"Abbiamo il compito di diffondere la nostra fede"

Omelia del cardinale Péter Erdő, presidente del CCEE

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SAN GALLO, domenica, 30 settembre 2012 (ZENIT.org) – Pubblichiamo l’omelia pronunciata ieri sera durante i vespri nella cattedrale di San Gallo dal cardinale Péter Erdő, presidente del CCEE, all’annuale assemblea plenaria dei Presidenti delle Conferenze episcopali in Europa, conclusasi oggi.

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Della prima lettera di san Paolo ai Colossesi

Grazia a voi e pace da Dio, Padre nostro. Noi rendiamo continuamente grazie a Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo, nelle nostre preghiere per voi, per le notizie ricevute circa la vostra fede in Cristo Gesù, e la carità che avete verso tutti i santi, in vista della speranza che vi attende nei cieli. Di questa speranza voi avete già udito l’annunzio dalla parola di verità del vangelo il quale è giunto a voi, come pure in tutto il mondo fruttifica e si sviluppa; così anche fra voi dal giorno in cui avete ascoltato e conosciuto la grazia di Dio nella verità. 

Dalla Lettera di San Paolo ai Colossesi abbiamo letto un bel ringraziamento a Dio. L’apostolo ringrazia il Signore per la fede, per la carità e per la speranza della comunità cristiana di Colosse. Riguardo alla speranza afferma una cosa che il Santo Padre Benedetto XVI ha anche sottolineato nella sua enciclica Spe salvi con riferimento alla Prima Lettera di San Pietro, quando dice che la speranza in questo contesto significa quasi la stessa cosa come la fede (cf. Spe salvi, 2; 1Pt 3,15). In effetti, la speranza in questo caso è già in germe la nostra risurrezione, e la nostra salvezza, perché è strettamente collegata con la morte e la resurrezione di Gesù Cristo.

Questa Parola è giunta a noi, e deve fruttificare e svilupparsi in tutto il mondo, dice l’apostolo. E questo processo deve accompagnare tutta la storia dell’umanità, quindi, anche ai nostri giorni dobbiamo vedere non soltanto i problemi, non soltanto i segni di stanchezza, ma anche i segni incoraggianti dello sviluppo e della fertilità del Vangelo, che si manifesta nella vita dei Santi e delle comunità cristiane. È in questo senso e con questa certezza che vogliamo, alla fine dell’Assemblea Plenaria del Consiglio delle Conferenze Episcopali d’Europa, unirci al Santo Padre e a tutta la Chiesa, e celebrare il 50° anniversario dell’apertura del Concilio Vaticano II in modo festivo in questa bella cattedrale, memoria di San Gallo che 1400 anni fa arrivava in questo luogo per affondare qui il seme della fede che rimane viva ancora oggi.

Infatti, il prossimo 11 ottobre, la Chiesa Cattolica ricorderà il 50° anniversario dell’apertura del Concilio Vaticano II e il Papa ha deciso di proporre a tutta la Chiesa un “Anno della Fede” per celebrare e rinnovare la speranza che il Concilio ha portato alla Chiesa.

Questo 21º Concilio ecumenico, svolto tra il 1962 e il 1965, ha radunato i vescovi della Chiesa universale insieme con il successore di San Pietro e sotto la sua guida e la sua autorità. Noi commemoriamo il Concilio Vaticano II per questo motivo. Lo consideriamo come linea direttrice, come misura, come punto di riferimento per tutti noi, insieme a tutti gli altri Concili ecumenici nella storia bimillenaria della nostra Chiesa. L’insegnamento dei Concili lungo la storia della Chiesa, anche dell’ultimo Concilio, ci collega agli apostoli e a Cristo stesso, e

rappresenta questa lunga e continua tradizione in modo autentico. Il Concilio non ha separato il ”vecchio” dal “nuovo”, non ha affermato un contrasto tra il “finora” e il “dopo”, ma, è stato un momento della continuità della dottrina ecclesiastica e della Buona Novella di Cristo. Il Concilio ha dichiarato e ha riproposto le verità di sempre, tenendo presente in modo esplicito la situazione della nostra epoca. Quello che il Concilio ha voluto, è di riproporre la fede cristiana di sempre per il nostro tempo. La nostra fede cristiana si basa nella totalità della rivelazione divina che è arrivata alla sua pienezza in Gesù Cristo. Come ha ribadito il Beato Papa Giovanni XXIII nel suo discorso in apertura del Concilio Vaticano II, l’11 ottobre 1962 (6,2): “Il ventunesimo Concilio Ecumenico vuole trasmettere integra, non sminuita, non distorta, la dottrina cattolica”. Inoltre, ha affermato che occorre che “questa dottrina certa ed immutabile, alla quale si deve prestare un’obbedienza di fede, sia approfondita ed esposta secondo quanto è richiesto dai nostri tempi” (6,5).

