegel, per il quale «oggi all’orizzonte si profilano scenari di insicurezza e d’angoscia […]. Agli occhi di innumerevoli persone gli eventi assumono il carattere di assoluta casualità che sfuggono a qualsiasi logica divina o al controllo degli uomini […]. Da qui non solo il privilegio accordato al presente, con la conseguente desertificazione del futuro, ma anche il rischio che si creino donne e uomini d’allevamento».

Da tutto ciò è urgente per Mons. Bertolone«far sì che l’uomo, ogni uomo, recuperi i propri connotati di “persona”. Nel linguaggio sociale uomo è equivalentedi persona. Ma mentre tutti sono d’accordo su che cosa sia uomo, non tutti sono d’accordo su che cosa sia persona, su quando l’uomo inizi a essere persona e quando cessi di esserlo. Mentre l’uomo è legato alla natura umana, alla specie, all’insieme di dati fenomenologicamente percepibili e dimostrabili, la persona è legata a una interpretazione dell’essere vivente, ricavata da una visione religiosa della vita».

E tale richiamo fortemente opportuno al concetto di persona è comprensibile che ha come origine non già l’antica filosofia, bensì la teologia cristiana, secondo la quale «il pensiero cristiano ha illuminato il mistero della persona umana partendo dalla persona in Dio e passando attraverso la persona in Cristo». E ad avvalorare tale tesi Mons. Bertolone ha citato Hegel che nel libro Lineamenti di filosofia del diritto (Laterza, Bari, 1974) a p. 207 afferma: «Al cristianesimo va riconosciuto il merito di aver elaborato il concetto di “persona universale”, in cui tutti sono identici».

Una dimensione costitutiva della persona è pertanto quella teologica, che «è basilare e fondamentale, per arrivare, attraverso la necessaria mediazione di Cristo, a quella antropologica, che è derivata e analogica. Infatti la dimensione teologica fonda e protegge l’unicità e l’irripetibilità di ogni essere umano, che rende ogni uomo una persona, un interlocutore di Dio, l’unica creatura che Dio ha voluto per se stessa».

E citando il beato Giovanni Paolo II, per il quale «l’affermazione più radicale ed esaltante del valore di ogni essere umano è stata fatta dal Figlio di Dio nel suo incarnarsi nel seno d’una donna», Mons. Bertoloneha ribadito che «il concetto di persona esige che l’essere umano, superando l’individualismo, si integri nella comunione con gli altri, portando con sé la propria dignità, identità, coscienza e legge morale (Kant), ma avendo ben presente che gli “altri” sono portatori degli stessi valori ed esigono pari considerazione e rispetto. Ne consegue che è necessario ripensare i rapporti personali con l’altro per arrivare a pensare (o ripensare) l’alterità in chiave di prossimità. L’altro non può essere inteso soltanto come l’altro da me (il distinto), perché egli è anche l’altro di me, colui che partecipa, insieme a me, al mistero della nostra comune umanità».

E dopo aver evidenziato la presenza nella riflessione antropologica della «pericolosa tentazione di dirigere l’attenzione all’umanità in senso lato e astratto, trascurando invece la persona concreta, in sé, che è – poi – l’unico luogo dove incontriamo l’amore», l’Arcivescovo ha esplicitato che il superamento di tale rischio «impli
ca il riconoscere con gratitudine che la nostra condizione è un dono. E dal momento che “la felicità ultima d’ogni sostanza intellettuale è conoscere Dio” (S. Tommaso), dobbiamo ancorarci su Cristo amandolo con intensità e amando gli altri come fa lui».

E congedando i convegnisti Mons. Bertoloneli ha esortati a proseguire il loro cammino di operatori all’interno della società sia come lavoratori, sia come cristiani veramente degni di questo appellativo, rinnovando la sua positiva idea per la quale vale la pena vivere e battersi e cioè che «ogni uomo abbia un grande compito da adempiere, nobili facoltà da coltivare, grandi diritti da affermare, un immenso destino da raggiungere», aggiungendo l’originale e apprezzabilissimo motto-preghiera di don Primo Mazzolari secondo il quale: «Bisogna salvare l’uomo, non quello fabbricato dalle ideologie, ma quello creato da Dio».

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ZENIT Staff

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