La continuità e la fedeltà alla dottrina cattolica erano quindi intenzioni originali del Concilio, come pure il modo rinnovato e conforme alla nostra epoca di porre gli accenti e di presentare i diversi argomenti. Le due cose, infatti, non erano e non sono in contrasto uno con l’altro. Per questo, non si può ricercare nei testi autentici del Concilio un fondamento per rifiutare, nel nome della vecchia tradizione, quello che è nuovo, e neanche si può cercare nelle innovazioni conciliari un motivo per rifiutare la fede, gli ideali e i valori spirituali antichi della nostra Chiesa. Il Beato Giovanni Paolo II ha formulato questo concetto con grande bellezza all’inizio del nuovo millennio, scrivendo nella sua Lettera Novo Millennio ineunte (57): “sento più che mai il dovere di additare il Concilio, come la grande grazia di cui la Chiesa ha beneficiato nel secolo XX: in esso ci è offerta una sicura bussola per orientarci nel cammino del secolo che si apre”.

Lo stesso ci insegna Benedetto XVI in diversi momenti del suo pontificato. Già nell’anno della sua elezione e poi anche altre volte fino alla lettera con cui ha annunciato l’Anno della fede, la Porta Fidei, ha ribadito che “se leggiamo il concilio e lo recepiamo guidati da una giusta ermeneutica, esso può essere e diventare sempre di più una grande forza per il sempre necessario rinnovamento della Chiesa” (Porta Fidei, 6). La Chiesa è sempre lo stesso soggetto. La Chiesa oggi è la continuità di quella Chiesa che ci ha offerto il Signore. Il soggetto è la Chiesa, la quale cresce e si sviluppa nel tempo, ma rimane sempre se stessa, popolo di Dio.

La Chiesa di oggi, malgrado tutte le discussioni, tutti i problemi che possono anche essere visti da un punto di vista statistico, deve accorgersi della presenza dei segni di speranza che sono frutti di questo grande Concilio ecumenico. In questi 50 anni, che sono passati dall’inizio del Concilio, la Chiesa ha continuato ad essere in cammino cercando di rispondere con la verità di sempre alle sfide di ogni momento, testimoniando così uno sviluppo e un rinnovamento organico. Oltre all’insegnamento dei testi del Concilio, abbiamo, quindi, diversi grandi documenti che devono essere visti come continuazione del Concilio e aiuti per una sua ricezione feconda. Se guardiamo la storia, anche dopo il Concilio di Trento ci sono stati importantissimi documenti per portare la riforma voluta dai Padri a tutta la Chiesa. Ricordiamo il Messale Romano e il Breviario Romano, o il fatto che sia stato rinnovato e rielaborato anche il Corpus Juris Canonici nel 1582, o ancora che sia stata pubblicata anche la nuova edizione della Bibbia, la Vulgata Sisto-Clementina, e che sia stato elaborato il Catechismus ad parochos per spiegare in modo chiaro e accessibile la dottrina cattolica e così rafforzare la fede dei fedeli e delle comunità.

In modo simile, dopo il Concilio Vaticano II, abbiamo una riforma della Liturgia, con tutti i libri liturgici approvati, rilasciati dalla Santa Sede; abbiamo la Liturgia delle ore; abbiamo il rinnovato Codice di Diritto Canonico, come pure, per la prima volta nella storia, abbiamo anche il Codice dei Canoni delle Chiese Orientali. Abbiamo i documenti della riforma della curia romana – non a caso, Giovanni Paolo II ha chiamato i due codici e la costituzione apostolica Pastor Bonus, Novo Corpus Juris Canonici. Benché per natura di cose si
effettuino continuamente dei ritocchi alle norme liturgiche ed altre giuridico-canoniche, tutto questo insieme continua a rappresentare un grande valore. Nel 1979 è stata pubblicata la neo-vulgata, che di per sé, dato che è un testo scritto in latino, non sembrava avere un influsso così grande come quella vulgata che era stata pubblicata dopo il Concilio di Trento, eppure, contiene i risultati delle ricerche delle scienze bibliche e così offre al teologo e al lettore cattolico, come pure a quelli che lavorano sui testi biblici per l’uso liturgico, un testo base sicuro, che risponde anche alle pretensioni più sviluppate delle scienze bibliche. E, infine, abbiamo, anche, il Catechismo della Chiesa Cattolica che è uno strumento che raccoglie la ricchezza della nostra fede, non secondo qualche struttura filosofica, collegata con una scuola o con una certa filosofia, ma secondo l’ordine kerigmatico: la spiegazione di fede, la celebrazione dei sacramenti, la vita morale, il Padre nostro.

Quindi, abbiamo strumenti validi in mano, e abbiamo il compito di diffondere la nostra fede, con il continuo richiamo dei Papi alla Nuova Evangelizzazione e che, in base a questi testi rinnovati, può generare veramente un rinnovamento e un nuovo sviluppo della vita e della prassi della Chiesa. Quindi, esiste nella nostra epoca, nonostante le difficoltà, una grande opportunità. Anche le conseguenze della globalizzazione, che sono tra l’altro la facilità dei viaggi, dei trasporti, l’internet, malgrado alcune difficoltà e la possibilità di essere usate in modo sbagliato, permettono una comunicazione globale rapidissima, e possono essere al servizio della trasmissione della nostra fede.

Chiediamo il Signore, padrone della storia, che accompagni la Sua Chiesa e che ci dia buone idee per il nostro lavoro concreto e molta perseveranza nella fede e anche molta forza psicologica perché possiamo attraversare la nostra epoca, così complessa e carica di fenomeni di crisi, con buona speranza e con un impegno irrevocabile per la salvezza di tutto il mondo.

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ZENIT Staff

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